Chi semina vento raccoglie tempesta, recita un vecchio adagio. Allo stesso modo chi cosparge la Terra di pesticidi, sostanze tossiche, combustibili fossili, come facciamo da almeno un secolo, può raccogliere soltanto rovina. Il risultato di questa semina sciagurata e ostinata lo raccontano le foto che Greenpeace ha scelto per la mostra “Vento, caldo, pioggia, tempesta. Istantanee di vita e ambiente nell’era dei cambiamenti climatici” visibile al Museo di Trastevere di Roma fino al 10 marzo.
C’è la furia di Hayan, il ciclone che ha sconvolto le Filippine. Ci sono le coste italiane, sempre più piccole, sempre più striminzite, divorate giorno dopo giorno dall’erosione. Ci sono due orsi bianchi prigionieri di un pezzo di ghiaccio superstite. C’è la siccità che disidrata i terreni agricoli della Basilicata e del Meridione. C’è un carosello di macchine pronte alla fuga, alle loro spalle luci che illuminano uno sfondo di colline nella notte, non luminarie di una festa estiva ma scie minacciose del devastante incendio che ha sfigurato la California la scorsa estate. C’è persino un pianista sull’Oceano: Ludovico Einaudi che esegue la sua “Elegy for the Arctic” sopra una lastra di ghiaccio a Svalbard, in Norvegia.
Guarda la performance di Ludovico Einauidi
L’evento
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Sono oltre cinquanta le foto scelte da Greenpeace per raccontare i cambiamenti climatici. Ci stiamo abituando alle ondate di calore abnorme delle ultime estati con troppa leggerezza, quasi fosse una scusa per andare più spesso al mare. Ci stiamo rassegnando alle piogge torrenziali e alle gelate improvvise che colpiscono le nostre aree come mai prima d’ora, dopo mesi di altrettanto inusuale siccità. Perché quando parliamo distrattamente di “cambiamenti climatici” pensiamo automaticamente a qualcosa di lontano, a Paesi affamati, isolati, distanti da noi. E invece tutto è vicino: vento, caldo, pioggia e tempesta hanno già varcato le nostre porte.
Le foto si uniscono in un mosaico globale, un percorso che coinvolge tutte le latitudini. Se è vero che esiste (quasi) sempre un piano B, di sicuro non esiste un Pianeta di riserva. E le immagini scelte da Greenpeace dimostrano con efficacia puntuale che abbiamo già fatto troppo e male nei confronti del suolo, delle foreste, degli Oceani, degli animali e di noi stessi.
Nubifragi, ondate di calore, siccità e altri fenomeni meteorologici estremi sono sempre più frequenti, spiega Luca Iacoboni, responsabile campagna Clima di Greenpeace Italia: «L’unica soluzione, secondo la scienza, è quella di abbandonare carbone, petrolio e gas, accelerare la transizione energetica verso un mondo totalmente rinnovabile, oltre che diminuire il consumo di carne e fermare la deforestazione». Ossia, rivedere la nostra posizione sulle presunte “magnifiche sorti e progressive” in cui abbiamo creduto ottusamente finora.
Inaugurata a dicembre, nei giorni della COP24 di Katowice, la mostra si avvale del contributo di diversi fotografi che collaborano con Greenpeace e di quello altrettanto prezioso del Cnr.
Guarda l’intervista a Luca Iacoboni di Greenpeace