indice rt covid 19

Rt, cos’è e perché è così importante l’indice di contagio del Coronavirus

In tempi di pandemia, se ne sente parlare tutti i giorni. Ma sebbene abbiamo imparato che con Rt si intende una misura legata alla probabilità di contagio, il suo significato e la sua importanza sono ancora di difficile comprensione. Ecco una breve disamina per cercare di approfondire meglio
11 Marzo, 2021
4 minuti di lettura

Numeri, percentuali, rapporti, grafici, mai come nell’ultimo anno l’informazione mediatica è stata tanto legata alla matematica. Complice la pandemia, in questi tempi abbiamo capito veramente, e forse per la prima volta in assoluto, l’importanza della scienza per analizzare e comprendere i fenomeni che ci circondano. Per chi più e per chi meno, andare oltre la mera comprensione dei dati giornalieri relativi ai nuovi contagi, non è cosa facile. Tra l’immensa mole di informazioni statistiche con cui ormai abbiamo imparato a convivere, spicca sicuramente l’indice Rt, ossia come varia lo stato di contagiosità in una certa area al variare del tempo. 

 

 

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Cominciamo da R con zero

Per capire di cosa stiamo parlando bisogna fare un passo indietro. Per poter calcolare Rt (erre con t) è necessario disporre, infatti, di un altro valore: R0 (erre con zero). R0 indica quante persone sono contagiate da un positivo a inizio epidemia (quindi al tempo 0), in altre parole è una misura del numero di riproduzione di una malattia infettiva. Se l’R0 di una malattia infettiva è circa 2, vuol dire che in media un singolo malato infetterà circa due persone. Vien da sé che tanto maggiore sarà il valore di R0, tanto più elevato sarà il rischio di diffusione.

«Da quando l’epidemia del nuovo coronavirus emerso in Cina ha cominciato a diffondersi e sono iniziati a circolare i dati sui primi casi confermati – scriveva un anno fa l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) – l’Oms ed altri istituti di ricerca hanno diffuso le prime stime di R0 dell’infezione comprese tra 1,4 e 3,8 nelle aree colpite nella prima fase di diffusione».

L’Rt e l’evoluzione nel tempo

Questo indice è quindi una misura di riferimento che non tiene conto dell’evoluzione del virus e dell’efficacia delle misure di contenimento. Ed è qui che entra in gioco il più pratico Rt. Assumendo che la grandezza “R” (numero di riproduzione) sia una funzione della probabilità di trasmissione del virus e “t” il tempo, Rt misura la variazione di questa grandezza al variare del tempo; settimana per settimana, nel caso dei rilevamenti dell’Iss. Per questo è così importante. Permette, tra le altre cose, di monitorare l’efficacia degli interventi nel corso di un’epidemia. Ed è, per questo motivo, il principale indice cui fare affidamento per decidere se sia necessario allentare o rafforzare tali misure. 

 

I quattro scenari previsti dal Ministero

Il Ministero della Salute, ad agosto, nel documento Prevenzione e risposta a Covid-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale ha definito quattro scenari dipendenti da Rt: situazione di trasmissione localizzata con Rt inferiore a 1; situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario con Rt tra 1 e 1,25; situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa con rischi di tenuta del sistema sanitario con Rt tra 1,25 e 1,5; situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario con Rt superiore a 1,5.

L’attribuzione dei colori

E più recentemente, l’indice in questione – insieme all’analisi del rischio e l’incidenza settimanale – è entrato a far parte dei criteri per l’attribuzione dei colori alle regioni al fine di determinare l’entità delle restrizioni. In soldoni, il nuovo sistema, aggiornato con il Decreto Legge del 14 gennaio, prevede – congiuntamente al rischio e al tasso di incidenza – che le regioni passino dalla zona gialla a quella arancione con un valore di Rt pari o superiore ad 1 e dalla zona arancione a quella rossa se tale indice supera il valore di 1.25.

 

 

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L’intervallo di valori

Dal momento in cui il valore dell’indice è in realtà un intervallo di valori, è bene precisare che il valore cui fare riferimento è quello minimo. Il fatto che si tratti di un intervallo fornisce poi un’altra importante indicazione.

Per quanto accurata, la grandezza R è comunque una stima, che dipende a sua volta da altri fattori, o meglio, variabili.

La probabilità di incontrare altre persone, il numero di contatti che la persona infetta ha e per quanto tempo quest’ultima è infetta, sono le tre principali variabili da cui dipende R e quindi Rt. 

Il significato dei numeri

Ma perché proprio a partire da un valore 1 è fissata la soglia che impone maggiori restrizioni? Se l’Rt è superiore a 1 bisogna stare in guardia poiché significa che, nonostante le misure vigenti, ogni persona ne potrebbe contagiare almeno un’altra. In sostanza, è necessario agire tempestivamente perché in questo modo il numero di nuovi infetti – la curva – può solo aumentare, ed una parte sempre maggiore finirà per riempire gli ospedali ed avvicinare al collasso il Sistema Sanitario.

Solo quando il valore dell’indice sarà inferiore ad 1 potremo quindi considerare l’epidemia in fase di spegnimento. E tanto più al basso tenderà tale valore, tanto più rapido e permanente sarà il progressivo esaurimento della diffusione.

La formula per il calcolo dell’Rt. Vantaggi e limiti

La formula per il calcolo dell’indice Rt attualmente in voga – non lontana dal geroglifico per i non addetti ai lavori – è stata affinata in uno studio del 2013 dai ricercatori del Dipartimento di epidemiologia delle malattie infettive dell’Imperial College di Londra. Per quanto rivoluzionaria ed utile, non è, comunque, esente da limiti. Tutt’altro che trascurabile è, infatti, che Rt sia calcolato solo sui casi sintomatici.

«Regione per regione – spiega l’ISS – i criteri con cui vengono individuati i casi sintomatici o i criteri con cui vengono ospedalizzati i casi più gravi sono costanti, e il numero di questo tipo di pazienti è quindi strettamente legato alla trasmissibilità del virus. Al contrario, l’individuazione delle infezioni asintomatiche dipende molto dalla capacità di effettuare screening da parte dei dipartimenti di prevenzione e questa può variare molto nel tempo».

Il risultato è che un maggiore o minore aumento dei casi asintomatici trovati non dipende dalla trasmissibilità del virus bensì dal numero di analisi effettuate. Se calcolassimo l’indice Rt tenendo conto degli asintomatici – così come fa con il metodo CovidStat l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) – avremmo uno scenario, seppur meno veritiero, decisamente più critico.

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