A Franco Basaglia, allo psichiatra che aveva saputo guardare oltre gli aspetti a volte paurosi del disagio psichiatrico, Alda Merini, che aveva conosciuto la sofferenza dei manicomi, volle dedicare una poesia. La ritrovò dopo anni il professor Giuseppe Dell’Acqua che con Basaglia aveva collaborato fianco a fianco. Era stata scritta per scusarsi di non poter partecipare alla presentazione dell’antologia poetica di Licia Maglietta a cui era stata invitata. Dell’Acqua, direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, inserì il testo della poesia in una lettera aperta per la rivista Vita, in occasione della morte della poetessa del Navigli.
A Franco Basaglia
Il vento, la bora, le navi che vanno via
il sogno di questa notte
e tu l’eterno soccorritore
che da dietro le piante onnivore
guardavi in età giovanile
i nostri baci assurdi
alle vecchie cortecce della vita.
Come eravamo innamorati, noi,
laggiù nei manicomi
quando speravamo un giorno
di tornare a fiorire
ma la cosa più inaudita, credi,
è stato quando abbiamo scoperto
che non eravamo mai stati malati.
Fu questo Franco Basaglia per le persone che hanno vissuto negli ospedali psichiatrici: l’eterno soccorritore, colui che seppe dare un nuovo nome a ciò che allora era definito “malattia”. Lo sguardo dello psichiatra “da dietro le piante onnivore” osserva i pazienti e sa riconoscere e dare un senso a ciò che fino ad allora era stato considerato assurdo e malato. I giardini dei manicomi diventano metafora di vita e i gesti dei “malati” in ricerca disperata di senso, attesa di una nuova primavera. Franco Basaglia fu il giardiniere che permise questa fioritura.