Cruzada teatral, attività con i bambini (Foto: Paolo Beneventi)

Bambini felici, democrazie, dittature

Forse, per i bambini, gioia e pienezza non si trovano sempre lì dove noi adulti immaginiamo. Una riflessione che deriva da esperienze educative a Cuba e in altri paesi del mondo, sulla felicità nell’infanzia
5 Maggio, 2022
3 minuti di lettura

L’invasione russa dell’Ucraina, oltre alla tragedia che ha portato in quella nazione, che speriamo non si estenda a tutto il mondo, ha amplificato quel clima generale di aggressività e intolleranza che, soprattutto attraverso la caricatura grottesca di Rete globale dei social network, già aveva notevolmente deteriorato la qualità delle relazioni umane dopo lo scoppio della pandemia. Trovo abbastanza allucinanti certi discorsi sui bambini vivi o morti in democrazia e in dittatura ma, dato che negli anni ho condotto attività con migliaia di bambini in diverse parti del mondo, penso valga la pena di spendere qualche pensiero e parola sui bambini felici.

Noi, che nella parte del mondo libera, democratica e ricca viviamo più come consumatori e produttori di Pil che non come cittadini attivi, direi che non cresciamo in realtà bambini particolarmente felici.

 

Laboratorio di videomaking con i bambini, giochi in diretta con gli effetti incorporati nella videocamera (Foto: Paolo Beneventi)

 

Da una parte associamo sempre più l’idea stessa di infanzia al pericolo e alla paura. È rischioso pubblicare immagini di bambini e ai loro abbracci non si può rispondere perché ogni contatto fisico richiama a pratiche sessuali perverse. Dall’altra, organizziamo i loro tempi e spazi in modo da rendere spesso problematico lo sviluppo descritto negli studi di psicologia dell’età evolutiva e, in un contesto in cui banalmente sono sempre meno liberi di giocare con i coetanei nei cortili e nei giardini, a sempre più bambine e bambini vengono diagnosticati disturbi di comportamento e “sindromi” varie, non di rado curate con psicofarmaci.

Eppure, chi i bambini li conosce sa quanto gioia, entusiasmo, voglia di fare traggano dal solo sentire che un adulto semplicemente li ascolta, si interessa a loro per quello che sono, senza classificarli sulla base di tabelle e stereotipi o misurarli per come si adeguano alle aspettative altrui. È la mancanza di attenzione sincera da parte degli adulti che rende molti bambini “disadattati”. È il rispetto che sentono per loro in quanto persone che può renderli felici.

Nella mia esperienza, tanti bambini felici li ho incontrati a Cuba: sereni, attenti, veloci a capire, anche l’uso di aggeggi tecnologici che in quegli anni non erano per loro affatto familiari. Forse li aiutava non avere la testa piena di pubblicità, di quel bombardamento commerciale che spesso rende i nostri cuccioli di consumatori inquieti e nervosi, disabituati a trasfigurare il mondo nel gioco come saprebbero fare i bambini, tra adulti distratti e un’industria globale che li irretisce con ogni sorta di divertimenti prefabbricati. Non a caso, quando incontrano animatori che li aiutano a tirare fuori quello che hanno dentro, quando possono tornare a giocare, come d’incanto si trasformano.

 

Laboratorio di videomaking, i bambini fanno le riprese (Foto Paolo Beneventi)

 

A Cuba, un vero e proprio laboratorio in una scuola l’ho tenuto solo in un istituto superiore di istruttori di arte, sul multimediale, a Matanzas, tra ragazzi e professori molto attenti, ma ovviamente non fa testo. Però con la Cruzada Teatral Guantanamo Baracoa del 2007 sono entrato in molte scuole primarie minuscole, sparse per la montagna tra le piantagioni di banane: una classe o due, una ventina di alunni o poco più, niente rete elettrica ma pannelli fotovoltaici sul tetto e nelle aule sempre un televisore con videoregistratore e un computer. Si portava il teatro e non c’era contatto diretto con la loro didattica, che immagino fosse un po’ “sovietica”, ma se in un paese il governo si preoccupa che i pc arrivino prima nelle scuole che negli uffici, non sembra un cattivo segnale.

Con tanti bambini ho parlato poi nella sierra, “costretto” da un gruppo di loro a improvvisare un corso di videocamera, incontrati all’Avana i piccoli attori di teatro della Colmenita, dai 3 ai 14 anni, che mettevano in scena la Cenerentola secondo i Beatles con una qualità e una freschezza sbalorditive. Poi ho condotto laboratori di quartiere di video e computer, da cui ho imparato moltissimo.

 

Laboratorio video, i bambini fanno le riprese (Foto: Paolo Beneventi)

 

La percezione è che i bambini in quella società, che non corrisponde propriamente ai nostri canoni di democrazia, siano e si sentano protetti. Nonostante sia un paese molto povero, non ci sono bambini di strada a Cuba, caso raro nell’America latina: vanno tutti a scuola, hanno cure sanitarie buone e gratuite, hanno da mangiare (spesso il minimo, ma ce l’hanno) e il tempo e il modo di giocare, con poco, modestamente (ma i bambini, se possono stare insieme tra di loro, i giochi se li inventano). Sentono probabilmente intorno una comunità che, in generale, si prende cura di loro.

Poi avranno il tempo, crescendo, di sperimentare e capire la mancanza di certe possibilità economiche e libertà politiche. Ma intanto non passano la loro infanzia a competere inutilmente gli uni con gli altri, desiderando e consumando in modo frenetico cose che non li potranno mai soddisfare. In altre parole, sono generalmente felici.

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