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drone in agricoltura

Nove miliardi a tavola. La scienza nell’era dell’agricoltura 4.0

Il nostro Pianeta sta fronteggiando gli effetti dei cambiamenti climatici e il crollo delle risorse disponibili. Come potremo produrre abbastanza cibo per tutti? Il genetista Mauro Mandrioli ci parla del ruolo cruciale delle nuove tecnologie per affrontare le sfide del presente e del futuro
12 Ottobre, 2020
4 minuti di lettura
Nove miliardi a tavola, copertina

Nove miliardi. Il rapporto delle Nazioni Unite “World Population Prospects 2019: Highlights” ha rivelato che nel mondo ci saranno nove miliardi di abitanti entro il 2050. Due miliardi in più rispetto a oggi di bocche da sfamare, in un Pianeta in cui il clima sta cambiando e le risorse scarseggiano. Come potremo portare nove miliardi di persone a tavola tra poco più di 25 anni? Mauro Mandrioli, genetista dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ci guida attraverso le possibili soluzioni nel volume pubblicato per Zanichelli, a cura di Stefano Dalla Casa, giornalista e comunicatore scientifico.
Dalla rivoluzione neolitica all’agricoltura di precisione Mandrioli squarcia il velo di Maya di una narrazione bucolica e rassicurante dell’agricoltura “buona e naturale” – spesso raccontata da un certo tipo di marketing – e fa luce sulla reale essenza della coltivazione della terra, dalla preistoria sino ai giorni nostri: l’agricoltura è scienza e innovazione.

 

Mauro Mandrioli
Mauro Mandrioli, genetista presso l’Università di Modena e Reggio Emilia

 

Lo era già agli albori, nel Neolitico, quando gli uomini hanno iniziato a selezionare alcune delle piante che potevano essergli utili. Come il teosinte, l’antenato del mais. A guardarlo bene, non direste che i due siano parenti: il primo era una spighetta di meno di una decina di semi e che non superava 5 centimetri di lunghezza quando, 10.000 anni fa, gli esseri umani cominciarono a coltivarlo. La domesticazione, la selezione artificiale, lo ha trasformato in una pannocchia di mais che può arrivare a essere lunga 40 centimetri e contenere mille semi. Questo era solo il principio: nei secoli il mutare del contenuto tecnologico dell’agricoltura ha portato all’introduzione delle tecniche di coltivazione, della patologia vegetale, della meccanizzazione e della genetica. C’è stata la Rivoluzione verde, con l’avvento di nuove varietà ibride ad alto rendimento e l’esteso uso di prodotti chimici, soluzioni che sul lungo periodo hanno presentato un conto salato in termini di danni ambientali. L’ultimo atto di questa storia è l’agricoltura 4.0. Tra droni, robot, genetica, microbiologia e blockchain. In cosa consiste l’agricoltura 4.0? Questa è la definizione che ne dà Mauro Mandrioli:

«L’agricoltura 4.0 è la nuova visione dell’agricoltura pensata per quello che ci aspetta. Deriva dalla fusione di pratiche agronomiche di precisione con l’ingegneria informatica (la cosiddetta Internet of farming). Consente l’utilizzo armonico e interconnesso di diverse tecnologie per il miglioramento della resa e della sostenibilità delle coltivazioni, assicurando però una elevata qualità produttiva e migliori condizioni di lavoro per gli agricoltori».

La crescita demografica e i cambiamenti climatici richiedono soluzioni che mettano in campo, nel vero senso della parola, strumenti che siano in grado di ridurre lo spreco di terra e acqua, aumentare la resa delle coltivazioni, diminuire quanto più possibile l’uso di pesticidi e fertilizzanti e di garantire la trasparenza delle filiere agroalimentari, di quel percorso che qualsiasi cibo attraversa per arrivare nelle nostre cucine. Come avevo accennato, ciò che cambia nell’evoluzione dell’agricoltura è il contenuto tecnologico e nel 2020, fortunatamente abbiamo opportunità che erano inimmaginabili fino a solo qualche anno fa. I capitoli di “Nove miliardi a tavola” sono un percorso a tappe, non senza qualche vertigine, nell’agricoltura di precisione. Leggendo scoprirete che si può diversificare l’irrigazione di un appezzamento di terreno coltivato a seconda delle zone che più necessitano di acqua, attraverso l’analisi di particolari immagini raccolte dai droni, modelli matematici, sensori e app, e che, nello stesso modo, si può contenere l’uso di prodotti chimici contro infestanti e parassiti. Comprenderete che la genetica è sempre stata alla base del lavoro del contadino e che oggi, grazie all’editing genomico, possiamo procedere a una nuova domesticazione delle piante e allo sfruttamento del già incredibile lavoro dei microrganismi presenti nel suolo. Vi affaccerete verso un futuro di fattorie verticali high-tech e, finalmente, capirete cos’è, come funziona e come può essere applicata alla filiera agroalimentare la tanto famosa quanto incompresa blockchain.

 

Guarda l’intervento di Mandrioli sulla mappatura del genoma

 

 

Per poter aggiungere un posto a tavola ci vuole coraggio Nove miliardi a tavola è un’opera che va controcorrente rispetto a uno storytelling che stereotipizza da tempo l’agricoltura biologica, quella sempre “buona” dei nostri nonni, e l’agricoltura convenzionale, quella del “non naturale”, della “chimica” che fa male all’ambiente e all’uomo. Come in tutti gli ambiti, anche in questo caso, le semplificazioni sono fuorvianti. Mandrioli scrive nelle prime pagine del testo:

«Tutti vogliamo acquistare alimenti «naturali» e prodotti in modo sostenibile, e molti pensano che questo significhi tornare all’agricoltura del passato, quella dei nostri nonni. È un’immagine suggestiva, ma non realistica. Oggi l’agricoltura deve affrontare sfide senza precedenti, come la crescita demografica e i cambiamenti climatici, e non sarà con gli strumenti delle nostre nonne che i nostri nipoti potranno vincerle. Possiamo anche immaginarci mulini bianchi in cui affascinanti contadini parlano con le galline, ma l’agricoltura diventerà sostenibile solo se sapremo fornire agli agricoltori nuove varietà vegetali e nuove tecnologie».

 

 

 

Dobbiamo impegnarci ad allenare il pensiero critico, senza polarizzare il dibattito. È necessario documentarci e non essere prigionieri della paura (pensate alle applicazioni della genetica, un argomento che è un nervo scoperto per molti ed è fortemente strumentalizzato dalla politica). Tra le righe del libro c’è anche un altro messaggio e riguarda il nostro apporto di cittadini, affinché i posti a tavola siano sufficienti. Abbiamo il diritto e dovere di informarci sulla provenienza del cibo che mangiamo, sul suo impatto ambientale in termini di produzione di gas serra e di sfruttamento delle risorse.

Mandrioli ci mette in guardia: non è facile orientarsi, non è tutto bianco e nero e, paradossalmente, potrebbe essere più sostenibile “mangiare banane coltivate e importate dal Costa Rica, che una bistecca di manzo dell’allevamento accanto a casa”. Bisogna scegliere consapevolmente e farlo non è così facile.

Mielizia

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Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Laureata in Scienza e Tecnologie per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali, dottore di ricerca in Geomorfologia e Dinamica Ambientale, è infine approdata sulle rive della comunicazione. Giornalista pubblicista dal 2014, ha raccontato storie di scienza, natura e arte per testate locali e nazionali. Ha collaborato come curatrice dei contenuti del sito della rivista di divulgazione scientifica Sapere e ha fatto parte del team della comunicazione del Festival della Divulgazione di Potenza. Ama gli animali, il disegno naturalistico e le serie tv.
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