Las niñas, regista Pilar Palomero

Las niñas. Ricordo di un’adolescenza post franchista

Oltre lo schema del racconto di formazione, il film di Pilar Palomero è un'opera delicata e originale. Ritratto di un gruppo di giovanissime amiche, racconta anche la vita nella Spagna post franchista degli anni '90, momento cruciale nella storia del paese. Presentato all'ultimo Torino Film Festival
16 Dicembre, 2020
2 minuti di lettura

Las niñas, primo lungometraggio della regista Pilar Palomero, in concorso all’ultima edizione del Torino Film Festival, è un film tutto al femminile. Gli uomini fanno apparizioni fugaci e marginali: un nonno e due medici, figure positive, e il cammeo di un adolescente in discoteca, la cui domanda «Vuoi pomiciare?», rivolta con dilettantesca imperizia prima alla protagonista Celia, poi alla sua amica Cris, altro non è che lo specchio dell’imbarazzo delle ragazzine.

 

Tra amicizia e incertezza

È la storia, dagli elementi autobiografici, della fine delle certezze che hanno accompagnato Celia sin dall’infanzia, con l’arrivo della pubertà, e quella di un rapporto madre figlia, analizzato con sottigliezza e restituito con piccoli, semplici tocchi, nella Spagna del 1992. L’amicizia, nata sui banchi di una scuola di suore, è un altro dei temi portanti del racconto, che intreccia i momenti di introspezione e di solitudine di Celia, con quelli trascorsi con l’amica storica Cris e la nuova amica Brisa.

Due mondi, due immagini di donna

Tra di loro non c’è competizione, eppure Brisa è “cool”, perché arriva da Barcellona, che sarà a breve la città delle Olimpiadi, una metropoli in confronto alla capitale di provincia Saragozza dove il film è ambientato.

Diversa, per la platea della sua nuova classe o per le sorelle maggiori invidiose, perché già donna e col seno grosso, e perché orfana. Attraverso gli occhi di Celia vediamo convivere due mondi, dentro e fuori dalla scuola, e due diverse immagini della donna.

 

La regista Pilar Palomero
La regista Pilar Palomero

Crescere nella Spagna degli anni’90

Pilar Palomero ben restituisce l’ambivalenza della Spagna post franchista negli anni in cui è cresciuta, dove un sistema educativo che sembra fermo al 1940, o giù di lì, convive con un mondo di talk show televisivi (volendo di film porno) e di tette sulle copertine dei settimanali. Ma non è su questo che Celia, in fondo, si interroga. Alle copertine delle riviste che le riporta la madre dà solo un’occhiata distratta, le interessano le parole crociate; perché l’ambivalenza è anche quella dalla sua età, tra pulsioni, desideri e curiosità discordanti. Per questo il film è bello e delicato. Mai banale.

 

Guarda il trailer del lungometraggio Las niñas di Pilar Palomero

L’età per capire

Anche Celia è orfana di padre. Il suo percorso di formazione passa attraverso la crescita del suo rapporto con la madre, giovane, sola, che lavora, accudente ma che non le intreccia i capelli perché la mattina va di fretta e rimanda automaticamente al mese successivo l’acquisto di un top o di una giacca jeans. C’è, però, qualcosa che non torna. L’età di Celia è ormai quella in cui si aprono i cassetti per frugare e capire. Perché non ha mai conosciuto i nonni, di cui arrivano notizie solo attraverso le telefonate della zia? Quando muore il padre di sua madre, chiede di accompagnarla al paese. Las niñas ha vinto la Biznaga de Oro, come miglior film spagnolo, alla ventitreesima edizione del Festival di Malaga.

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