«Il nostro mondo è in un vortice. Ci troviamo in un’era di trasformazione epocale, dobbiamo affrontare sfide diverse da qualsiasi altra abbiamo mai visto, sfide che richiedono soluzioni globali. Eppure le divisioni geopolitiche continuano ad approfondirsi. Il pianeta continua a riscaldarsi. Le guerre infuriano senza alcuna idea di come finiranno. E il nucleare e le nuove armi gettano un’ombra oscura. Ci stiamo avvicinando all’inimmaginabile: una polveriera che rischia di inghiottire il mondo». È solo l’incipit del discorso con cui Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, ha inaugurato la 79esima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Guerre ovunque, cambiamento climatico, disuguaglianze, diritti violati: Guterres non ha risparmiato nessuno.
«Nonostante tutti i suoi pericoli, la Guerra Fredda aveva delle regole», ha tuonato, contrapponendo per paradosso, uno dei periodi più tesi della storia contemporanea al caos che stiamo vivendo.
Impunità (vs inefficacia)
«Oggi ci stiamo muovendo verso un mondo multipolare, ma non ci siamo ancora arrivati, siamo in un purgatorio di polarità». Non ha parlato per allusioni, il segretario Onu, ma è andato diritto al punto, citando i luoghi che oggi sono in fiamme; Ucraina, Gaza, Sudan, Libano. E non si è tirato indietro sulla barbarie perpetrata impunemente da Netanyahu sulla popolazione civile palestinese e libanese.
«Il livello di impunità nel mondo è politicamente indifendibile e moralmente intollerabile».
Un’impunità dilagante, che lui stesso denuncia nella sede dell’organizzazione intergovernativa preposta al mantenimento della pace, che appare ormai priva di reale efficacia: «Possono calpestare il diritto internazionale, possono violare la Carta dell’Onu. Possono invadere un altro Paese, portando distruzione ad intere società o non rispettando interamente il benessere del proprio popolo. E non succede nulla». Un j’accuse estremamente coraggioso, come d’altronde quelli a cui ci ha abituati Guterres negli ultimi anni, purtroppo con gli scarsi risultati che sappiamo.