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Un Condor viene rilasciato nel Pinnacle National Park dopo essere stato testato per la presenza di piombo nell’organismo (Foto: National Park Service/Arianna Punzalan)
Un Condor viene rilasciato nel Pinnacle National Park dopo essere stato testato per la presenza di piombo nell’organismo (Foto: National Park Service/Arianna Punzalan)

Il Condor della California torna a popolare il “far west” americano

Quarant’anni fa ne erano rimasti una ventina, oggi grazie a un esemplare progetto di recupero e reintroduzione più di cinquecento condor volano di nuovo sopra altipiani e canyon del Southwest statunitense
21 Ottobre, 2024
3 minuti di lettura

Ho incontrato il Condor sul Navajo Bridge, lo storico ponte di acciaio che collega le due sponde del fiume Colorado poco a nord del Grand Canyon. Il luogo non poteva essere più emblematico. Nei miti dei Nativi Americani che ancora popolano la California, l’Arizona e altri territori del Sudovest degli Stati Uniti, il Condor rappresenta il “ponte” tra il mondo in cui viviamo e quello dello spirito, in cui risiedono i nostri antenati. Si narra che questa creatura dai tratti arcaici e totemici sia l’unica con ali abbastanza possenti da raggiungere l’altra sponda, quella degli antenati, per portare richieste e preghiere e tornare indietro con i loro messaggi. Ma indietro da quella sponda, il Condor della California ha rischiato di non tornare più. Nel 1982 ne erano rimasti solo 22 individui in tutto il mondo.

Guarda il video dei Condor della California

Il nostro beniamino dalla testa rossiccia e calva si trovava letteralmente a un battito d’ala dall’estinzione.

Gigante alato 

Con i suoi tre metri di apertura alare, il Condor della California (Gymonogyps californianus) è uno dei più imponenti uccelli al mondo ed è il più grande del Nordamerica. È anche uno dei più longevi: può raggiungere addirittura i sessant’anni di età. Appartiene alla famiglia dei catartidi o avvoltoi del Nuovo Mondo, di cui fanno parte alcune specie americane di avvoltoi e anche l’altro condor, quello delle Ande a cui è dedicato il celebre pezzo El Condor Pasa. Come tutti gli avvoltoi, il Condor della California si nutre di carcasse e svolge il ruolo di “spazzino” così prezioso per l’equilibrio degli ecosistemi. Ma proprio il suo tipo di dieta, insieme ad altri fattori come la distruzione degli habitat e il bracconaggio, lo ha portato sull’orlo dell’estinzione. Una delle principali minacce è infatti l’avvelenamento, soprattutto quello da piombo per via dei proiettili che ingurgita insieme ai resti dei grossi animali lasciati in giro dai cacciatori. Secondo The Peregrine Fund, un’organizzazione no profit in prima linea nella conservazione di questo rapace, la metà dei decessi è causata proprio dall’avvelenamento da piombo. Spiega Myra Finkelstein, una ricercatrice specializzata in ecotossicologia dell’Università della California a Santa Cruz:

«Per i condor, un frammento di pallottola grande come un granello di sabbia contiene già una dose di piombo potenzialmente letale»,

Un giovane e un adulto di Condor della California sul Navajo Bridge, in Arizona; sull’ala è visibile la sigla che permette di riconoscere e tracciare i singoli individui (Foto: National Park Service)
Un giovane e un adulto di Condor della California sul Navajo Bridge, in Arizona. Sull’ala è visibile la sigla che permette di tracciare gli individui (Foto: National Park Service)

Status critico 

Ancora oggi il Condor della California non se la passa benissimo ed è considerato uno degli uccelli più rari della Terra. Sebbene la popolazione sia in rapido aumento, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) lo pone nella categoria di minaccia più alta: In Pericolo Critico. Ma nel 1982, lo abbiamo detto, di condor al mondo ne erano rimasti soltanto 22, tutti concentrati in California. Talmente pochi che questo iconico uccello era considerato pressoché estinto. Quello che è successo negli anni successivi, e che ha del miracoloso, è un caso esemplare di progetto di recupero e reintroduzione andato a buon fine. Un’impresa titanica che continua a pieno ritmo: è di questi giorni la notizia della nascita record di 17 pulcini nel centro di recupero dello zoo di Los Angeles. Preziosissime nuove leve che andranno a raggiungere i condor che già volano liberi in natura, per rimpinguare ulteriormente la popolazione.

Condor della California in volo sopra i canyon dell’Arizona (Foto: National Park Service/J. Donohue)

Simbolo di rinascita 

Tra il 1983 e il 1987, gli ultimi 22 esemplari rimasti al mondo vennero catturati e per alcuni anni in natura non volò più un condor. Poi, grazie al programma di riproduzione in cattività coordinato dal Fish and Wildlife Service statunitense, i vari centri di recupero riuscirono a mettere insieme un gruppuscolo di giovani abbastanza sostanzioso. Nel 1992 ebbero inizio i rilasci in natura, prima in California e negli anni successivi anche in Arizona e Utah. E così, pian piano, la popolazione di Condor della California è diventata sempre più consistente, fino ad arrivare ai circa 560 individui attuali. Oggi, con un pizzico di fortuna, possiamo incrociare uno di questi giganti dell’aria mentre passa in volo planato sopra il Grand Canyon. O magari possiamo scoprirne uno appollaiato su qualche sperone roccioso appena più a nord, nella zona del Glen Canyon e del Marble Canyon. È lì che vengono rilasciati di tanto in tanto i nuovi nati, tutti dotati di trasmettitore radio o GPS per monitorarne i movimenti. Ed è spesso da quelle parti che, raggiunti i sei anni d’età, i rampolli formano le coppie inossidabili che uovo dopo uovo e pulcino dopo pulcino –tirano su un piccolo ogni paio d’anni – vanno a rimpinguare le fila di questa preziosa specie rediviva.

Guarda caso, per i Nativi Americani simboleggia proprio il trapasso e la rinascita.

Mielizia

Saperenetwork è...

Mara Marchesan
Mara Marchesan
Naturalista, consulente editoriale e giornalista scientifica. Collabora con case editrici, testate digitali e progetti europei, occupandosi dell’ideazione e stesura di contenuti informativi, divulgativi e didattici, della progettazione, redazione e traduzione di libri di scienze, dello sviluppo e gestione di attività di disseminazione e divulgazione scientifica. Spirito eclettico e curioso, ha una vocazione internazionale e multiculturale nutrita sin dalla nascita e una passione atavica per la natura nelle sue molteplici forme ed espressioni. Negli anni ha spaziato dai territori più tecnici e scientifici a quelli più arcaici e olistici, muovendosi sempre con l’entusiasmo dell’esploratore e l’animo del pioniere. Ha a cuore i temi dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile e crede che il motto “make the world a better place” non riguardi solo gli umani ma anche i nostri compagni di viaggio di tutti i regni. Oltre al mondo naturale, la appassionano il lifestyle sostenibile e le innovazioni green, la letteratura e le espressioni artistiche e tutto ciò che è fusione tra natura e cultura.
Mielizia
Mielizia
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