Salvo Lombardo, performer, coreografo e regista, fondatore del gruppo Chiasma
Salvo Lombardo, performer, coreografo e regista, fondatore del gruppo Chiasma (Foto: Paolo Porto)

Per un teatro ecologico e interconnesso. A colloquio con Salvo Lombardo

Scrittura coreografica, teatro, performance e “community art”.  Il coreografo e regista che ha fondato il gruppo Chiasma di Roma racconta i suoi progetti. Fra ambientalismo e ricerca dell’altro 

9 Ottobre, 2020
3 minuti di lettura

«Tutto inquina. Le mie produzioni, le mie tournée, il digitale che utilizzo nelle performance e negli spettacoli. È difficile, anzi impossibile, uscirne innocenti». Parte così, con uno scarto semantico, la nostra chiacchierata con Salvo Lombardo, performer, coreografo e regista, fondatore del gruppo Chiasma, da sempre interessato agli sconfinamenti linguistici tra scrittura coreografica, teatro, performance art e “community art”. Da oltre due anni, il suo progetto L’esemplare capovolto declina in forme spettacolo molteplici (performance, video-installazioni, workshops, video, talks…) le domande intorno all’approccio culturale dell’alterità, del dominio e dello sfruttamento, dell’antropocene e della relatività dello sguardo che indaga, analizza, interpreta.

 

Salvo Lombardo durante il progetto Opacity (Foto: Isabella Gaffè)
Salvo Lombardo durante il progetto Opacity (Foto:Isabella Gaffè)

 

«Questa  consapevolezza – continua Lombardo – mi ha però aiutato a pensare all’ecologia come ad una pluralità di sistemi e di rapporti. A dire che non possiamo sperare di cavarcela occupandoci solo di ambientalismo; la vera sfida è di connettere lo sfruttamento della terra a quello del corpo, dei corpi. E così, ogni discorso sull’ambiente travalica la natura, diventa immediatamente culturale, antropologico. In fondo, l’ambientalismo è un tema ‘bianco” in cui il capitalismo gioca un ruolo scatenante, ma non è certo l’unico problema in campo».

 

Guarda il trailer di Excelsior di Salvo Lombardo

 

Ecologia e decolonizzazione

«È un progetto tentacolare, rizomatico, che ha trovato espressioni e formati molto diversi, germogliati da un interesse storico e culturale molto forte sul colonialismo e il post-colonialismo. È stato molto interessante ritrovare le riflessioni da cui hanno preso le mosse i miei spettacoli e le mie installazioni negli studi di Malcolm Ferdinand e nel suo Une écologie décoloniale. Penser l’ecologie depuis le monde caribéen uscito l’anno scorso per Seuil. Ferdinand ci ricorda che la crisi ecologica ha inizio proprio a partire dalle imprese coloniali e di conquista di altri popoli, da quella certa maniera di abitare la Terra dell’uomo bianco come se avessimo la legittimità di appropriarcene per il profitto di alcuni».

L’abitare coloniale e l’incontro con l’altro

Un fenomeno molto meno recente di quel che ci fa comodo pensare? «Esattamente. Questo “abitare coloniale” che oggi è plateale, risale all’arrivo di Colombo in America: l’incontro violento degli Europei con i cosiddetti Amerindi coincide con il momento nel quale le terre emerse vengono definite nei loro ‘contorni’. Da qui si parte per quantificare le risorse disponibili sul pianeta, distribuendole iniquamente dopo averle accantonate grazie al sangue e al sudore degli schiavi. Eppure, per secoli ci siamo convinti che quei neri erano una razza inferiore da sfruttare e emancipare».

L’esemplare capovolto, apoteosi dell’umanità incivilita

Il conflitto tra luce e oscurantismo, progresso positivista e regressione del “buon selvaggio” Lombardo l’ha inaugurato in scena nel 2018 con Excelsior, riscrittura in forma di performance coreografica e multimediale del Gran Ballo Excelsior che nel 1881 debuttò alla Scala e nel 2015 è stato ripreso all’Expò, “apoteosi dell’umanità incivilita” (e conquistatrice) che a suo tempo, con 508 persone in scena senza contare cammelli, elefanti e cavalli, conquistò l’Italia neo-nata. Ma L’esemplare capovolto si compone anche delle variazioni di Opacity, del workshop Tiergarten realizzato con gli studenti di architettura dell’università di Firenze, dell’installazione multimediale Jungle Soul e dei laboratori di Surface, il Festival di sguardi post-coloniali.

 

Guarda l’intervento di Salvo Lombardo sul progetto Excelsior

 

 

Equilibri silenziosi

«L’intreccio tra i problemi ambientali e le politiche di sfruttamento dell’uomo sull’uomo – prosegue l’artista – dovrebbe nutrire con forza il pensiero ecologico del presente, inteso nell’intreccio di interazioni complesse e non gerarchiche tra l’uomo e l’ambiente. Non soltanto il co-esistere nel mondo, ma un “mondeggiare” collaborativo. Un fare mondo ricco di interazioni fatte di equilibri silenziosi, e invisi alle regole del capitalismo, dalla grande metropoli, alla piccola città, alla foresta pluviale».

L’ecologia che genera parentele

Cos’è ecologia per te e il tuo lavoro? «Il coltivare una sensibilità all’interconnessione, una postura capace, come dice Donna Haraway in un altro testo fondamentale, Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto di generare parentele, gentilezza, cura. Infine, un agire che riveda i propri canoni di bellezza, di armonia, di equilibrio, che ancora oggi sono incentrati su precisi schemi di inferiorizzazione della natura e di inferiorizzazione, inevitabilmente razziale e etnocentrica, dell’uomo sull’altro (i neri, le donne, le minoranze di qualunque tipo) e sul mondo animale». Nel frattempo, lo spettacolo Excelsior, dopo una tappa a MilanOltre – Teatro Elfo Puccini, ultima replica italiana del 2020 prima di approdare al Chaillot – Théâtre national de la Danse, i prossimi 15-16-17 ottobre, ritornerà alla sua versione espansa con 17 danzatori e danzatrici in scena, grazie alla collaborazione con Conservatoire National Supérieur de Musique et de Danse de Paris e Istituto Italiano Di Cultura – Paris. 

 

Donna Haraway, è una filosofa e docente statunitense, capo-scuola della teoria cyborg, una branca del pensiero femminista che studia il rapporto tra scienza e identità di genere
Donna Haraway è una filosofa e docente statunitense, capo-scuola della teoria cyborg, una branca del pensiero femminista che studia il rapporto tra scienza e identità di genere
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Stefania Chinzari
Stefania Chinzari è pedagogista clinica a indirizzo antroposofico. Si occupa di pedagogia dal 2000, dopo che la nascita dei suoi due figli ha messo in crisi molte certezze professionali e educative. Lavora a Roma con l’associazione Semi di Futuro per creare luoghi in cui ogni individuo, bambino, adolescente o adulto, possa trovare l’ambiente adatto a far “fiorire” i propri talenti. Svolge attività di formazione sui temi delle difficoltà evolutive e di apprendimento, della genitorialità consapevole, dell’eco-pedagogia e dell’autoeducazione.
Giornalista professionista e scrittrice dal 1992, il suo ultimo libro è "Le mani in movimento" (2019) sulla necessità di risvegliarci alle nostre mani, elemento cardine della nostra evoluzione e strumento educativo incredibilmente efficace.
E’ vice-presidente di Direttamente ets che sostiene la scuola Hands of Love di Kariobangi a Nairobi per bambini provenienti da gravi situazioni di disagio sociale ed economico.
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