«Si è concluso un periodo di decadenza e inizia un cammino di crescita e redenzione. L’elettorato ha espresso una volontà di cambiamento che non ha ritorno, comincia una nuova era, un’era di pace e prosperità». Con queste parole pronunciate lo scorso 10 dicembre, si è insediato il nuovo presidente dell’Argentina, Javier Milei. Parlando dal Palazzo del Congresso, rompendo così il protocollo delle cerimonie. Un gesto che forse non è solo una provocazione, ma un primo tentativo di prendere le distanze dalle camere, dagli spazi del dibattito politico e del confronto democratico. Perchè Milei, professore di microeconomia e consulente aziendale, a partire dal 2013, negli interventi televisivi, nelle piazze, su youtube, con i suoi libri, è diventato il paladino del libertarismo, quello tanto caro agli anarcocapitalisti.
Milei, ovvero la nuova “etica” anarcocapitalista
Nessun intervento dello Stato, nessuna “casta”. Scriveva così nel 1982 Murray N. Rothbard– il principale teorico di riferimento del neopresidente- nel suo libro Etica della libertà: «Lo Stato può essere definito come l’organizzazione che possiede una o entrambe (di fatto, quasi sempre entrambe) le seguenti caratteristiche: (a) esso raccoglie le proprie entrate per mezzo della coercizione fisica (la tassazione), e (b) raggiunge un monopolio forzato della violenza e del potere decisionale ultimo su un certo territorio. Entrambe queste attività essenziali dello Stato costituiscono un’aggressione criminale e una depredazione dei giusti diritti di proprietà privata dei suoi sudditi».
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Il Piano Motosega
Per Javier Milei bisogna tagliare i ministeri, troppi per un Paese che vuole essere libero. Per un Paese dove l’aumento incontrollato dell’inflazione ( oscilla intorno al 140%) sta facendo vivere il 40% degli argenti sotto la soglia di povertà:circa 18 milioni. E allora via libera alla svalutazione del peso, dimezzato di valore del 50% rispetto al dollaro. Con il “Piano motosega” spariscono, poi, i ministeri dell’Innovazione, della Cultura, della Pubblica Istruzione, dello Sviluppo Sociale, dello Sviluppo Territoriale, del Genere e della Diversità, della Salute, dell’Occupazione, dei Trasporti, del Turismo, dell’Ambiente.
A proposito: per il friedmaniano Milei, il cambiamento climatico è soltanto «una bugia socialista», e l’Agenda 2030 un’imposizione del «marxismo culturale», al quale aderirebbe persino papa Francesco, accusato di essere «l’incarnazione del comunismo». Per ora restano in piedi altri ministeri: Economia, Infrastrutture, Interni, Giustizia, Sicurezza, Difesa, Esteri e Capitale Umano.
L’Argentina verso una nuova era di ingiustizia sociale
«Non ci sono soldi» e quindi occorre la Shock economy. In altre parole la stessa politica economica che già Naomi Klein aveva denunciato nell’omonimo libro. Quella che sfrutta cioè ciclicamente i disastri per avvantaggiare i più ricchi. In nome del libero mercato e della libertà individuale, “El loco” ha promesso di abolire la Banca centrale, di impedire l’aborto perché contrario alla vita; vuole liberalizzare la vendita e l’acquisto di armi, organi, droga. Convinto che la «giustizia sociale è ingiusta», sostenitore delle politiche di Trump e Bolsonaro, amico di Vox e dell’ultradestra globale, Javier Milei non sembra però preoccupare il Fondo Monetario Internazionale.
L’omertà del Fondo Monetario Internazionale
L’istituto con sede a Washington ha apprezzato infatti le decisioni del nuovo esecutivo argentino di tagliare la spesa pubblica, la riduzione dei trasferimenti alle province, il blocco delle opere pubbliche, l’eliminazione dei sussidi ai trasporti e all’energia. E forse anche la volontà di prendere le distanze dal gruppo dei Brics ( Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). O il pieno sostegno alle politiche Usa. Perché in fin dei conti lo slogan di Javier è chiaro: «Viva la libertad, carajo!». Slogan che non si applica però a chi protesta, ai “piqueteros”. Ha dichiarato Patricia Bullrich, ministra della sicurezza:
«È il momento di farla finita con questo metodo di protesta che l’unica cosa che ottiene è generare un disordine assoluto e penalizza quelli che voglio portare avanti le loro vite in modo normale e in pace».
Parole che cadono come un macigno sul popolo argentino a distanza di quaranta anni dalla fine della dittatura militare.