La strana sorte di Francesco Nuti, quel “rovescio di fortuna”, come l’ha definita in un post sul suo account Vinicio Capossela, è continuata fino alla fine, alla sua morte avvenuta ieri, all’ombra di quella di Silvio Berlusconi. Se n’è andato a 68 anni più o meno nelle stesse ore in cui se ne andava l’ottantaseienne Cavaliere, a Roma, in una clinica dove era ricoverato da tempo.
Gli esordi in Rai
Il Toscano, così come amava essere chiamato, era nato a Firenze il 17 maggio 1955 e le sue doti da comico le aveva mostrate sin da piccolo. Da ragazzo arriva in teatro e poi in tv con gli amici e conterranei Alessandro Benvenuti e Athina Cenci: sono i Giancattivi che raggiungono una popolarità inaspettata nella trasmissione Non Stop ideata dall’indimenticato genio di Enzo Trapani e andata in onda su Rai Uno dal 1977 al 1979, periodo di massima creatività nella Tv di Stato. Fucina di talenti, Non Stop sforna, insieme a Nuti e co., altri talenti divenuti personaggi centrali del cinema e del teatro italiano: c’è la smorfia di Massimo Troisi, Enzo De Caro e Lello Arena, Carlo Verdone, Marco Messeri, Zuzzurro e Gaspare. Per i Giancattivi l’esordio al cinema arriva nel 1981, con A Ovest di Paperino, tutti insieme (ma non ancora per molto, la rottura definitiva avverrà di lì a poco), in trio, diretti da Alessandro Benvenuti. Commedia surreale, che però tocca una serie di temi e problemi reali per la gioventù degli anni ’70 e ’80; disoccupazione, radio libere, sostanze stupefacenti, tossicodipendenza.
I fortunati anni Ottanta
Nel 1982 Nuti inizia la carriera cinematografica solista, diretta da Maurizio Ponzi in Madonna che silenzio c’è stasera (1982), Io, Chiara e lo Scuro (1983) e Son contento (1983). Passa dietro la macchina da presa nel 1985, con Casablanca, Casablanca, con cui vince il premio come miglior regista esordiente al Festival internazionale del cinema di San Sebastián e un David di Donatello come migliore attore. Da allora, tra la seconda metà degli anni ottanta e i primi anni novanta, la sua stella brilla, è il suo momento d’oro. Tutta colpa del paradiso nel 1985, Stregati nel 1986, Caruso Pascoski di padre polacco nel 1988, Willy Signori e vengo da lontano nel 1989 e Donne con le gonne nel 1990 sono dei successi enormi:
Nuti è ormai un comico affermato, one-man-show dal tratto caratteristico, malinconico e autobiografico, generazionale.
Come i suoi coevi Massimo Troisi e Carlo Verdone, che insieme a lui contribuiscono alla (ri)scoperta di quel regionalismo tenero, delicato, post adolescenziale che caratterizza il cinema italiano di quel periodo. Con lui, sullo schermo, le glorie femminili degli anni ’80, Ornella Muti, Clarissa Burt, Isabella Ferrari, Anna Galiena, l’iconica Giuliana De Sio di Io, Chiara e lo Scuro. Campione d’incassi e di una toscanità contemporanea, post sessantottina e movimentista, si mette in gioco con il suo conterraneo Collodi, in OcchioPinocchio, nel 1994, e sarà proprio quello l’inizio della fine. Il film, strampalata e a tratti oscura commedia, con una Chiara Caselli reduce dal successo internazionale di My Own Private Idaho (Belli e dannati) di Gus Van Sant insieme a Keaunu Reeves e River Phoenix, è un flop al botteghino ed è accolto con poco entusiasmo dalla critica.
«Caduto dentro»
Poteva essere un normale episodio meno felice nel mezzo di una carriera folgorante, ma lui, dice chi lo conosce bene, la prende malissimo. Inizia a bere e a deprimersi sempre di più. Prova a riacchiappare la stella cometa degli anni passati con Il Signor Quindicipalle nel 1998, e nel 2000 con Io amo Andrea, ma a nulla vale nemmeno la presenza di due comprimarie di lusso come Sabrina Ferilli e Francesca Neri, all’epoca entrambe all’apice del successo. I film non sfondano, i trionfi al botteghino di un tempo sono un ricordo sempre più lontano. Nuti ci riprova nel 2001 con Caruso, zero in condotta, ma niente, niente più è come prima. Nel frattempo la sua situazione personale si aggrava, è sempre più dipendente dall’alcol, le offerte e le possibilità di lavoro si allontanano. L’ultima volta sullo schermo è nel 2005, in Concorso di colpa, poliziesco poco fortunato diretto da Claudio Fragasso, ma la parabola discendente è sempre più inarrestabile. Nemmeno un anno dopo cade dalle scale di casa, ed entra in coma con un trauma cranico gravissimo. Esce dal coma faticosamente, rimanendone segnato, con danni serissimi che lo costringono sulla sedia a rotelle, praticamente impossibilitato a parlare. Ci saranno poi un’autobiografia scritta a quattro mani con il fratello, una brutta storia di maltrattamenti da parte del badante a cui era stato affidato, la vicinanza dell’ex moglie e della figlia Ginevra che diventa sua tutrice legale, e gli amici di sempre, che gli rimangono accanto nella cattiva sorte, come Leonardo Pieraccioni, Giorgio Panariello, Marco Masini, Carlo Conti, Giovanni Veronesi e Giuliana De Sio. Proprio la De Sio, a poche ore dalla sua morte, ricordando gli anni passati insieme e il successo come detonatore di auto distruzione, ha detto:
«È caduto dentro molto prima che cadesse tecnicamente».
E poi è uscito di scena così, forse per confermare beffardamente lo stereotipo del comico triste, in un giorno in cui i riflettori erano lontani ancora una volta da lui, concentrati su altro.