"Final Farewell" di Alain Schroeder, il corpo senza vita di un cuccio d'orango sul telo di un chirurgo
"Final Farewell", di Alain Schroeder, ha ottenuto il primo premio al World press photo 2020

L’orango vittima della deforestazione vince il World Press Photo

Alcune straordinarie immagini di Alain Schroeder documentano come gli oranghi di Sumatra siano sempre più minacciati dall’espandersi delle piantagioni di olio di palma, che li privano del loro habitat naturale

27 Aprile, 2020
3 minuti di lettura

Ben 4.282 fotografi partecipanti, autori di 73.996 immagini. Questi i numeri del World Press Photo, il più importante concorso di fotogiornalismo al mondo, organizzato dall’omonima fondazione olandese dal 1955. Il concorso prevede, oltre ai premi principali, otto categorie, di cui due ci stanno particolarmente a cuore, Natura e Ambiente, quest’ultima introdotta solo due anni fa.

 

Il fotografo Alain Schroeder
Alain Schroeder è il fotografo belga che ha vinto, con le immagini degli orango a Sumatra, la sezione natura del World press photo

Final Farewell

A vincere quest’anno il primo premio nella categoria Natura, sia come foto singola che come storia, è stato un fotografo belga, Alain Schroeder, che ha ritratto gli oranghi a Sumatra. Avrebbe potuto tranquillamente essere premiato per la categoria ambientale (vinta dalla fotografa ungherese Esther Horvath con una significativa foto dall’Artico), visto che la storia che sta dietro questi scatti è quella della devastazione del territorio per soddisfare i nostri consumi di olio di palma. Nell’immagine, intitolata Final Farewell (Ultima addio), vediamo infatti un orango di appena un mese che giace ormai senza vita su un telo chirurgico. Trovato con la madre ferita in una piantagione di olio di palma sull’isola di Sumatra, purtroppo non ce l’ha fatta. 

 

 

La vita degli oranghi in Indonesia del resto è minacciata dal disboscamento della foresta pluviale. Gli esemplari di Sumatra, che prima occupavano tutta l’isola, ora sono concentrati nel nord e considerati a rischio di estinzione. Costretti in piccole zone di foresta, fuori dal loro habitat e in conflitto con gli umani della zona, spesso vengono salvati da organizzazioni come il Sumatran Orangutan Conservation Programme (SOCP) che si occupa di reintrodurre gli oranghi persi, feriti o in cattività nel loro habitat naturale. I cuccioli di orango vengono reinseriti nella foresta all’età di sette o otto anni, quando lascerebbero naturalmente le madri.

Vittime della deforestazione

La storia Saving Orangutans, di Alain Schroeder, fotografo del National Geographic che ha lavorato a lungo nel continente asiatico e in Indonesia in particolare, documenta proprio questo.

Gli oranghi vivono solo in due isole del mondo, Sumatra e Borneo, dove l’espandersi delle piantagioni di olio di palma, li sta allontanando dalla foresta pluviale, il loro habitat naturale. Ne sono rimasti solo 14 mila esemplari.

L’Indonesia, infatti, è coperta dalla terza foresta tropicale più grande del mondo, ma è anche uno dei cinque Paesi che, a livello mondiale, emettono maggiori quantità di carbonio a causa della intensa deforestazione: vaste porzioni di foreste e torbiere indonesiane vengono date alle fiamme per lasciare spazio alla sempre crescente produzione di materie prime come l’olio di palma, destinato ad essere esportato in tutto il mondo.

 

Vedi le immagini vincitrici sul sito del World press photo

Le immagini della sezione natura sul sito del World press photo
Le immagini vincitrici della sezione natura

L’olio di palma insostenibile

Tra il 2010 e il 2015 numerose multinazionali e operatori di materie prime si sono impegnati a porre fine alla deforestazione in Indonesia entro il 2020. Eppure la distruzione delle foreste a causa dell’espansione delle piantagioni di palma da olio non ha mostrato alcun segno di rallentamento, anzi. Nel 2019 gli incendi hanno coperto non solo l’Indonesia, ma anche le vicine Malesia e Singapore, causando addirittura problemi diplomatici fra i Paesi.

Il rapporto di Greenpeace “Burning down the house” dimostra che le multinazionali del settore alimentare – prime fra tutte Unilever, Mondelēz, Nestlé e Procter&Gamble – e i principali commercianti di olio di palma (Wilmar, Cargill, Musim Mas e Golden-Agri Resources) continuano ad acquistare olio di palma da gruppi di produttori responsabili degli incendi che anche nel 2019 hanno devastato l’Indonesia.

Paradossalmente, due terzi di questi produttori sono membri della Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile (RSPO), che dovrebbe certificare l’olio di palma prodotto in modo sostenibile. La sostenibilità rischia così di diventare una pura e semplice etichetta per ripulire l’immagine dei produttori.

I rischi sanitari

La deforestazione è un problema anche di natura sanitaria. Sono 900mila le persone che, in Indonesia, hanno sofferto di infezioni respiratorie acute a causa della densa nube di cenere e fumo generata dagli incendi dello scorso anno.

 

Guarda lo spot di Greenpeace sull’olio di palma e la deforestazione

 

 

Sarebbe ora, insomma, che i grandi commercianti di materie prime e le multinazionali che acquistano i loro prodotti verifichino le proprie filiere per non essere complici della deforestazione, mentre i governi nazionali e l’Unione europea potrebbero introdurre una normativa che garantisca che il cibo che mangiamo e i prodotti che utilizziamo non siano prodotti a discapito dell’ambiente, degli oranghi e della popolazione locale.

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