Un ritratto di Petra Kelly
Petra Kelly è stata tra le fondatrici dei Grünen tedeschi, figura di riferimento nel movimento ecopacifista internazionale, fra gli anni Settanta e i primi anni Novanta

Ricominciamo da Petra. Contro ogni guerra, i testimoni dell’ecopacifismo

L'ambientalismo possiede nelle sue radici una richiesta di pace ed equità. Vi presentiamo i testimoni di questo pensiero oggi quanto mai necessario, a partire da Petra Kelly, storica fondatrice dei Verdi tedeschi
28 Febbraio, 2022
2 minuti di lettura

Tempi bui si sono abbattuti sull’Europa in questi giorni. All’improvviso, il vecchio secolo sembra tornare con forza, con le sue divisioni e la sua violenza. Petra Kelly (1947-1992), tra le fondatrici dei Verdi tedeschi, alle radici della cultura ecopacifista internazionale, ha vissuto proprio il vecchio secolo e nel vecchio secolo si è opposta ad ogni forma di violenza, fautrice di una delle forme di politica più innovative che la storia recente abbia conosciuto.

 

 

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Nel ’91, mentre si concludeva la prima Guerra del Golfo, ricordava in un suo discorso come i Verdi tedeschi fossero un partito nonviolento: essi supportavano infatti il principio etico per cui un’ingiustizia non deve essere ripagata con un’ingiustizia, se possibile anche maggiore, non c’è giustificazione alla violenza militare (il testo è all’interno del volume “Nonviolence Speaks to Power”, Centre for Global Nonviolence, Hawaii, 1992).

Bisognava piuttosto, erano le sue parole, «introdurre un po’ del Discorso della Montagna e di civiltà nella politica di Bonn».

 

Guarda l’intervista di Trevor Hyett nel 1982 a Petra Kelly sul disarmo nucleare (in inglese)

 

Ecologismo e femminismo, in lei, comprendono la lotta per la pace globale ed il disarmo, per una giustizia globale che implica anche una limitazione dello sfruttamento delle risorse e la cessazione dello sfruttamento dei lavoratori e più in generale delle popolazioni povere. E ancora, la tutela dei diritti umani (sia le donne, sia le minoranze etniche), la cura dei bambini e dei più deboli, la protezione dell’ambiente e del pianeta, Infine, nella sua visione, emergeva un’idea di politica distante dai partiti, centrata sull’esercizio dal basso del potere, nel segno del pensiero di Václav Havel, il poeta e drammaturgo che partecipò alla “rivoluzione di velluto” nella sua Cecoslovacchia, diventando il primo presidente, nel ’93, della Repubblica Ceca.

 

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Petra parlava, appunto, di «ecopace»: una pace a 360 gradi, perché tutte le forme di violenza (contro l’ambiente e contro il prossimo) sono collegate. E non possiamo girarci dall’altra parte, altrimenti si è complici. Scriveva nel 1988 nella prefazione al volume “Healing the Wounds” (Green Print) della scrittrice e attivista canadese Judith Plants:

«La nostra chiamata all’azione, la nostra chiamata per una trasformazione nonviolenta della società è basata sulla convinzione che la lotta per il disarmo, la pace, la giustizia sociale, la protezione del pianeta Terra e la realizzazione dei bisogni umani basilari e dei diritti umani sono una cosa sola, indivisibile».

 

 

 

Ma come si combatte la violenza? Come si lotta per l’ecopace? Appunto, con la nonviolenza, era la sua ferma convinzione. La neutralità è uno strumento per una politica di pace attiva.

«La strada per la pace è la pace!»

aveva detto durante il congresso dell’88 a Nuova Delhi “Towards a Nuclear-Weapon-Free and Non-Violent World” (il testo è reperibile sempre nel volume “Nonviolence Speaks to Power”).

 

Petra Kelly durante una manifestazione in Germania contro lo stazionamento dei missili americani in Europa, 11 settembre 1982
Petra Kelly durante una manifestazione a Bochum, in Germania, contro lo stazionamento dei missili americani in Europa, 11 settembre 1982 (Foto: Rainer Mittelstädt/Bundesarchiv)

 

E quanto suonano attuali, nelle ore che stiamo attraversando, le parole che pronunciò quando le fu conferito l’Alternative Nobel Prize, il 9 dicembre 1982:

«Quando un numero sufficiente di persone (…) comincia a capire la stretta relazione tra la corsa agli armamenti e la violenza internazionale, la preservazione dei legami economici, l’ingiustizia sociale e l’instabilità ecologica, allora siamo sulla strada per fare le giuste richieste a beneficio dell’umanità, piuttosto che di una nazione, di una particolare classe».

 


Per approfondire

Valentina Cavanna, “Petra Kelly. Ripensare l’ecopacifismo”,
Interno4 Edizioni,
Rimini, 2017, ISBN9788885747012

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