È arrivato il cessate il fuoco a Gaza. Ieri alle 10.15 in Italia le armi hanno finalmente taciuto, sebbene in ritardo, perché Hamas non è riuscita a comunicare in tempo il nome degli ostaggi da rilasciare. E perché l’Idf ha continuato a colpire prima della tregua, causando 19 morti palestinesi. Dopo 15 mesi di guerra, iniziata in seguito alla strage del 7 ottobre 2023 per mano di Hamas, è stato raggiunto l’atteso accordo che ha visto come principali protagonisti il Qatar, l’Egitto e gli Stati Uniti.
Il ruolo degli Usa, in un mondo stravolto
Per Biden «la campagna di Israele è stata un successo» e ha aggiunto che «Hamas non governerà mai più Gaza». Il team del presidente americano uscente e quello di Donald Trump sembrano aver agito insieme, in un Medio Oriente profondamente cambiato, dove gli Stati Uniti ora mostrano la propria forza nei confronti dell’Iran e degli Hezbollah. E allo stesso tempo provano a riscoprire il ruolo di mediatore in un mondo stravolto.
Gli stessi Usa che, dal 2012, hanno esportato verso Israele armi e munizioni per 276 milioni di dollari. Hamas ha intanto liberato e consegnato alla Croce Rossa tre ragazze israeliane: Romi Gonen, Emily Damari e Doron Steinbrecher, che hanno potuto incontrare le proprie madri. In contemporanea sono stati scarcerati 90 detenuti palestinesi.
Gli estremi dell’accordo
Ma cosa prevede l’accordo? Durante la fase iniziale di cessate il fuoco, della durata di 42 giorni, è previsto il rilascio di 33 ostaggi israeliani in cambio di circa mille detenuti palestinesi. È previsto, inoltre, un graduale ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza e un aumento degli aiuti umanitari. Al confine tra Gaza e l’Egitto sarà temporaneamente istituita una zona cuscinetto per consentire il transito dei palestinesi, soggetto a controlli di frontiera.
Se la prima fase si concluderà senza ostacoli, si passerà alla negoziazione dei dettagli della seconda fase, che prevede la liberazione degli altri ostaggi israeliani, inclusi i soldati, in cambio di ulteriori detenuti palestinesi, insieme al completo ritiro delle forze israeliane da Gaza. Infine, nella terza fase, saranno restituiti i corpi degli ostaggi israeliani deceduti, e sarà avviato un piano di ricostruzione per Gaza e la Cisgiordania sotto il coordinamento della comunità internazionale.
Le parole di Netanyahu
Netanyahu, già accusato di crimini di guerra, con un messaggio in tv, prima del cessate il fuoco, ha voluto rivolgersi, però, a quella parte di popolazione israeliana che vede l’accordo come una sconfitta: «Israele ha il diritto di riprendere i combattimenti se la seconda fase sarà infruttuosa». Parole che preoccupano. Una minaccia per la pace e per la popolazione palestinese che spera di trovare la propria casa tra le macerie, che teme ogni giorno il suono delle sirene e i bombardamenti e che attende disperatamente gli aiuti umanitari.
Crisi umanitaria senza precedenti
Come ha evidenziato Human Rights Watch, le autorità israeliane, a partire dal 2023, hanno intenzionalmente privato la popolazione di Gaza di un adeguato accesso all’acqua, causando migliaia di morti, con crimini contro l’umanità e atti di genocidio. Così ha dichiarato Tina Marinari, di Amnesty International Italia a La Presse:
«La situazione a Gaza è terribile, una crisi umanitaria senza precedenti e livelli di distruzione mai raggiunti in conflitti contemporanei in così poco tempo. Abbiamo bisogno di far entrare la vita e il bisogno di sopravvivere».
La stima del dramma
A Gaza, secondo uno studio pubblicato su The Lancet, a causa delle difficili condizioni delle strutture di soccorso di Gaza, circa il 40% dei decessi non viene registrato. Già a giugno 2024, i morti stimati erano circa 64mila, ben oltre i 38mila dichiarati dal ministero controllato da Hamas. Oggi, i ricercatori ritengono che le vittime siano oltre 70mila.