L’iscrizione che apre il nuovo film di Flavia Mastrella, La Legge, è di Elias Canetti, lo scrittore e saggista Premio Nobel di Massa e potere, un libro che di questi tempi andrebbe tenuto sul comodino e sul tavolo, aperto a caso ogni giorno e continuamente riletto. Recita:
«Chi vuole dominare sugli uomini cerca di svilirli, di sottrarre loro la forza di resistenza e diritti, finché siano dinanzi a lui impotenti come animali. Egli li trasforma in animali, e anche se non lo dice apertamente, entro di sé è sempre ben cosciente di quanto poco gli importino; parlandone con i suoi confidenti, egli li definirà pecore o gregge».
È un film unico, come unica è sempre ogni opera d’arte. Ma, trattandosi di Flavia Mastrella della coppia Mastrella-Rezza, non ci si può “accontentare” dell’elemento estetico. La Legge è un documentario, un gesto civile, un atto di accusa, una manifestazione che invece delle piazze di una volta ha stravolto il “medium” cellulare per trasformarlo da «arma di sterminio della tensione emotiva in presenza, in mezzo creativo a distanza». A distanza perché l’idea di affidare a centonovanta persone (190) la ripresa con il telefonino dei propri animali domestici e la lettura di un articolo della nostra Costituzione è arrivata in pieno lockdown. Anzi, è stata aizzata dai vari lockdown e dalle restrizioni che hanno limitato le vite di tutti, ma azzerato e umiliato quelle di coloro che alle leggi non hanno obbedito.
«Ascoltando come si parlava di noi in quei mesi, sentendo i politici che parlavano di immunità di gregge, cabina di regia, distanziamento sociale, mi sono irritata e arrabbiata»,
ha raccontato Mastrella alla prima del film di Roma, ospitata dal cinema Troisi e condotta dal critico Giovanni Spagnoletti. Cinema pienissimo e nuovo appuntamento nella capitale con la coppia degli eclettici artisti del nostro sopravvissuto panorama cultural-politico che ha appena portato sulle scene l’ultima creazione teatrale, Hybris, e in sala anche il nuovo film di Rezza, Il Cristo in gola, vangelo ateo e disperato nel bianco e nero e nell’iconografia che fu già di Pasolini.
«Ho cercato in casa e ho ritrovato il testo della Costituzione del 1972. L’ho riletta e mi sono accorta di quanto sia interpretabile. E quanto sia stata in effetti interpretata, mettendo in atto un vero e proprio abuso di potere, perché di questo si è trattato, per chi lo vuole capire». L’abbinamento con gli animali è «una critica a noi italiani, me stessa inclusa, che prendiamo le cose sempre alla leggera: la legge deve essere esercitata nel bene. Già nel 2015, per esempio, anche i diritti dei lavoratori che sono recitati nel film sono stati cancellati e non mi pare ci siano state reazioni.
«Gli animali sembrano essere rimasto il lato più umano delle persone, in genere».
Al collage partecipano persone diversissime, che nella vita si occupano di molte cose diverse, da Elisabetta Sgarbi allo stesso Spagnoletti, dal critico letterario e storico dell’Università di Roma Tre Andrea Cortellessa a tanti uomini, donne e bambini del vivere comune che si sono prestati a riprendere oche, cani, un numero infinito di gatti, e foche, mucche, rospi e lumache per far risuonare le parole che sanciscono il nostro vivere sociale e civile, illustrano i principi etici e morali che ci guidano e decretano la forma giuridica del paese Italia. Tartarughe lentissime accompagnano l’articolo 9 dei principi fondamentali che testualmente recita: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».
Pesci rossi nella boccia guardati a vista dal gatto di casa, sono le immagini per le «libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana», e del diritto d’asilo nel territorio italiano «secondo le condizioni stabilite dalla legge». Un gregge di pecore e galli nel pollaio scorrono lungo l’articolo su «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani» e le fauci spalancate di una belva di marmo fanno da controcanto all’articolo oggi più tragicamente attuale e rinnegato,
quell’articolo 11 che ci ricorda che «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Guarda l’intervento di Flavia Mastrella
Ma via via si perde la pedissequa equazione tra le riprese dei propri animali con l’articolo recitato e mentre scorrono nutrie e una razza, gatti, pappagallini e farfalle, scorre rigoroso anche l’elenco: 139 articoli più le disposizioni Transitorie e Finali per raccontare lo stato d’animo degli umani che fummo durante il cambiamento epocale avvenuto dopo il 1945, strapazzati dal rovesciamento di potere. Un elenco che nell’ora e mezza del sapiente montaggio acrobatico di Barbara Faonio induce piano piano al torpore e all’annullamento della coscienza.
«È un effetto soporifero voluto – spiega Mastrella a chi le consiglia di portarlo nelle scuole e di promuoverlo sì, ma a piccole dosi. – Va visto tutto insieme, perché solo così ci accorgiamo del sonno con cui abbiamo accolto la legge. Ci siamo addormentati e non ci ribelliamo più».