Economia circolare, la sfida più ambita

Una rivoluzione pacifica, un passaggio epocale, dove gli oggetti e i soggetti cambiano identità nel mondo in cui vivono. E un mondo da proteggere che, nonostante tutto, gira ancora intorno all’economia. Ma quale economia?

11 Febbraio, 2021
3 minuti di lettura

Quando una ventina di anni fa nei summit internazionali  si cominciò a parlare di economia circolare le idee restavano marginali, confinate nelle sezioni collaterali dei vertici tra potenti. Immaginare un diverso sistema per produrre, vendere e consumare richiedeva uno sforzo cui non si era preparati. Le teorie muovevano i primi passi e il tema veniva associato in maniera pressoché unanime ai “tediosi ambientalisti”. Le grandi compagnie energetiche erano fuori dalla partita.

 

 Guarda il video dell’Eni sull’economia circolare

Cambiare, e in fretta

Poi sono arrivati gli allarmi, i disastri naturali ed energetici, le strategie globali, i conflitti energetici tra superpotenze. A chi ricorda oggi che dagli inizi del ‘900 la popolazione mondiale è cresciuta di 4,5 volte, mentre il consumo di risorse naturali è cresciuto del triplo, gli studi più avanzati replicano con l’incalzante necessità di cambiare paradigma. A guidare il cambiamento non possono essere coloro  che per generare sviluppo e benessere hanno causato tanti mali al pianeta. Quanto meno non possono essere soltanto loro.

Una rivoluzione per ricostruire

C’è, appunto, bisogno di mandare avanti una rivoluzione che deve ricostruire nell’interesse generale. Riuso, rilavorazione, riciclo sono i  pilastri di un sistema innestato non dall’industria, ma da una rete ampia, ideale e materiale. Da  soggetti che hanno preso coscienza dei mali che affliggono la nostra esistenza:

«Se nell’economia lineare il prodotto passa totalmente al cliente, nell’economia circolare la proprietà del prodotto deve restare al produttore. Il cliente ne paga soltanto l’utilizzo attraverso meccanismi di “pay per use”», dice Davide Chiaroni, vicedirettore dell’Energy&Strategy della School of management del Politecnico di Milano.

 

 

Davide Chiaroni
Davide Chiaroni, vicedirettore dell’Energy&Strategy della School of management del Politecnico di Milano

(Ri)Partendo dai materiali

Il punto di partenza sono i materiali. La capacità di ricercare gli elementi base per creare filiere produttive eco compatibili, sostenibili nel lungo periodo con due finalità: convincere gli acquirenti della bontà di ciò che comprano e recuperare, riciclare post le sostanze impiegate. La circolarità del sistema si estende fino a creare un valore non soltanto economico, anche culturale. 

Sfruttare responsabilmente: si può?

Dalla plastica al vetro, al legno, alle stoffe, all’elettronica, alla carta, alla gomma, all’identitario, insomma, del nuovo millennio. Le risorse naturali non sono infinite. È  la ragione per la quale sulla strada dell’economia circolare si fanno sempre più i conti con lo sfruttamento responsabile di ciò che si trova in natura. I cicli di lavorazione creano pur sempre rifiuti. La loro gestione attraverso impianti di recupero e di rigenerazione si trova lungo quell’immaginario cerchio virtuoso e utile.

 

Paradossi (in)sostenibili

Non è detto che tutto vada poi a posto. Viceversa, sarebbe fuori dalla grazia di Dio bloccarsi. È di questi giorni l’allarme dell’ Us Environmental Protection Agency riguardo alle energie rinnovabili. Un paradosso degno di essere valutato, poiché – dicono gli scienziati – gli impianti installati per superare la dipendenza dal carbone usano materiali poco sostenibili e di difficile smaltimento.

Entro i prossimi 30 annigli Usa dovranno liberarsi di 10 milioni di tonnellate di scarti, la Cina di 20, la Germania di 3. L’Europa ha scelto di proseguire sulla new economy e i governi si muovono con diverse velocità.

Il riciclo secondo il Recovery Plan

E l’Italia? Ha un passo lento, dice l’ultima edizione del Circular economy report, curata proprio dalla School of Management del Politecnico di Milano. La parte del Recovery Plan dedicata al riciclo dei materiali, per esempio, è stata giudicata carente dalle industrie per gli investimenti e per la strategia per i prossimi  5-10 anni. Il Paese consuma circa 500 milioni di tonnellate di risorse naturali all’anno, di cui 300 sono importate, ma tutta la circular economy arriva al 17,7%.

 

Guarda il convegno Circular Economy Report 2020 

Passaggi inevitabili

Cosa fare? «Si tratta di cambiare radicalmente prospettiva rispetto all’attuale economia lineare – spiega ancora Davide Chiaroni – Mantenere i prodotti il più a lungo possibile nel circuito attraverso l’estensione della loro vita, la ridistribuzione, il riutilizzo, la rigenerazione e, soltanto alla fine, il riciclo».

Gli sforzi dell’industria nazionale non mancano di essere accompagnati da critiche allo Stato per finanziamenti esigui. Il sistema in ogni caso non può fermarsi ad un singolo Paese. Per  la circolarità delle risorse e dei beni, per i bisogni globali, per  il superamento dei vecchi squilibri creati dalla old economy. La globalizzazione ha segnato un passaggio straordinario in ogni tipo di relazione. Ma ogni rivoluzione ha i suoi passaggi. Meglio se veloci ed efficaci.

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