Il racconto è noto, ma il copione non sempre viene studiato a dovere. Quando si parla di decarbonizzazione è invece saggio sapere che chi ha pianificato l’abbandono del carbone per le fonti non inquinanti lo ha fatto per proteggere clima e ambiente. Bisogna capire bene cosa succede quando si cambia un paradigma economico in auge dalla rivoluzione industriale del ‘700. Ci sono Paesi e popoli che senza il carbone non avrebbero mai raggiunto livelli accettabili di civiltà. Tuttavia, ciò che è stato estratto per secoli dalle miniere di tutto il mondo ha compromesso habitat invidiabili. Ci sono governi che tuttora difendono questo modello.
Investire 130mila miliardi di dollari nelle #energierinnovabili, verso la #decarbonizzazione, può consentire, entro il 2050, il taglio del 70% di #anidridecarbonica e un incremento più alto del #Pil globale. È la previsione dell’@IRENA.#ANSAAmbiente
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L’Unione Europea ha deciso di farne a meno, al massimo entro il 2050. Scientificamente bisogna capovolgere l’equilibrio tra carbonio e idrogeno nelle fonti di energia tradizionali. Lavorare sul campo per avere un ambiente meno devastato dalle fonti fossili. Una rivoluzione progressiva che impatta sui comportamenti e sull’educazione. Occorre attenzione quindi anche al business che è collaterale a qualsiasi buona intenzione. In definitiva siamo abbiamo davanti un percorso ancora accidentato. Una strada dove gli interessi per la tutela dell’ambiente non sempre incrociano la velocità delle decisioni politiche. Con il rischio di perdere un’occasione storica. Per capire meglio ne abbiamo parlato con Francesco Gracceva, Laureato in Economia con una specializzazione in Ricerca Operativa e Strategie decisionali, Responsabile Analisi del sistema energetico dell’Enea e consulente dell’Ue. Come spiega Gracceva:
«Il percorso di decarbonizzazione verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, è coerente con il mantenimento del riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, ma richiede una radicale trasformazione del sistema energetico ed una completa inversione del trend seguito fino ad oggi».
Quanto sono credibili, secondo lei, i traguardi europei ?
Sulla base delle stime Enea le emissioni complessive di Co2 risultano in linea con la traiettoria con gli obiettivi 2030. Resta da valutare in che misura, una volta superate le condizioni eccezionali del 2020, la traiettoria emissiva possa tornare sul trend precedente, non in linea con gli obiettivi. Il declino delle emissioni di Co2 non è il riflesso di un cambiamento strutturale del sistema energetico, ma la conseguenza della crisi pandemica. Anche in Italia il crollo dei consumi di energia è per la gran parte spiegabile con l’andamento dei principali driver dei consumi energetici (Pil, produzione industriale, clima), non diversamente da quanto accaduto nell’ultimo decennio.
There is no single solution to meet our ambitious energy & climate goals.
Success depends on a wide range of fuels and technologies. It will require a fundamental transformation in the way we produce & use energy.
Learn more in our new report ? https://t.co/49LjcQwJeT pic.twitter.com/n6N6bRGD9N
— International Energy Agency (@IEA) January 8, 2021
Ci piace pensare a meno carbone e a più fonti pulite…
L’obiettivo di crescita della quota di fonti rinnovabili sui consumi energetici totali, è di particolare difficoltà per il rallentamento delle installazioni di nuova capacità elettrica rinnovabile. Ciò,sebbene il calo dei consumi totali abbia fatto momentaneamente aumentare la quota delle rinnovabili. La complessità degli obiettivi climatici dell’accordo di Parigi sta nel fatto che impongono una vera e propria transizione energetica.Ci sono tempi lunghi che richiedono il cambiamento dei fattori culturali e comportamentali legati ai consumi di energia. Nello scenario Sustainable Development dell’Agenzia Internazionale dell’Energia la quota di rinnovabili dovrebbe aumentare nei prossimi venti anni di oltre il 20%, fin oltre il 35%.Una crescita in sostanziale rottura con l’esperienza storica che mostra come il petrolio abbia impiegato almeno 60 anni per raggiungere il suo picco, oltre il 40% dei consumi.
Il tempo è un fattore importante per abbandonare completamente il carbone, quello più dannoso. Ma ci sono rischi nella strategia per tenere insieme ambiente e fabbisogni sociali ?
Almeno due questioni saranno centrali:l’effettiva capacità di conciliare la decarbonizzazione con la sicurezza del sistema energetico, particolarmente complessa per la combinazione dell’importanzadei consumi elettrici e delruolo delle fonti rinnovabilie poi la realizzazione di una traiettoria virtuosa dal punto di vista dei costi, che possono risultare ingenti, con il rischio di fenomeni di rigetto delle politiche climatiche. Si badi che storicamente le transizioni energetiche del passato si sono realizzate anche grazie alla disponibilità di tecnologie in grado di fornire servizi energetici a costo inferiore.
A @Ecomondo @KeyEnergyit @ENEAOfficial presenta 50 tra progetti e tecnologie per la transizione energetica e la decarbonizzazione #idrogeno #batterie #fuelcellhttps://t.co/DA2gvKYE4H
— ENEA (@ENEAOfficial) November 6, 2020
Dovremmo, dunque, valutare anche le convenienze economiche per svoltare sul serio, perchésenza consenso sociale e cambio di mentalità si rischia. Quali effetti prevede per l’Italia alla fine del processo?
È difficiledirlo, perché sono possibili diversi scenari. Laradicale trasformazione del modo in cui produciamo e consumiamo l’energia può certamente costituire un’opportunità di trasformazione positiva del sistema economico. Il Green Deal europeo punta a costruire il nuovo sistema su tecnologie energetiche e risorse prevalentemente interne. Nel caso dell’Italia, però, al momento la posizione competitiva su alcune delle tecnologie chiave per la transizione è molto negativa. Una conseguenza potenzialmente critica dell’accelerazione della decarbonizzazione del sistema energetico degli ultimi mesi, riguarda il crescente disavanzo commercialenelle tecnologie low-carbon. Le importazioni sono cresciute nella prima metà del 2020 del 40% rispetto a un anno prima. Nei soli primi sei mesi del 2020 si èraggiunto un disavanzo commerciale di 422 milioni di euro, contro i 530 milioni dell’intero 2019.