Cammina. Poi, all’improvviso, si paralizza. Stupefatto, esterrefatto. Entusiasta, felice.
Poi, grazie a una tecnica consumata, che gli permette di impugnare la macchina fotografica, inquadrare e scattare, si impadronisce (a debita distanza) di un curculionide, ritraendone il rostro, esaltandone le antenne, godendo della colorazione mimetica.
Oppure si impossessa (sempre e soltanto visivamente) di una Euproctis chrysorrhoea, che noi sempliciotti ci accontentiamo di chiamare farfalla bianca, e di cui lui, invece, può raccontare vita e miracoli sia da larva sia da adulto, descrivendo i tubercoli e le setole, avvisando sui rischi della loro azione di defogliazione e sulle modalità dell’attività riproduttiva.
Umberto Pessolano, naturalista e geologo, direttore del Museo del Fiume di Nazzano (Rm), responsabile del Centro didattica naturalistica nella sede del Parco dell’Appia Antica a Roma, nonché tassidermista e collezionista (da quando aveva 10 anni!), fa così. Si equipaggia di lente d’ingrandimento, retina e provette e con una Nikon – obiettivo macro 105 e flash – ritrae abitanti invisibili, condomini nascosti, inquilini riservati e defilati in boschi e paludi, giardini e stagni, sentieri e parchi.
Capace di inchiodare mentre viaggia in macchina per immortalare una famigliola di cinghiali. Capace di trascorrere le albe sulle spiagge tirreniche per dedicarsi ai frutti di mare. Capace di farlo anche in questi giorni, a piedi, durante il Cammino dei vulcani, da amico e accompagnatore, da guida ed esperto, da docente e – sempre – da fotografo.
«Sono un… guardone – confessa candidamente – La mia è un’ossessione scientifica, una caccia pacifica, una sfida innocente, una ricerca infinita. Ed è qualcosa che assomiglia, o forse sfiora, o magari è proprio la felicità».