«La transizione ecologica è una sfida per la competitività di tutte le imprese: a maggior ragione per le cooperative, imprese che hanno nell’intergenerazionalità uno dei loro valori chiave». Andrea Passoni è stato di recente nominato amministratore delegato di Coopfond, il fondo mutualistico di Legacoop che punta a promuovere, rafforzare ed estendere la presenza cooperativa nel sistema economico nazionale. Laureato in filosofia, ha iniziato a lavorare nel mondo della cooperazione nel 2010. È stato responsabile del Centro Studi e del Comparto industriale del Dipartimento Produzione e Servizi, poi consigliere di amministrazione di diverse realtà cooperative e dal 2021 era vicepresidente di Coopfond. Ora guarda a questo nuovo incarico con uno sguardo fortemente centrato sui processi che l’impresa cooperativa può mettere in campo per partecipare ad una riconversione che deve essere economica ma anche sociale:
«Oggi la sostenibilità non è più solo una questione di responsabilità verso le generazioni future – dice – ma un elemento sempre più importante per ottenere la fiducia dei propri stakeholder, come per esempio fornitori, clienti e sistema creditizio».
Quali sono i processi formativi che avete messo in campo per rendere le imprese capaci di produrre innovazione?
La misura principale che abbiamo messo in campo è un sistema di accompagnamento e valutazione di impatto dei nostri interventi, con una premialità in caso di raggiungimento degli obiettivi programmati. Oggi le cooperative che richiedono un nostro intervento finanziario possono infatti scegliere se stabilire insieme a Coopfond alcuni obiettivi legati alla sostenibilità della propria attività: se al termine del periodo prestabilito questi obiettivi sono raggiunti, il fondo premia il lavoro fatto dall’impresa attraverso uno sconto sulla remunerazione prevista. Per rafforzare tutto il percorso, alle cooperative interessate offriamo anche un contributo a fondo perduto per implementare attività di formazione e crescita delle proprie competenze interne in materia di sostenibilità.
Il modello cooperativo si può innovare per far sì che possa giocare un ruolo da protagonista nei processi di transizione?
Certamente si. Per esempio, il modello cooperativo può giocare – e gioca – un ruolo di primo piano in questi processi soprattutto all’interno delle filiere dove è protagonista. La catena del valore che lega fornitori e clienti può trovare una leva importante di sviluppo verso l’orizzonte della sostenibilità proprio nelle aziende che ne sono alla guida. E da questo punto di vista, vedo un forte impegno e grandi potenzialità per il modello cooperativo. Più in generale, vedo grandi potenzialità nella cooperazione tra cooperative. Un’altra leva importante di sviluppo sono convinto che stia in processi di innovazione capaci di facilitare questa transizione, processi realizzati e gestiti in logica di open innovation. E anche in questo caso l’elemento decisivo è rappresentato dalla collaborazione e dalle sinergie all’interno dell’ecosistema cooperativo.
È possibile aprire un ciclo economico su basi nuove, ispirate alla sostenibilità?
L’apertura di un ciclo economico su basi nuove dipende da politiche industriali coerenti, e dall’orientamento dell’intero sistema economico. Per esempio, una delle sfide principali sta nel trovare un equilibrio in questa transizione. Non dobbiamo infatti dimenticare che oggi integrare la sostenibilità nella strategia aziendale ha un costo: il pericolo è che questo costo venga trasferito, e gravi, sulle parti più deboli del sistema – persone o aziende – alimentando una dinamica di aumento delle disuguaglianze che certamente non possiamo permetterci. Purtroppo, in parte, questo sta già succedendo. Per essere giusta, la transizione deve essere accompagnata da politiche industriali coerenti tra loro, e capaci di sterilizzare il più possibile questo rischio.