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terremoto california 1989

2024. Un terremoto colpirà la California?

Secondo una ricerca pubblicata sul Journal of Ecology & Natural Resources, nel 2024 un terremoto di magnitudo 6 colpirà Parkfield, cittadina californiana. Lo studio è stato condotto con tecnologie avanzate, utilissimi per prevedere sismi e terremoti
2 Dicembre, 2020
1 minuto di lettura

La notizia non è di quelle che passano inosservate: nel 2024 ci sarà un terremoto di magnitudo 6  circa della scala Richter presso la cittadina di Parkfield, lungo la faglia di San Andreas, in California. Potrebbe sembrare la trama rivisitata del film catastrofico 2012 di Roland Emmerich, del 2009, ma non è così: è, invece, quanto ipotizza uno studio congiunto dell’Istituto per le applicazioni del calcolo Mauro Picone del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).

 

 

La ricerca e gli strumenti di previsione

Grazie alla collaborazione scientifica tra i ricercatori Giovanni Sebastiani e Luca Malagnini, è stato possibile realizzare la ricerca, pubblicata sul Journal of Ecology & Natural Resourcesche prevede, appunto, tra poco più di tre anni, il terremoto a Parkfield. Nella cittadina californiana, che conta poco meno di 20 mila abitanti, dal 1857 al 1966, sono avvenuti sei terremoti di magnitudo 6, ad intervalli di tempo quasi regolari, in media uno ogni 22 anni, l’ultimo nel 2004. Dal 1985 i geologi americani hanno installato nella zona una rete di strumenti molto avanzata, allo scopo di rilevare cosa accade prima di un evento sismico, al fine di prevedere futuri terremoti.

 

Giovanni Sebastiani, ricercatore dell'Iac
Giovanni Sebastiani, ricercatore dell’Iac ( Istituto per le applicazioni del calcolo “Mauro Picone”)

L’analisi: cinquant’anni di attività sismica

«Lo studio ha riguardato l’evoluzione quotidiana negli ultimi cinquant’anni del baricentro dell’attività sismica presso Parkfield, all’interno del segmento della faglia di San Andreas responsabile della sismicità. In particolare, ci si è concentrati sulla quantificazione della variazione della posizione di tale baricentro, calcolata in un intervallo temporale di 150 giorni», spiega Sebastiani.

«Muovendo questo intervallo nel tempo – continua il ricercatore del Cnr – di giorno in giorno, otteniamo una curva che descrive l’andamento della misura di tale variazione. Un sistema instabile, in condizioni quasi critiche, mentre viene spinto fuori dal suo equilibrio, cerca di riconfigurarsi in una condizione pseudo-stabile, e così facendo mostra un’anormale variabilità nel tempo dei parametri che lo descrivono». 

La tecnologia e i terremoti del futuro

La curva descritta mostra un andamento oscillante, con ampiezza dapprima crescente, fino a raggiungere un valore massimo, e poi decrescente, verso lo zero.

«Ciclicamente, l’attività sismica sul segmento di faglia analizzato si disperde – chiarisce Malagnini dell’Ingv – per poi concentrarsi nuovamente, con un periodo di circa 3 anni, probabilmente legato al ciclo climatico siccità/piovosità».

Sicuramente una tecnologia simile sarebbe stata utilissima per prevedere i grandi terremoti della storia, come quelli di magnitudo 7 che hanno colpito e provocato centinaia di migliaia di vittime a Messina nel 1908 come ad Haiti nel 2010, o in Irpinia nel 1980, sisma di cui proprio in questi giorni ricorre il quarantennale.

 

Guarda il video del terremoto di Haiti nel 2010

 

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