«Basta leggere libri sui bambini! Perché non cominciamo invece a ‘leggere’ i bambini che sono come geroglifici misteriosi di cui non capiamo nulla? Se accettiamo questo dato di fatto, invece di sapere come è fatto un bambino, entriamo in un’atmosfera di umiltà da cui si dischiudono nuove conoscenze».
Parola di Henning Köhler, pedagogista, terapeuta e ricercatore tedesco, prematuramente scomparso proprio un anno fa, l’8 aprile 2021, autore di moltissimi libri tradotti e pubblicati in tutto il mondo, docente anche nel nostro paese di corsi e seminari, portavoce di una visione dell’educazione fondata sull’incontro con e l’assoluto rispetto dell’individualità del bambino. A Pasqua dello scorso anno, poco prima di lasciarci, scrisse una lunga lettera ai genitori, dando preziosi suggerimenti educativi per contrastare il freddo, la paura e l’isolamento scaturiti dai lunghi mesi di pandemia, incitando al coraggio e al calore, ma anche all’autonomia di pensiero e di valutazione.
In questi assurdi tempi di guerra, ancor di più ci mancano le sue analisi e i suoi consigli, lui che da giovane fece parte, in Germania, del movimento anti-atomico tedesco e di quello per la pace. Lui sapeva bene come e quanto in ogni guerra siano proprio i bambini e i giovani le prime e più gravi vittime.
Lunga barba bianca, un bel pancione da tedesco e una voce incredibilmente profonda e carezzevole, Henning, come gli dicevano sempre i bambini della Freie Dorfschule, sembrava proprio Santa Klaus. E assistere alle sue lezioni, ascoltare storie dalla sua lunga esperienza professionale o raccogliere le indicazioni disseminate nei suoi libri è sempre stato come ricevere qualche dono, pescato nel sacco capiente della sua immensa capacità di trasformare conoscenza e sapere in ascolto del cuore.
Una pedagogia dell’intuizione che colga l’unicità di ciascuno
“Non esistono bambini difficili”, “L’enigma della paura”, “Il miracolo di essere bambini”, “Bambini paurosi, tristi ed irrequieti. Presupposti per una prassi educativa spirituale” sono i titoli di alcuni dei suoi testi pubblicati anche nel nostro paese (e speriamo si traducano presto anche quelli, importantissimi, dedicati all’adolescenza, alla pubertà e all’anoressia). Buber e Lévinas, Steiner e Janusz Korczak, il medico polacco che seguì i bambini del suo orfanotrofio sul treno e nei forni di Treblinka a cui Köhler ha intitolato l’istituto da lui fondato vicino Stoccarda, sono invece i principali studiosi a cui si è ispirato per comporre le note della sua “pedagogia dell’intuizione”.
«Ciò che cura è soltanto la relazione» soleva ripetere, invitando maestri, terapeuti e genitori a cercare prima e sopra di tutto la scoperta del Bambino con la maiuscola, nel proprio figlio, allievo o paziente ma anche del nostro bambino interiore. L’essere che in noi, a volte tenuto sottochiave in una cassaforte di cui abbiamo smarrito la combinazione, è ancora capace di meravigliarsi e di farsi incantare dal mondo, di non avere scopi, di rinunciare al giudizio, di accettare l’altro così com’è.
Un mondo che vuole bambini conformisti e competitivi
«I bambini hanno sempre buone ragioni per fare o non fare ciò che fanno e hanno il diritto di farlo. I bambini non fanno mai veramente cose sbagliate: se si comportano in un certo modo è perché il mondo è così com’è». Il mondo – la scuola, la psicologia, la medicina, l’economia – che questi nostri bambini da un lato li strapazza con sollecitazioni sensoriali inaudite, ritmi di apprendimento innaturali, modelli di competitività e individualismo assai poco edificanti, dall’altro li mortifica spegnendo in loro il segno unico dell’originalità.
«Oggi moltissimi bambini non hanno nulla di patologico. La loro ‘malattia’ è quella di non essere riconosciuti nella loro singolarità, di non essere ‘normali’. Abbiamo finito per diagnosticare ed etichettare i bambini, per somministrare loro psicofarmaci e tranquillanti perché ciò che la società vuole sono bambini e poi adulti che funzionano, che obbediscono, che rifiutano in sé e negli altri ogni segno di diversità».
Invece il lavoro, lo sforzo di ogni educatore è cogliere il senso di ciò che ci portano incontro, nel rispetto del mistero dell’altro e dell’accettazione. «Accettare non significa non fare nulla, ma accogliere e portare aiuto. Il mio lavoro in fondo è consolare. I bambini chiedono aiuto e si fanno aiutare sempre, a patto di aver instaurato una relazione autentica. Certo, ci vuole tempo. Ma la vera conoscenza è come gli alberi: cresce lentamente». E al tempo della vita di ciascuno, nel suo rallentare e creare crisi per permetterci di riconoscere la musica nuova del cambiamento, Köhler dedicò proprio la sua ultima conferenza, pubblicata oggi con il titolo La melodia del futuro. Il suo ultimo dono.