C’è un cortocircuito politico che non fa bene alla salute e all’ambiente. Riguarda gli allevamenti intensivi e i continui finanziamenti pubblici che ricevono a discapito delle piccole aziende che producono in modo ecologico, e che rischiano di scomparire. Secondo l’indagine condotta da Greenpeace dal titolo “Fondi pubblici in pasto ai maiali”, la Lombardia deve fare i conti con l’inquinamento causato dagli allevamenti zootecnici: in 168 Comuni nel 2018 si è superato il limite legale annuo di azoto per ettaro. Nel territorio lombardo vengono allevati circa il 50 per cento dei suini e il 25 per cento dei bovini del nostro Paese. Tanti animali e quindi tanti liquami. Ogni terreno può assorbire un dato quantitativo di deiezioni animali, hanno spiegato Elisa Murgese e Diego Gandolfo dell’Unità Investigativa di Greenpeace, oltre il quale è come se strabordasse. Ed è proprio quando l’accumulo è eccessivo che gli effluenti zootecnici possono diventare un pericolo per l’ambiente e le persone. In particolare i nitrati, in virtù della loro solubilità in acqua, si trasferiscono facilmente dal suolo ai corpi idrici superficiali e alle falde.
L’allarme è arrivato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che li ha inseriti nel gruppo dei “probabili cancerogeni per l’uomo”. Su questo aspetto si è pronunciato Carlo Modonesi, membro del Comitato scientifico dell’Associazione medici per l’ambiente (Isde):« Per scongiurare il rischio di cancro, in realtà, non esistono limiti minimi di sicurezza perché, nel caso specifico, il rischio zero è associato a concentrazioni pari a zero». Ma nonostante gli evidenti pericoli per l’ecosistema, questi allevamenti ricevono la metà dei soldi pubblici europei (Fondi Pac 2018): 120 milioni di euro destinati alla regione Lombardia per la zootecnica. Le aziende adesso chiedono all’Unione europea di alzare il limite dello spandimento dei liquami di 250 chili/ettaro concesso fino a oggi. Una soluzione che mette il luce il problema principale: l’eccessivo numero di animali allevati. L’associazione ambientalista per queste ragioni chiede maggiori controlli e trasparenza dei sussidi.
«In Italia dovremmo valorizzare le tante produzioni di qualità su piccola scala, per renderle ancora più sostenibili e resilienti anche a crisi come quella legata al Covid-19 − ha dichiarato Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura di Greenpeace Italia − È il momento di agire per produrre meno e meglio in termini di qualità dell’ambiente, del cibo e anche delle condizioni di lavoro del settore agricolo».