Landscape zero

Paesaggio zero. In Croazia, tra apocalisse e rinascita

Presentato in anteprima italiana in occasione del Trieste Film Festival 2021, “Paesaggio zero” di Bruno Pavić è un documentario che racconta il rapporto tra esseri umani e ambiente nell’area costiera di Spalato, in Croazia
2 Febbraio, 2021
2 minuti di lettura

Alle porte di Spalato, sulla costa dalmata, c’è un “paesaggio zero”, un territorio post-apocalittico dove sparuti gruppetti famigliari fanno il bagno in un mare plumbeo e inquinato e donne di mezza età mungono capre che vivono tra pneumatici abbandonati all’interno di relitti industriali. Dal cartello “opasnast”, pericolo, a causa dell’amianto nell’aria fino alle falde acquifere compromesse dalle discariche a cielo aperto, il documentario Nulti Krajolik (Paesaggio zero) di Bruno Pavić, presentato in anteprima italiana al Trieste Film Festival 2021, è una discesa negli inferi di una popolazione che finge la normalità di una natura stuprata. 

 

L’altro volto della Croazia

Il regista croato, nato a Zagabria nel 1988, dopo il film Vlog del 2014, torna dietro la macchina da presa e sceglie di raccontare la vita delle persone dell’area costiera di Spalato, alcune in lotta per la sopravvivenza tra le pericolose installazioni, altre che vi convivono tranquillamente, adattandosi come anche gli animali, a un ambiente degradato. 

«Il titolo – spiega Pavić – può essere interpretato come il paesaggio di un disastro industriale. Ma il significato va oltre l’ecologia; può anche essere usato per interpretare il contesto antropologico della relazione tra esseri umani, natura e cultura, industria e attivismo ambientale».

Un racconto in immagini e suoni

Il regista ha scelto così di non accompagnare con le parole le immagini che si susseguono nei 70 minuti del suo lavoro, lasciando ai suoni “disegnati” da Vjeran Šalamon e a quelli emessi dalla natura – il vento, il belato delle capre, lo scrosciare dell’acqua – il compito di fare da contrappunto al suo racconto; a fotografie e manifesti di spiegare lo scempio che in quel pezzo di terra è stato perpetrato.

 

L’ultima fabbrica di eternit

La fabbrica di Salonit, infatti, nella Dalmazia centrale, è stata l’ultima a produrre eternit in Europa, quell’impasto di amianto e cemento molto utilizzato nell’edilizia fino a qualche anno e pericolo eterno per la salute. Cancro al polmone e mesotelioma, il tumore della pleura, sono i due mali che si accaniscono sui lavoratori che hanno inalato le fibre dell’amianto finché l’impianto è stato aperto.

 

 

Storia d’amianto e d’orrore

Dall’entroterra, si dispiegano fino al mare in tutto il loro orrore gli stabilimenti con i loro camini dove “è in agguato la morte”. Il film di Pavić denuncia però anche l’amianto strappato dai tetti e gettato in discariche a cielo aperto, la plastica che soffoca la campagna, corsi d’acqua sempre più impoveriti di bellezza e di vita; condanna senza appello amministrazioni miopi e consenzienti che per anni hanno abbandonato gli ultimi in un habitat ormai inospitale per qualsiasi essere vivente, lasciando che l’aria irrespirabile lambisse anche il lungomare con il suo ciottolato e le sue palme.

Tra terra, aria e acqua

E se terra e aria sono state contaminate, non è andata meglio all’acqua. Fiumi, cascate, mare: non c’è rivolo che non abbia subito la potenza distruttiva dell’uomo. Crudele ironia appaiono quei fotogrammi girati nel cimitero, dove sono relegati i pochi fiori presenti nell’intero documentario: colore e splendore sono roba da morti, insomma.

 

Guarda il trailer di Landscape zero di Bruno Pavić

 

Un finale per ripartire

Ricco di informazioni, pur nell’assenza di spiegazioni didascaliche di eventi e processi, Paesaggio zero di Bruno Pavić, nelle tante immagini potenti e poetiche insieme, pecca qua e là di un eccesso di retorica – l’insistere dell’operaio con la maschera del gas, dell’uomo in completo nero, del prete-druido – che diminuisce l’impatto visivo di molti degli errori mostrati. Resta potente il finale di speranza, con il sole in lontananza: laddove lo zero del paesaggio appare non solo come la sua distruzione ma anche come la possibilità, in fondo, di poter ripartire da capo e ricominciare in nome di un mondo migliore.   

 

Mielizia

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Francesca Romana Buffetti
Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
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