All that burns melts into air, 2020, di Mònica De Miranda. Alla mostra Out of Time, a Ferrara, fino al 29 maggio

Out of Time. La Biennale Donna riparte dalla natura, tra arte e impegno sociale

A Ferrara la mostra presso le Gallerie d'Arte contemporanea accoglierà i visitatori fino al 29 maggio. Tra botanica, geologia, tecnologia e antropologia, è un percorso sensoriale attraverso le opere di cinque artiste internazionali
25 Maggio, 2022
3 minuti di lettura

Il progetto Out of time. Ripartire dalla natura ci porta in un contesto di silenzio e riflessione, dove è possibile immergersi tra i cinque elementi, attivando il proprio sesto senso, ritrovando il vero tempo interiore e provando a dare una personale risposta partecipata ad uno dei temi più caldi di questo periodo: lo sfruttamento della natura da parte dell’essere umano. L’evento si tiene a due passi dalla rinnovata Piazza Ariostea di Ferrara, che negli stessi giorni ospita il famoso Palio medievale. Si trova qui infatti il Padiglione d’Arte Contemporanea (Pac) che ospita fino al 29 Maggio la XIX Biennale Donna promossa dall’Unione Donne in Italia (Udi) di Ferrara, con il patrocinio del Comune estense: una preziosa occasione per accostarsi alle opere di cinque artiste internazionali, ovvero Mónica De Miranda (Portogallo/Angola, 1976), Christina Kubisch (Germania, 1948), Diana Lelonek (Polonia, 1988), Ragna Róbertsdóttir (Islanda, 1945) e Anaïs Tondeur (Francia, 1985).

 

 

Una mostra gioiello, con artiste di età, provenienze e visioni diverse, di cui Silvia Cirelli, curatrice insieme a Catalina Golban, ci racconta la genesi:

«Abbiamo voluto offrire diverse modalità di lettura e varie prospettive, richiamando l’attenzione sulle ripercussioni sia sull’ambiente che ci circonda, sia sui tessuti sociali. Le artiste si differenziano per la prospettiva stilistica e linguistica, utilizzano infatti mezzi espressivi diversi, l’installazione, la scultura, il video o la fotografia. Ma soprattutto sul piano narrativo, perché esplorano il tema ambientale toccando l’interdisciplinarità del dibattito ecologico».

 

Silvia Cirelli, curatrice insieme a Catalina Golban della Biennale Donna

 

La struttura della mostra riesce a creare un dialogo fluido tra questi fattori risvegliando i sensi del pubblico. L’esposizione delle opere, accuratamente selezionate e disposte a debita distanza l’una dall’altra, dilata la percezione, in maniera che la vista ed i pensieri possano spaziare nelle sale, accostando gli stimoli sensoriali e generando una sorta di meditazione.

«Noi donne abbiamo una sensibilità diversa nei confronti della natura, per questa ragione il Comitato Biennale Donna ha sentito l’esigenza di proporre un tema sollevato negli ultimi anni dai movimenti ambientali soprattutto delle giovani donne, poiché il Futuro è nelle loro mani» spiega la Responsabile dell’UDI, Liviana Zagagnoni.

 

 

La Biennale Donna Ferrara è nata nel 1984 da un’idea di Ansalda Siroli, allora presidente di Udi, per festeggiare «un 8 marzo diverso dalla solita mimosa», riprende Zagagnoni.

È l’unica manifestazione in Europa, con questa scadenza e continuità, che riesca a lavorare con artiste importanti di qualsiasi continente.

«Il fatto che ci inorgoglisce maggiormente – riprende la Responsabile – è che sia recepita per il suo vero senso ed obiettivo, sin dall’inizio: una mostra che vuole dare più opportunità e possibilità alle donne di esporre ed esprimere la propria arte e pensiero, sia oggi come in passato».

 

Liviana Zagagnoni, responsabile dell’Udi

 

Le artiste selezionate per l’edizione 2022 vantano anche una forte correlazione con il mondo scientifico, fra botanica, geologia, tecnologia e antropologia al fine di sollecitare vista, olfatto, tatto e udito. Ne consegue un’esperienza immersiva, durante la quale il visitatore s’interroga sul limite che si deve porre l’essere umano nella propria interazione con la natura. «Le cinque artiste dunque, indagano l’interazione e la possibile alleanza tra gli essere umani e la natura con una molteplicità di canali interpretativi ma anche di contesti sociali, geografici e culturali», riprende Silvia Cirelli. Un evento di grande significato sociale, insomma, com’è nella tradizione degli eventi promossi dall’Udi:

«In alcune edizioni precedenti della Biennale Donna, le opere volevano “scuotere” lo spettatore con tematiche forti ed incisive come la violenza, le dinamiche del potere, la censura o il ruolo della donna in alcuni scenari culturali. Ma ritengo che a suo modo, anche quest’edizione abbia un forte valore partecipativo, perché stimola riflessioni universali che richiedono un’urgente attenzione».

E le opere, con la loro bellezza metafisica, restano come un monito sulla fragilità della natura, conclude Cirelli:

«Sembra che ciò che avviene intorno a noi non ci riguardi, ed è forse questo, che ci fa pensare “tanto saremo ancora in tempo per cambiare il corso delle cose”. Questa, purtroppo, è una grande utopia, perché siamo già chiaramente “out of time”».

 

Anaïs Tondeur in collaborazione con Jean-Marc Chomaz Memory of the Ocean, 2014
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