Oscar e il suo collega, Gerard, decidono di recarsi nell’isola di Lesbo, dove scoprono che ogni giorno migliaia di persone rischiano la vita cercando di solcare il mare con imbarcazioni precarie e nessuno sta svolgendo attività di salvataggio. Insieme a Esther, Nico e agli altri membri della loro squadra, lotteranno per compiere il lavoro disatteso dalle autorità e per portare a migliaia di persone l’aiuto di cui hanno bisogno.
Dalla parte giusta
«Il nostro non è una film politico – ha detto il regista Marcel Barrena ai giornalisti in occasione della conferenza stampa– ma se i fascisti si sono arrabbiati, significa che siamo dalla parte giusta».
La parte di quelli che non accettano si lascino esseri umani ad affogare per dissuadere altri esseri umani a intraprendere la traversata. «Non spetta a noi trovare soluzioni, a noi spetta salvare vite umane. Sono i politici che devono trovare soluzioni, ma ci vorranno almeno vent’anni perché ci siano politici, intellettuali, statisti non mediocri come quelli di adesso», ha tuonato Oscar Camps, il bagnino di Badalona che ha sempre protetto la vita delle persone, che fosse dall’irritazione di una medusa o da un’insolazione; ha sempre rispettato la legge del mare: non si lascia morire nessuno in acqua. È seguendo quella legge antica, codificata nel 1982 dall’art. 98 della Convenzione della Nazioni Unite sui diritti del mare (sottoscritta da 155 Stati, stabilisce l’obbligo di prestare soccorso a chiunque sia in mare in condizioni di pericolo), che Camps decide di andare a Lesbo, l’isola greca a pochi chilometri dalla costa turca in cui nel 2015 sono sbarcati la metà dei 856.723 migranti arrivati nell’intera Grecia.
Numeri e persone
«L’Unione Europea sta trasformando il Mediterraneo in una fossa comune», denuncia il Camps del film, interpretato da un gigantesco Eduard Fernandez, nella prima intervista che decide di rilasciare per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione; intervista in cui continua a ripetere di non essere un politico, di non avere una soluzione, ma di essere certo che non ci si può tirare indietro se c’è da allungare una mano a qualcuno che sta affogando.
Responsabilità e emozioni
«Ci auguriamo si faccia giustizia – ha commentato Camps durante la conferenza romana – perché è stata inflitta dell’inutile sofferenza a gente che aveva sofferto già abbastanza per violenze, fame, stupri, umiliazioni, solo per la propria personale campagna elettorale».
Per non dimenticare
Il film, che dovrebbe essere fatto vedere in tutte le scuole, in tutte le bocciofile, in tutte le piazze dell’Unione Europea, è dedicato a chi è morto in mare, a chi ce l’ha fatta e agli abitanti di Lesbo.
Sono stati in tanti, pur guardando con iniziale timore e sospetto sia i profughi sia i loro salvatori, a non indugiare neanche un attimo quando c’è stato da mettere in acqua barche e pescherecci per scongiurare una tragedia pari a quella di Lampedusa (ma anche al tristemente noto naufragio della Katër i Radës, del 1997, in cui persero la vita almeno 90 albanesi in rotta di collisione con una corvetta della Marina Militare italiana).
In tanti ad allungare una coperta o un pezzo di pane ai sopravvissuti. Erano stati candidati al Nobel per la Pace, nel 2016, dopo che l’immagine di un’anziana che allatta un neonato siriano aveva fatto il giro del mondo. Oslo, però, ha preferito il presidente della Colombia Juan Manuel Santos, che ha guidato il Paese verso il processo di pace con i guerriglieri Farc. Ora, c’è un piccolo riscatto per tutti loro: «Mi auguro che il messaggio arrivi a quanta più gente possibile – ha detto Barrena – Né il film né io abbiamo la pretesa di avere delle risposte: ci facciamo solo da tramite e raccontiamo affinché nessuno dimentichi».
La historia de @openarms_fund estaba ahí, ¿pero cómo construir el guión para hacer de ella una película? Aquí os avanzamos algunas claves ? El resultado, ¡YA EN CINES!
? https://t.co/F42jo4En64 ?@DeAPlaneta @MarcelBarrena @lastormedia @ArcadiaMotion @FastenFilms pic.twitter.com/7HNQvgV2mN— Mediterráneo Película (@MediterraFilm) October 18, 2021