Foto di Ibridabirra.com

A tutta birra! Arriva “Ibrida”, la birra buona come il pane invenduto

Ibrida è una birra a spreco zero derivata dal riciclo del pane. Nata dall’idea di quattro giovani designer, viene prodotta a Milano. Numerosi i panifici che hanno aderito all’iniziativa, che finora ha dato vita a ben 18 mila bottiglie di prodotto a spreco zero
23 Giugno, 2021
2 minuti di lettura

Ogni anno in Italia vengono sprecate 220.000 tonnellate di cibo, ovvero 2,89 kg a persona. Il 19% dello spreco alimentare deriva dal pane. Proprio con lo scopo di ridurre tali sprechi, quattro service designer ex studenti del Politecnico di Milano, hanno dato vita alla fine del 2018, ad un progetto che ha l’obiettivo di produrre birra utilizzando il pane invenduto recuperato dai panifici milanesi. Una passione che ha accumunato il team fin dal primo giorno, attraverso la produzione di un prodotto semplice, simbolo di socialità Italiana e accessibile a tutti come la birra. Il progetto ha permesso ad Akanksha, Elisa, Francesca e Simone di vincere il primo premio nella categoria “Imprese”dell’ottava edizione di  Vivere a #Sprecozero 2020, un premio per l’Italia sostenibile e le sue buone pratiche di economia circolare, una campagna nazionale di sensibilizzazione contro lo spreco alimentare. 

 

Guarda il video dell’ottava edizione del “Premio Vivere a Spreco Zero”

nella quale è stata premiata Ibrida Birra

Trasformando il pane in birra

«Ibrida non è soltanto una birra al pane – spiega Francesca  De Berardinis, Account Lead del team – ma una Birra di quartiere al Pane. “Ibrida per i quartieri” è infatti un modello scalabile e replicabile che fa leva sulle realtà del territorio per creare alti livelli di coinvolgimento, supportare i partner e portare avanti iniziative sostenibili. Un aggregatore sociale». C’è chi moltiplicava i pani e i pesci e chi trasforma il pane in birra! Come? «All’inizio del nostro percorso – continua Francesca – ci siamo immersi nel mondo della birra senza avere una conoscenza tecnica dell’universo brassicolo.

Dopo aver prodotto la nostra prima Ibrida in casa con l’aiuto di un home-brewer, abbiamo appreso le tecniche di produzione e sperimentato la ricetta con l’aggiunta del pane, che ha il potere “speciale” di fermentare come i grani e viene inserito nella fase di macinatura. Ciò consente di ridurre il 30% del malto dalla ricetta tradizionale e sostituirlo con il pane invenduto, incentivando così l’utilizzo di materie prime non fresche in ottica circolare.

 

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Ibrida, sostenibile e di qualità, alla conquista del mercato

Numerosi i panifici che hanno aderito all’iniziativa di salvare il loro pane rimasto sugli scaffali. Dai 60 ai 100 kg di pane bianco, di segale e di miccone pavese per ogni litro di birra prodotto. Fino ad oggi sono state prodotte 18.000 bottiglie, dando una seconda vita a circa 300 kg di pane. Pale Ale, Porter e Pils sono le tre edizioni di birra nate dalle varie tipologie di pane che hanno messo in risalto il lavoro dei fornai e dei loro prodotti di qualità. «Per noi è stato fondamentale crescere e passare alla produzione su larga scala, collaborando con il Birrificio La Ribalta, il nostro partner produttore, a partire da novembre 2019 con il lancio della prima edizione di “Ibrida x Bovisa”». Sempre più realtà attente alla sostenibilità e a prodotti di nicchia di qualità sono interessate a Ibrida, alla sua storia e ai valori che veicola. Ibrida è oggi disponibile in sei città d’Italia, in circa venticinque locali. «Ci piacerebbe – conclude Francesca – raggiungere più quartieri, città e persone possibili con la nostra birra, ma soprattutto con il nostro messaggio. Per poterci confrontare su temi importanti quali la riduzione degli sprechi, il riutilizzo delle risorse e l’incontro di diverse realtà sul territorio. E non vediamo l’ora di approfondire in maniera più pregnante il lato sociale attraverso collaborazioni con associazioni e tornare a organizzare eventi per la nostra community di “ibridi”».

 

Al confezionamento redazionale di questo articolo ha contribuito Elena Girola nell’ambito del Corso di giornalismo ambientale e culturale di Sapereambiente. Workshop a cura di Letizia Palmisano

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