Senza cibo né acqua. Costretti a riposare nelle stalle per bovini e a sentire odori nauseanti. È questo quello che si vede nelle immagini girate da Mohamad Shaaban, comandante del mercantile libanese Talia con 52 migranti a bordo, rimasto in mare per cinque giorni, mentre i centri di soccorso di Roma e La Valletta si rimpallavano le responsabilità. Nemmeno la tempesta è stata sufficiente come motivazione per offrire a Talia un riparo nelle acque territoriali dei due Paesi.
«Voglio farvi vedere questi migranti – ha detto Shaaban – sono in pessime condizioni di salute, molti di loro sono stanchi, hanno subito torture, hanno paura. E io cosa posso fare per queste persone? Le condizioni stanno diventando davvero difficili».
L’allarme lanciato il 3 luglio dalla ong Alarm Phone e rilanciato dalla Mediterranea Saving Humans e dalla Sea Watch ha rischiato di rimanere inascoltato. Soltanto ieri sera, dopo le 22,00, l’Rcc di Malta, il centro di coordinamento di ricerca e soccorso, ha autorizzato lo sbarco. Da Bruxelles non è arrivata alcuna proposta. Storditi dalla pandemia, i paesi democratici europei hanno mostrato di nuovo la loro indifferenza. E non dovrebbero allora stupirci le parole della ong spagnola Open Arms, che ha diffuso il video su Twitter:
«Come animali, così li vede l’Europa».