Il manager Vittorio Colao
Vittorio Colao guida la task force del governo Conte per la ripartenza economica dopo-Covid (Foto: Flickr/Valeriano Di Domenico)

Piano Colao, perché non piace agli ambientalisti

Le proposte della task-force per la ripartenza dell'Italia dopo la Covid erano attese come uno stimolo per il cambiamento. Invece, almeno in campo green, i commenti sono molto critici. Ecco perché
12 Giugno, 2020
1 minuto di lettura

Un accenno di svolta, non quello che si aspettavano il mondo ambientalista e le aziende impegnate nell’economia circolare. Le schede del Piano Colao dedicate all’ambiente, alla sostenibilità, alla transizione energetica non fanno compiere salti di gioia. Siamo nel mezzo di un passaggio epocale, rallentato ma non fermato dal Coronavirus, per cui le indicazioni della task force nominata da Conte erano attese come segnale di rinnovata fiducia. Se non proprio di accelerazione e di stimolo alla ricerca anche di una leadership autorevole su tutta la linea green.

 

Lo schema rappresentativo del Piano per il rilancio dell'Italia, presentato il 9 giugno
Lo schema rappresentativo del Piano per il rilancio dell’Italia, presentato il 9 giugno

 

I commenti, almeno in campi ambientale, però vanno in tutt’altra direzione:

«Doveva segnare un cambio di passo e mettere sul tavolo del governo Conte proposte innovative per superare un vecchio modello di sviluppo, invece si continua a programmare ignorando le cause profonde dell’attuale crisi» riferivano ieri i medici ambientali dell’Isde, impegnati sui territori in questi mesi difficili.

La loro voce giunge dopo quella di Legambiente, dei Verdi  che hanno letto nelle proposte di Colao una cultura dello sviluppo superata. In fondo, pur auspicando la transizione verde, citando qua e là sia il green deal europeo che quello italiano, le idee del piano non scuotono alla radice le basi essenziali del paese. Un modello industriale fondante, con intuizioni straordinarie nel campo dell’energia, delle reti di trasporto, degli accordi internazionali per soddisfare le esigenze primarie di un‘Italia da ricostruire.

L’Italia nel giro di pochi anni dovrà – dovrebbe – fare a meno delle fonti fossili, di una serie d’incentivi premianti per un sistema che non potrà essere lo stesso di trent’anni fa. La rivoluzione climatica ed ambientale nelle schede dedicate a questi temi, invece, si ferma allo snellimento di procedure, alla descrizione di investimenti pianificati prima della Covid-19, ad un’organizzazione sociale che il dramma del virus ha scombussolato.

Le migliaia di morti nelle aree più industrializzate, ma anche più inquinate, evidentemente non hanno inciso in profondità sulle analisi degli esperti.

Le valutazioni sulla prevenzione della salute e sulla tutela dei territori sono sfumate, laddove la transizione verde ha risvolti culturali, sociali, economici e sanitari. L’ambiente è trattato molto marginalmente nel capitolo “Infrastrutture e ambiente”, hanno scritto i medici ambientali. Le infrastrutture piuttosto che strumenti per il cambiamento sembrano essere ancora intese come fini a se stesse, spesso inutili e dannose per lo stesso ambiente cui vengono accostate.

 

 

I prossimi giorni ci diranno se e quanto le schede Colao abbiano  convinto la politica che deve decidere, riesaminare subito il Piano Clima  preparato prima dell’epidemia, aprirsi ad un confronto con i territori e il mondo scientifico. Un’attesa che non può essere troppo lunga per non indebolire di più la credibilità di chi guida oggi l’Italia.

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