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Italo Biddittu con il cranio di Ceprano, il giorno dopo la scoperta
Italo Biddittu con il cranio di Ceprano, il giorno dopo la scoperta (Foto: archivio personale)

Italo Biddittu, l’uomo che scoprì il cranio di Ceprano. Trent’anni dopo, la sua storia

La straordinaria scoperta, nel cuore della Ciociaria, permise di rivoluzionare le conoscenze circa gli  spostamenti e il processo evolutivo della specie Homo. Vi raccontiamo la figura dello studioso che effettuò il rinvenimento
12 Novembre, 2024
3 minuti di lettura

A trent’anni dal rinvenimento del cranio dell’Uomo di Ceprano, avvenuto il 13 marzo 1994, questa scoperta rappresenta un tassello fondamentale nel processo di valorizzazione e conoscenza della Ciociaria e del Lazio meridionale, già noto anche in precedenza per la ricchezza di giacimenti paleontologici e archeologici in un importante contesto geologico. L’identificazione di questo fossile ha permesso, in particolar modo, di rivoluzionare le conoscenze scientifiche, contribuendo a ricostruire gli spostamenti e il processo evolutivo della specie Homo.

Gli scavi dei primi anni

Artefice di questa scoperta fu il professore Italo Biddittu, archeologo specializzato in preistoria, nato a Livorno il 28 luglio 1937. La passione per l’archeologia si sviluppa precocemente: durante gli studi risiede assieme alla famiglia ad Ancona, dove partecipa a sessioni di scavo assieme all’archeologa Delia Lollini che nella città studiava gli insediamenti piceni e protovillanoviani. Giunto a Frosinone nel 1958, compie numerose ricerche sul territorio, rinvenendo a Pontecorvo il primo sito acheuleano con amigdale del paleolitico inferiore. Negli anni ‘60 è distaccato per cinque anni all’Istituto Italiano di Paleontologia Umana di Roma, dove lavora e pubblica con studiosi come Luigi Cardini, Luigi Bernabò Brea, Aldo Segre ed Eugenia Segre Naldini.

 

Il Cranio dell'Uomo di Ceprano, vista laterale (Foto: archivio personale)
Il Cranio dell’Uomo di Ceprano, vista laterale (Foto: archivio personale)

I primi rinvenimenti

Italo Biddittu, inoltre, compie saggi di scavo e scoperte in varie parti d’Italia come Calabria, Puglia, Sicilia, Sardegna e Umbria. Allo stesso tempo, conduce numerose ricerche sul territorio della Ciociaria, in aree in cui mette in luce giacimenti paleolitici molto antichi come quelli di Arce, Fontana Liri, Colle Marino ad Anagni, Campo Rosello e Colle della Pece a Castro dei Volsci, Isoletta e Fontana Ranuccio. Importanti gli scavi effettuati presso i siti di Valleradice e Carnello, dove rinviene manufatti dell’uomo di Neanderthal associati a una fauna con Rinoceronte, Orso speleo e avifauna contemporanea, ma differenziata tra i due siti in rapporto all’ambiente.

 

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In seguito, ha rinvenuto la grotta del Peschio Ranaro a Collepardo con livelli del paleolitico superiore con fauna a Stambecco e Marmotta. Ha condotto saggi di scavo nella città di Frosinone rinvenendo un abitato eneolitico a Selva dei Muli, l’abitato e la necropoli dell’antica città volsca. Dal 2005 ha insegnato, inoltre, Paleontologia e Paleoecologia presso l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale dopo il conferimento della Laurea Honoris causa in lettere.

La scoperta di Argil

Già 25 anni prima della scoperta del Cranio di Ceprano, il professor Biddittu aveva effettuato studi e ricerche nell’area, rinvenendo numerosi manufatti litici e ossa fossili di animali a Colle Avarone. In seguito alla costruzione della superstrada che attualmente collega il territorio di Pofi con Ceprano, l’archeologo intensifica la campagna di ricerche nella località Campogrande. Le piogge di febbraio e marzo del 1994 fanno apparire il primo frammento del cranio dalla sezione di argilla in cui era sepolto. In seguito, gli oltre 50 frammenti di cui la calotta è composta vengono rinvenuti all’interno dello strato di argilla e alla base della sezione stratigrafica. Proprio per la posizione in cui viene rinvenuto, il cranio viene battezzato da Italo Biddittu con il nome Argil.

 

Il Cranio dell'Uomo di Ceprano, vista frontale
Il Cranio dell’Uomo di Ceprano, vista frontale (Foto: archivio personale)

 

Migrazioni paleolitiche

Dopo la scoperta, sono seguite le ricostruzioni del cranio e le interpretazioni cronologiche che hanno ipotizzato, inizialmente, una datazione di 800.000 anni. Negli anni 2000, attraverso nuove ricerche sulla posizione stratigrafica del fossile, si è giunti a una nuova datazione, 400.000 anni. Tutto ciò ha richiesto esami di laboratorio, studi paleobotanici, del paleomagnetismo e ripetuti confronti con la comunità scientifica nazionale e internazionale. Argil, pur presentando una età di 400.000 anni, mostra caratteristiche morfologiche arcaiche associate ad altre più evolute.

 

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Questa calotta cranica umana, come si ricava dai numerosi studi paleoantropologici effettuati anche in questi ultimi anni, ha caratteri della specie Homo heidelbergensis. Questa ricerca dimostra che l’arrivo e lo spostamento dei gruppi umani, originariamente dalla patria comune l’Africa, per quello che si sa ora, avveniva attraverso l’esplorazione di nicchie ecologiche che si espandevano in una Europa allora senza confini, con i soli limiti rappresentati dalle periodiche variazioni climatiche in rapporto alle naturali barriere geografiche.

Tappe evolutive

Prerogativa dell’essere umano è la coscienza, che nel processo evolutivo, soprattutto con Homo sapiens, ha continuato a diventare più complessa fino alla creazione dell’arte. Dalla stazione eretta alla produzione della tecnologia litica, all’impulso della coscienza, l’evoluzione umana è segnata da tappe che lungo il suo viaggio tracciano la rotta di un cammino tortuoso e a volte anche frammentato. Argil e il ricco contesto archeologico, rappresentato da decine di manufatti litici alcuni con simmetria bilaterale e fine tecnica di scheggiatura, sono la testimonianza di come l’uomo abbia dovuto adattarsi alle risorse ambientali e climatiche restituendoci un passato meno distante e oscuro.

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