Giacimenti naturali lungo tutta la Penisola. Una ricchezza che abbiamo intorno, in città o fuori. Ora che c’è bisogno di più fonti non inquinanti per ridurre la CO2, scopriamo che in campagna c’è qualcosa che vale più del petrolio: il biogas. Una sostanza di cui si parla ancora poco, nonostante sia entrata nel “basket” delle fonti rinnovabili. Stiamo prendendo coscienza della sua utilità. Osservando più attentamente i campi, gli allevamenti, riscopriamo la saggezza dell’antico detto «Non si butta viene niente». E aiutiamo l’ambiente. Migliaia di agricoltori da anni si sono industriati per fare del biogas una rendita. Non si capisce bene perché il sistema Paese l’abbia trascurato o apprezzato a fasi alterne.
Una ricchezza sottovalutata
L’Italia è, comunque, il terzo Paese europeo produttore dopo Inghilterra e Germania e quinto nel mondo dietro a Cina e Stati Uniti.
Negli anni sono stati costruiti impianti di gestione anaerobica nei quali fermentano gli scarti organici delle aziende. Il biogas è ricavato dai residui dell’agricoltura, da sostanze di origine animale, dalla frazione organica di rifiuti differenziati. Un mondo vicino e lontano alle nostre vite. Quel che si produce ha un grande potere calorifico utile a miscelare nel sistema distributivo le fonti di energia.
Che cos’è il biogas
Si ottiene energia elettrica mediante cogenerazione e non solo. In definitiva il biogas va d’accordo con i territori, anche se qualche volta gli impianti suscitano proteste per i processi di lavorazione. Basta, però, applicare le tecnologie più avanzate per non avere problemi. Per giunta quando si ha cura di spiegare bene l’energia, come si ottiene, ci si apre alla discussione in modo non accademico, senza preclusioni, ci si rende conto che anche in natura c’è il contrappasso. Lo sfruttamento del potenziale degli allevamenti o delle colture nell’ottica di una visione sostenibile sta facendo breccia nelle istituzioni, e nel gioco dei poteri e delle trattative ci si muove per una maggiore diffusione di questa risorsa concepita in modo circolare, e il Parlamento italiano sta dando una mano con i soldi.
«Per il 2021 diamo la possibilità alle aziende agricole che realizzano impianti di biogas fino a 300 KW, di continuare ad accedere agli incentivi previsti per l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico. Apriamo la strada al ruolo centrale che l’agricoltura può rivestire nella transizione energetica ed ecologica del Paese» spiega Gianpaolo Cassese, deputato della Commissione Agricoltura.
L’opportunità del Recovery Plan
Il Recovery Plan – manco a dirlo- è visto come opportunità da cogliere, forte di quello che c’è già sui territori. La potente Banca Europea degli Investimenti assieme alla Banque des Territoires e all’Advisory Hub della Commissione Europea ha lanciato una piattaforma per sostenere finanziariamente le nuove operazioni di settore. Cresce l’interesse intorno a Farming for Future, il progetto del Consorzio Italiano Biogas articolato su dieci azioni per connettere la buona agricoltura alle fonti rinnovabili. In base a indicazioni internazionali, «Grazie ad azioni e tecnologie prontamente applicabili, si possono ridurre le emissioni dirette da agricoltura del 32% rispetto ai livelli attuali, alle quali vanno aggiunte le emissioni evitate grazie al mancato ricorso ai combustibili fossili», dicono al Cib. Hanno concepito un sistema ad impatto zero, da Agricoltura 4.0 alla produzione e all’utilizzo di fertilizzanti organici fino alla produzione di metano ed idrogeno rinnovabili da biogas agricolo.
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Un potenziale enorme
Quanto c’è di realistico in tutto questo? Dove si arriverà? L’orizzonte è un modello di agroecologia dagli esiti straordinari. Prendere dalle campagne la potenza dei residui per illuminare, scaldare, muoversi e viaggiare. Pochi giorni fa la Regione Sicilia ha stabilito che i veicoli alimentati con biocarburanti, non pagheranno più il pedaggio sulle autostrade dell’isola.Un provvedimento futuribile, persuasivo, per chiunque ambisca a spostarsi senza causare altri danni all’ambiente. Perché dal biogas si ottiene l’altra energia, il biometano, depurato dal biogas di sostanze non utili.
Infrastrutture strategiche e desolforazione
«Gli impianti di biogas e biometano sono vere e proprie infrastrutture strategiche per lo sviluppo della bioeconomia dei territori», commenta Piero Gattoni, Presidente del Consorzio Italiano Biogas. «L’inserimento della digestione anaerobica in agricoltura – continua Gattoni – permette di dar vita a un circolo virtuoso che rende le aziende più competitive grazie a una molteplicità di mercati di sbocco, dalla produzione elettrica ai trasporti, dalla produzione di cibo di qualità alla fertilizzazione dei suoli». E la forza è quella di oltre 1.600 impianti di biogas in funzione. Si può fare ancora meglio dando spazio e fiducia alla scienza. Nella ricerca applicata in ottica sostenibile ritroviamo l’Enea, che ha brevettato un sistema per purificare il biogas dell’idrogeno solforato, sostanza altamente inquinante.
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L’Enea e il progetto Biofids
L’Ente partecipa al progetto biennale Biofids con aziende piemontesi per la messa a punto di un prototipo che genererà biometano. La tecnologia della desolforazione sarà il risultato più sostenibile e vantaggioso, come spiega Elena De Luca, ricercatrice del Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili dell’Enea, inventrice del brevetto che premia gli studi italiani:
«Stiamo procedendo con la progettazione e la configurazione del prototipo. Entro fine anno dovremmo concludere la progettazione esecutiva per arrivare alla sua installazione nei primi mesi del 2022».
Un lavoro di eccellenza condotto insieme all’industria e partner qualificati che De Luca segue con particolare passione. Si tratta pur sempre di favorire “il processo di decarbonizzazione del nostro sistema energetico e industriale”, aggiunge. Partendo da dove tutto comincia, dalla natura che diventa moltiplicatore di progresso.