Customise Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorised as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyse the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customised advertisements based on the pages you visited previously and to analyse the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

persone coinvolte nell'incidente di Bhopal, sedute a terra
Una foto storica di persone coinvolte dal disastro ambientale (Fonte: Youtube, @DWdocumentari)

Ricordando Bhopal e tutte le Bhopal del mondo

Quarant'anni fa il più grave disastro ambientale di tutti i tempi ha lasciato ferite profonde nella popolazione colpita, oltre 500 mila superstiti. Che non hanno mai smesso di chiedere giustizia
3 Dicembre, 2024
3 minuti di lettura

Sono passati 40 anni da quella tremenda notte, ma giustizia non è ancora stata fatta. La notte del 3 dicembre 1984 a Bhopal, in India, da un impianto di pesticidi della Union Carbide, azienda chimica americana, si verificò una massiccia fuoriuscita di una sostanza chimica velenosa, chiamata isocianato di metile. Un composto estremamente tossico che causa danni irreversibili agli organismi. Si è calcolato che solo nei primi tre giorni dopo la fuoriuscita, siano morte 8.000 persone. E si stima che nel corso del tempo, più di 22.000 persone siano decedute a causa dell’esposizione al gas e più di mezzo milione siano rimaste menomate a vita. I sopravvissuti di Bhopal hanno dovuto affrontare problemi di salute cronici e assistere alla nascita di tre generazioni con malformazioni congenite. Subendo, oltre il danno sanitario ed economico, quello ambientale. Il sito è stato infatti abbandonato e mai bonificato e come denunciano gli stessi abitanti, tutt’ora le falde acquifere sono contaminate, a causa dello smaltimento, senza messa in sicurezza, dei rifiuti velenosi prodotti dall’impianto.

Un disastro senza responsabili

Il disastro ambientale di Bhopal, come riporta la School of Public Health di Harvard, è stato definito il peggior incidente industriale di sempre. Eppure, ad oggi, chi ha ucciso e inquinato non ha pagato. Un crimine nel crimine, soprattutto apprendendo che la Union Carbide, dal 6 febbraio 2001, società interamente controllata da Dow Chemical Company, la seconda multinazionale della chimica al mondo, ha rifiutato ogni responsabilità. Secondo la testimonianza di Racha Dhingra, rappresentante della International Campaign for Justice in Bhopal, il coordinamento delle organizzazioni di sopravvissuti, intervenuta nella stessa università americana lo scorso settembre: «Il disastro continua a uccidere e a rendere invalida una nuova generazione. I responsabili continuano a godere di vite felici e ricche. Le multinazionali continuano a fare affari come sempre. (…). E la Dow Chemical ha rifiutato di ripulire il sito ancora contaminato perché non possedeva l’azienda al momento dell’incidente». All’indomani del disastro ambientale, infatti, la Union Carbide ha patteggiato parzialmente le proprie responsabilità, raggiungendo un accordo, nel 1989, di 470 milioni di dollari con il governo indiano, che corrispondeva a circa 500 dollari a persona, rammenta Dhingra.

Le richieste della società civile

Anche per tutti questi motivi le associazioni nel 40esimo anniversario del più grave disastro ambientale del mondo, rivendicano giustizia penale con azioni legali severe contro Dow Chemical, Union Carbide e le aziende indiane che hanno continuato a distribuire i prodotti della multinazionale. Richiedono risarcimenti per i danni sanitari, incluse malformazioni congenite e contaminazione ambientale, e l’integrazione dei risarcimenti per ogni vittima. Chiedono cure mediche gratuite per gli esposti alla contaminazione, il rilancio della ricerca sui danni a lungo termine e l’istituzione di un fondo per la riabilitazione sanitaria e sociale. Sul piano economico e sociale, esigono l’uso dei fondi bloccati per lavoro e pensioni, nuove abitazioni per gli sfollati e un aumento delle pensioni per le vedove del disastro. Infine, invocano la bonifica completa del sito contaminato da parte di Dow Chemical e interventi governativi per garantire acqua potabile sicura e valutazioni ambientali indipendenti.

Bhopal, la prima zona di sacrificio al mondo

Richieste che suonano davvero simili a quelle fatte dalle comunità, in Italia e in Europa, che vivono nei siti più inquinati, dai cosiddetti Siti di interesse nazionale (SIN) alle “Sacrifice Zone” come Taranto e il Veneto inquinato dai PFAS, individuate dalle Nazioni Unite, ribadendo ciò che in occidente si fa ancora fatica ad ammettere: il crimine d’impresa è la più grande minaccia alla sopravvivenza umana e al nostro ambiente. All’appello dei sopravvissuti di Bhopal, che sta facendo il giro del mondo e che da sempre è stato accolto dal Tribunale Permanente dei Popoli che ha formulato una Carta dei rischi industriali e dei diritti umani, hanno risposto, nelle scorse ore, gli esperti delle Nazioni Unite.

lo stabilimento di bhopal dove avvenne l'incidente
Lo stabilimento in cui avvenne l’incidente, oggi (Foto: YouTube, @DWdocumentary)

La risposta dell’ONU

«La tragedia di Bhopal riflette i rischi e i danni derivanti dal trasferimento di tecnologie sporche o pericolose ai Paesi del Sud globale. I risarcimenti per le vittime sono stati inadeguati, in palese violazione dei Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani. Anche i meccanismi per incanalare i risarcimenti sono stati inefficaci. Gli sforzi del governo indiano per fornire assistenza medica sono stati insufficienti. Le proteste pacifiche per chiedere rimedi adeguati sono state pesantemente represse. Dopo quattro decenni, i procedimenti giudiziari sono ancora in corso nei tribunali indiani, mentre il sito contaminato continua a diffondere indigenza, malattie e morte. Per anni la Union Carbide ha eluso i processi penali, con il sostegno del governo degli Stati Uniti che non ha collaborato efficacemente con l’India. Nonostante le prove schiaccianti su come l’azienda statunitense abbia fornito tecnologia e condotto la supervisione dell’impianto di Bhopal, i tribunali americani hanno negato giustizia alle vittime della fuga di gas e della contaminazione ambientale in corso». Tutte motivazioni per non lasciare soli i sopravvissuti di Bhopal che ci ricordano, tra i loro 10 insegnamenti, come

«l’inquinamento industriale e il cambiamento climatico, le due maggiori minacce per la vita sul pianeta Terra, siano conseguenze del crimine d’impresa. Una giustizia esemplare a Bhopal e in tutte le Bhopal del mondo è fondamentale nella battaglia per la sopravvivenza del pianeta».

Mielizia

Saperenetwork è...

Rosy Battaglia
Rosy Battaglia
Giornalista d’inchiesta e civica, pasionaria del diritto di sapere e della trasparenza. Nata come blogger e redattrice sociale, nelle mie tante vite sono stata anche una critica teatrale. Grazie a Sapereambiente tanti fili rossi si riuniscono intorno alla bellezza e al bisogno continuo di conoscenza. Di umanità che non si arrende, nella natura, nella cultura, nella musica. Alla ricerca di buone storie all’insegna della sostenibilità e di un cambiamento possibile.
Mielizia
Mielizia
Resto sfuso

Agenda Verde

Librigreen

Fabio Deotto, "Come ne usciremo"

Viaggio nel 2040, quando la transizione sarà compiuta. Otto visioni possibili

Autore:

Cosa accadrebbe se tra qualche anno non saremo neppure in grado di ricordare il nostro tempo? Non perché saranno trascorsi troppi anni, ma per una for

Il favoloso mondo delle piante

Un abete più vecchio delle piramidi e tanto altro. Nel mondo delle piante con Mancuso e Giordano

L’essere vivente più vecchio del mondo? Forse non tutti sanno che si tratta di un albero. È Tjikko, un abete rosso che vive in Svezia e ha compiuto be

Alfie e io

"Alfie e io". Carl Safina racconta la sua speciale amicizia con un rapace

Autore:

Può accadere che le grandi avventure non abbiano bisogno di migliaia di chilometri percorsi in treno o aereo, con ore di jet lag da smaltire. È possib

Più letti

Moana, protagonista di Oceania 2
Storia precedente

Oceania 2, la nuova favola ambientalista e femminista di casa Disney

Il consumo di suolo provoca danni ambientali ma anche economici (Foto: K. Grabowska/Pexels)
Prossima storia

Giornata Mondiale del Suolo, sempre più rischi ambientali ed economici