Paletta e secchielli, asciugamani stesi, sabbia e ombrelloni, creme solari, parole crociate e racchettoni. Non manca nulla. I bagnanti sono seduti, sdraiati, abbracciati, mollemente stesi nel “nulla” dell’ozio estivo: chi legge, chi guarda il cellulare, chi fa il sudoku, chi dorme… Tutto combacia con l’immaginario marino che ognuno di noi sedimenta da quando era bambino, un tableaux vivant da Polaroid anni Settanta confermato dai colori pastello dei costumi da bagno e dei teli, dalla luce soffusa e diretta, dal silenzio innaturale dei bambini che fanno castelli, della radiolina accesa, delle chiacchiere da ombrellone, del cane che passeggia indisturbato. Come fossimo il sole accecante che li cuoce, li osserva e li spia, in un gioco teatrale raffinato e straniante, noi pubblico stiamo a guardarli dai palchi ottocenteschi del Teatro Argentina, un po’ guardoni un po’ droni, visitatori di uno zoo diventato anthropos, anzi antropocene. Sì perché Sun & Sea, firmato a tre mani dalla filmmaker e regista teatrale Rugilė Barzdžiukaitė, dalla scrittrice, drammaturga e poetessa Vaiva Grainytė, e dall’artista, musicista e compositrice Lina Lapelytė, ha sommerso la platea del teatro con 35 quintali di sabbia, così come aveva fatto due anni fa nel Magazzino 42 dell’Arsenale che ospitava il Padiglione lituano alla 58esima Biennale di Venezia, portandosi a casa un meritatissimo Leone d’oro.
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Frammenti di una catastrofe imminente
Il consiglio, dunque, è questo: cercate le date della tournée di questo piccolo gioiello e non fatevelo sfuggire (saranno in estate a Luckenwalde, in Germania, e poi al Teatro di Epidauro e poi ancora a Malmö, in Svezia), perché ne uscirete ammirati per l’intuizione scenica, per i continui scarti del libretto e la bravura assoluta degli attori-cantanti. Sun & Sea è un’opera, anzi una non-opera, a sentire le giovani autrici che si infilano nel genere conservandone gli stilemi per traghettarli stravolti sulle rive della performance. Lo avevano già sperimentato in Have a Good Day! nel 2013 sorvolando allora dieci cassiere del supermercato che cantavano a cappella dell’oggi, scandite dai bip dei prodotti sul lettore di codice a barre. Qui, sulla musica elettronica di Lina Lapelytè che gioca tra l’ipnotismo soft del minimalismo e la linearità del pop, dopo il piacevole smarrimento estetico ed estatico iniziale, ci sorprendiamo a indovinare chi sia il bagnante che di volta in volta, mimetizzato dalla normalità del bagnasciuga, canta la sua storia, in un dialogo di assolo e cori che riempie l’ingannevole e algida marina di umanità e di corpi, frammenti di intimità e drammi, banalità del quotidiano e lampi di disastri imminenti.
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Cronache marine dell’Antropocene
Il campionario umano è nutrito, come in ogni galleria che si rispetti. C’è la Mamma facoltosa, fiera del suo bambino che a otto anni ha già fatto il bagno nei mari Giallo, Rosso, Nero e Bianco del pianeta, esaltata dal cocktail bevuto nell’hotel sottomarino della barriera corallina, portabandiera del turismo sconsiderato e sciacallo che Marco Zorzanello ha raccontato con i suoi reportage in modo esemplare. C’è suo marito workaholic, assediato dall’impossibilità di lasciarsi andare all’emozione, esausto come la terra che ci ospita. C’è la Lamentosa che della spiaggia vede i rifiuti, sente le puzze, denuncia l’incuria e la Filosofa che sulla spiaggia vede l’ingordigia della globalizzazione senza cultura; c’è la Sirena che ha perso il marito tra i flutti perché in quanto essere umano «era incline a comportarsi in modo incosciente. Questo mammifero, con i suoi polmoni limitati, non esita a buttarsi nell’oceano e si immerge in profondità perché vuole conquistare quello che non gli spetta…», e ci sono le gemelle 3D, stampate e perfette, destinate a vivere in un pianeta vuoto senza più uccelli, né animali né coralli in cui premendo un solo pulsante si potrà tutto ricreare e stavolta per sempre: «I coralli 3D non si consumano, gli animali 3D non perdono le corna, il cibo 3D è gratis, io in 3D sono immortale…». Pian piano si rivela, Sun & Sea, come un accorato e allarmato canto alla Terra che rantola e muore, nella congiura più scellerata e cieca che si possa immaginare.
Così, nell’innocenza apparente dello spalmarsi la crema, nel racconto di un incontro amoroso, nell’evocazione di un mare che verdeggia ormai come le foreste, soffocato dalle alghe, cosparso dalle meduse galleggianti degli uomini che in mare vengono lasciati annegare, lasciamo la spiaggia inquieti, con l’amara sensazione che siamo ad un passo dall’ultima spiaggia, l’ultima chance prima che l’indifferenza e l’avidità diventino tsunami.