Museo dell'Umanità

In Kenya, un Museo dell’Umanità contro l’estinzione

Il noto paleontologo Richard Leaky ha lanciato il progetto per un Museo dell'Umanità, da realizzare entro il 2022 nella Rift Valley. Un viaggio immersivo nella storia della nostra specie, che, secondo molti studiosi, rischia seriamente l'estinzione
17 Dicembre, 2020
2 minuti di lettura

Un vero e proprio Museo dell’Umanità, quello che ha in mente Richard Leakey, uno dei paleontologi più conosciuti al mondo. Ne ha parlato di recente al BookCity di Milano, in un incontro moderato dal filosofo Telmo Pievani. Autore de La Sesta Estinzione, saggio pubblicato nel 1995, Leakey è preoccupato per lo stato di salute in cui riversa il nostro Pianeta. Anzi, più che la Terra a essere messa male è la specie umana. Perché, come ha spiegato lui stesso, «il mondo sopravviverà, siamo noi che stiamo costringendo la nostra stessa specie all’estinzione». 

 

Guarda l’intervento del filosofo Telmo Pievani al BookCity di Milano

Un viaggio virtuale nel Pleistocene

Da qui l’idea di creare un museo dedicato al genere umano, uno spazio immersivo, in cui i visitatori potranno fare un tour virtuale nel Pleistocene, accompagnati – grazie alla realtà aumentata – direttamente da un Homo Erectus. Un viaggio, insomma, all’interno dell’evoluzione della specie umana. Un’idea innovativa e inedita, un museo unico al mondo ma per questo complesso da realizzare. Dopo aver attivato circa un anno fa una campagna di crowdfunding, si prevede che il Museo sia realizzato entro il 2022, su progetto dello Studio di architettura Libeskind di New York, in collaborazione con partner locali.

In origine fu il Kenya

Il maggiore ostacolo, ammette lo studioso, è convincere gli investitori a sostenere il progetto che, secondo i calcoli, necessiterebbe di 150 milioni di dollari. «Ci vorrà tempo, ma ce la faremo», è convinto Leakey. Intanto il nome del museo è già scelto: si chiamerà Ngaren, che in lingua Turkana (una tribù kenyota) significa “origini”. Infatti il museo sorgerebbe in un luogo simbolico: nella Rift Valley, in Kenya – dove Leakey vive – e dove sono stati ritrovati i primi resti di Homo Sapiens.

Un’umanità unita in nome dell’ambiente

«Dobbiamo convincere le persone che siamo tutti uguali. Siamo il prodotto di milioni di anni di evoluzione e se non cambiamo mentalità, non sopravviveremo. Ritengo che questa sia una cosa che le persone possono capire solo se ci entrano dentro». Per il paleontologo, infatti, i visitatori usciranno dal museo «Cambiati, senza più pregiudizi sull’aspetto e sulla lingua delle altre persone. Capire che abbiamo gli stessi antenati è il tentativo di unire l’umanità in un’unica specie». E solo una umanità più unita potrà risolvere la crisi ambientale in corso. Gli esperti ci dicono che non abbiamo più molto tempo per salvarci: dal 1970 al 2014, l’80% della biodiversità marina è scomparsa ed entro il 2050 perderemo il 90% delle barriere coralline.

 

Il paleontologo e politico keniota Richard Leakey
Il paleontologo e politico keniota Richard Leakeyì

 

In corsa verso l’estinzione

Tutta questa pressione sulla biodiversità ha costretto altre specie a evolversi più rapidamente: i virus, per esempio, che saltano da una specie all’altra e di cui l’attuale coronavirus è la prova lampante.

«Siamo troppi nel mondo e l’equilibrio tra specie ormai si è rotto – aggiunge Leakey – Dobbiamo frenare l’appetito verso la crescita, perché più consumi significa più pressione ambientale».

Dio non ci salverà

Inoltre, fa notare il paleontologo, visitando il museo ci si accorgerà che non vi è traccia di riferimenti ultraterreni o religiosi:

«Non voglio criticare la religione, un aspetto della vita fondamentale per molte persone. Ma non possiamo credere che Dio ci salverà. Un amico religioso una volta mi ha detto che Dio aiuta chi si prende cura di se stesso. E noi non ci stiamo prendendo cura nella nostra specie, per niente».

 

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