Paradise era esattamente quello che il suo nome lasciava intendere, nomen omen: una cittadina californiana a nord-est di Sacramento, sulle pendici della Sierra Nevada, boschi, passeggiate, ruscelli, aria buona e ancora intatto l’orgoglio dei cercatori d’oro che la fondarono un centinaio di anni fa. Una comunità tenace, radicata e fiera di 27mila abitanti che l’8 novembre del 2018 è stata tristemente protagonista di quello che era fino ad allora il più devastante incendio della California, un record nefasto, peraltro già polverizzato dagli incendi che dall’inizio di quest’anno interessano tutta lo Stato californiano. Una comunità che con coraggio, resilienza, e la testardaggine dei pionieri ha cercato di rialzare la testa, di rinascere, come l’araba fenice, dalle sue ceneri. Rebuilding Paradise, diretto dal premio Oscar Ron Howard, è il racconto tragico e sobrio con cui Cinemambiente ha aperto ieri a Torino la sua 23esima edizione.
Fuoco, fiamme, irresponsabilità
L’altra sera, a Torino, dopo la proiezione, c’erano in collegamento video anche Michelle John, l’instancabile soprintendente del distretto scolastico di Paradise a cui si deve il lieto sottofinale del documentario, e Woody Culleton, ex ubriacone che a Paradise è tornato letteralmente in vita fino a diventarne, per anni, lo stimato sindaco. Sono loro, insieme al poliziotto Matt Gates, al veterano Phil, alla psicologa Carly viva per miracolo, agli studenti dell’ultimo anno e alle famiglie più o meno giovani della cittadina, i protagonisti di questa testimonianza partecipe e quasi sommessa. Volti, ricordi, speranze, dolore e quelle fiamme insaziabili che nell’arco di poche ore, in una mattina di novembre estremamente ventosa, alla fine di un ennesimo anno senza piogge, hanno ridotto letteralmente in cenere la città. Paradise, a fine mattinata, è un inferno di fiamme, fuoco e detriti, sotto una nuvola di fumo acre e denso. L’incendio ha corso per 15 chilometri, bruciato la vegetazione lasciata crescere senza controllo e si è ulteriormente aggravato perché la Pacific Gas & Electricity non ha tolto la corrente lungo le linee elettriche costruite nel 1921 e mai interrate. La tempesta perfetta, insomma. Con le solite ir-responsabilità.
The people of Paradise, Calif allowed us to follow them for a year after a fire destroy 95% of their town. This is their story and I was honored to tell it. In select theaters July 31st.https://t.co/3TOa9fdyHE
— Ron Howard (@RealRonHoward) June 25, 2020
Fuga dal Paradiso
Sono vibranti e impressionanti le immagini iniziali dell’incendio girate in diretta dai vigili del fuoco, dalle telecamere della polizia, dagli abitanti stessi che in quel mattino disperato si lasciano alle spalle la casa in fiamme e cercano la fuga. 85 i morti, 27mila i senza casa, 50mila gli evacuati, 7mila gli ettari in fumo sono i numeri brutali della tragedia. Howard testimonia quello che è avvenuto nei dodici mesi dopo l’incendio, dalla voglia di tornare a casa al trauma che non se ne vuole andare, dalle fatiche burocratiche all’azione legale contro la PG&E in cui appare anche la vera Erin Brocovich a sostenere la comunità. Fino alla gaffe stolida con cui Donald Trump esprime tutto il suo sdegno chiamando la cittadina “Pleasure”…
Gli incendi in primo piano
Ma insieme alla rinascita di Paradise, Howard ci consegna anche altro, nelle rapide immagini finali del suo documentario: gli incendi in Amazzonia e in Australia, le temperature tropicali della Siberia, le alluvioni del Sud Est asiatico e i cento disastri ambientali a cui abbiamo quasi fatto l’abitudine e che l’emergenza totalizzante del virus ha drammaticamente messo in secondo (terzo? quarto?) piano.
Paradisi da ricostruire
Quel fuoco implacabile, che a luglio di quest’anno ha distrutto a Mendocino 410mila ettari e oltre 2milioni nella sola California, non ha polverizzato solo case, alberi, scuole, palestre e strade, ma l’ideale stesso del Californian Dream. L’inferno di Paradise è l’inferno in cui crolla non solo il sogno americano, ma quello dell’Occidente tutto.
L’illusione tracotante di poter sopravvivere indenne, senza pagare alcun prezzo, grazie alla ricchezza predatoria e incontrollata, alle leggi di una economia insaziabile e insostenibile che ci governano e da cui ci facciamo governare. Non c’è solo Paradise da ricostruire. C’è da rifondare il mondo. E non ci sono vaccini: bisogna veramente rimboccarsi le maniche.