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Immagine delle lepri saltatrici, in cui è stata scoperta la bioluminescenza, tratta dallo studio di Scientific Reports (Foto: nature.com)

Animali che s’illuminano e lo strano caso delle lepri fluorescenti

Pubblicato su Scientific Reports un articolo su alcune specie di lepri africane biofluorescenti: irraggiate con una lampada a UV rivelano macchie di uno sgargiante rosso-arancio. Non sono gli unici mammiferi a presentare questa caratteristica. Ed esistono differenti fenomeni in natura che permettono agli animali di “illuminarsi”
18 Marzo, 2022
2 minuti di lettura

Lepri fluorescenti. No, non sono il frutto di un’esperienza psichedelica, come il White rabbit dei Jefferson Airplane, ma è ciò che ha osservato un gruppo di ricercatori armato di lampade di Wood, che emettono luce negli UV. Dapprima i ricercatori si sono concentrati su campioni conservati negli scaffali di musei di storia naturale e poi su esemplari vivi di alcuni zoo. Di quale fenomeno si tratta? Qual è la sua funzione? Ci sono altri animali che s’illuminano?

In natura è possibile osservare animali che s’illuminano. A molti saranno sicuramente venute in mente le lucciole. In realtà i fenomeni alla base della luce prodotta da questi insetti e di quella delle lepri saltatrici sono differenti. Da un lato abbiamo la bioluminescenza, dall’altro la biofluorescenza.

Emettitori di luce: la bioluminescenza nel mondo animale

Nella bioluminescenza la luce è prodotta da una reazione chimica tra due molecole, una che funge da substrato e un’altra che catalizza il processo. Nelle lucciole queste due molecole sono la luciferina, che emette luce, e la luciferasi, che facilita la reazione chimica. Numerose specie presentano bioluminescenza, molte delle quali si trovano negli oceani: artropodi, pesci, cnidari e molluschi.

 

Guarda il video sull’octopus luminescente (Stauroteuthis syrtensis)

 

Alcuni esempi sono lo Stauroteuthis syrtensis, un polpo che vive nell’oceano Atlantico, e i lofiformi, pesci abissali con un’appendice davanti alla testa che possiede un’escrescenza luminosa, una vera e propria esca per catturare prede troppo curiose. In questo caso, però, c’è un colpo di scena: la luce non è prodotta dal pesce ma da batteri simbionti.

Tutta la luce che non vediamo: il fenomeno della biofluorescenza

Diversamente dalla bioluminescenza, per osservare il fenomeno delle biofluorescenza abbiamo bisogno di una sostanza che assorba radiazioni UV e riemetta altre radiazioni con lunghezze d’onda più lunghe, che fanno parte della luce visibile. Noi umani possiamo quindi accorgercene solo se una sorgente di UV illumina le molecole fluorescenti. Esistono specie biofluorescenti tra gli invertebrati, i pesci, i rettili, ma anche tra gli anfibi e gli uccelli.

A cosa serve essere biofluorescenti? Quali vantaggi se ne possono trarre? Sembra che essere biofluorescenti possa essere utile per la selezione sessuale (un po’ come per la bioluminescenza nelle lucciole), per scappare da eventuali predatori o anche per la ricerca di cibo.

Mammiferi biofluorescenti: il recente caso delle lepri saltatrici

Anche tra i mammiferi ci sono specie biofluorescenti. Lo sono gli scoiattoli volanti (Glaucomys spp.) e gli opossum (Didelphidae) provenienti dall’America, ma anche gli ornitorinchi (Ornithorhynchus anatinus) di Australia e Tasmania. La novità è che ora sembra che anche nel Vecchio Mondo, in particolare in Africa, ci siano mammiferi che emettono luce se illuminati con gli UV di una lampada di Wood: le lepri saltatrici (Pedetidae).

 

Guarda il video sulla biofluorescenza

 

Un gruppo di scienziati, che ha pubblicato la scoperta in Scientific reports, rivista del gruppo Nature, ha osservato la biofluorescenza prima in esemplari conservati nel Field Museum of Natural History di Chicago e, in seguito, in individui vivi del Omaha’s Henry Doorly Zoo and Aquarium, in Nebraska, e in una lepre deceduta nel Mesker Park Zoo & Botanic Garden di Evansville, Indiana. Tutti gli individui, se illuminati con gli UV, mostravano macchie rosso-arancioni generalmente concentrate sulla testa, le zampe posteriori, il dorso e la coda.

Analisi chimiche hanno rivelato che le molecole responsabili della fluorescenza sono alcune porfirine e un’altra molecola non identificata, presenti nel pelo delle lepri. Perché le lepri saltatrici sono biofluorescenti?

Come riporta l’articolo scientifico, prima di tutto sarebbe necessario capire se è un tratto vantaggioso sviluppato lungo l’evoluzione o una malattia. L’accumulo di porfirine, infatti, è dato dalla porfiria, una patologia presente nello scoiattolo volpe (Sciurus niger), nel Rattus sordidus e in noi esseri umani (la porfiria è la malattia che alcuni credono essere all’origine del mito dei vampiri). C’è da sottolineare che, come gli altri mammiferi biofluorescenti, le lepri saltatrici sono animali crepuscolari-notturni e i ricercatori hanno ipotizzato che la biofluorescenza possa aiutarli a sfuggire a predatori sensibili agli UV, assorbendo le lunghezze d’onda di questo intervallo ed emettendone altre meno visibili. Insomma, dovremo aspettare altri studi per capire gli aspetti ecologici e comportamentali legati a questo fenomeno senza dubbio affascinante.

Mielizia

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Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Laureata in Scienza e Tecnologie per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali, dottore di ricerca in Geomorfologia e Dinamica Ambientale, è infine approdata sulle rive della comunicazione. Giornalista pubblicista dal 2014, ha raccontato storie di scienza, natura e arte per testate locali e nazionali. Ha collaborato come curatrice dei contenuti del sito della rivista di divulgazione scientifica Sapere e ha fatto parte del team della comunicazione del Festival della Divulgazione di Potenza. Ama gli animali, il disegno naturalistico e le serie tv.
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