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A riveder le stelle. Il docufilm di Emanuele Caruso nel paradiso della Val Grande

Una messaggio al futuro: il riscaldamento globale del pianeta, una catastrofe in itinere. Sette giorni lungo i sentieri del Parco nazionale della Val Grande, zona incontaminata più estesa d’Europa. Dove il  viaggio diventa una metafora della vita  
31 Maggio, 2021
2 minuti di lettura

Recensione di Saverio Di Jorio  

Suggestioni, emozioni, sentimenti, pensieri, lungo i sentieri impervi del Parco nazionale della Val Grande, una zona “selvaggia”, non antropizzata, delle Alpi, dalla enorme catena montuosa, estesa per 16mila ettari, a confine con la Svizzera, fra montagne, foreste, sorgenti, fiumi, alvei di torrenti incassati in rocce, paesaggi, panorami.

«Chi entra in Val Grande – ha scritto Marco Albino Ferrari su “Meridiani Montagne” – viene posto di fronte alla potenza della natura: l’umano sovrastato dal non umano in un tempo sospeso, preesistente e successivo al suo passaggio».

A stretto contatto con la natura e il creato. Il documentario “A riveder le stelle” di Emanuele Caruso è il racconto di un viaggio di sette giorni con la “pedovia”, percorrendo 36 Km, con un dislivello di 5mila metri,  armati di zaino (stracarico), sacco a pelo, attrezzatura per il freddo e il caldo,  scarponi, bastoni da trekking, binocolo, fra valli e vette, discese e salite, albe e tramonti, nebbia e foschia, sole e cielo, pioggia, tanta pioggia.  Lontani dalle comodità (e certezze) della vita moderna, delle proprie abitazioni. Senza: telefono, acqua potabile, luce, computer, servizi. Immersi in se stessi e nella natura. Sei persone (sconosciute fra loro, provenienti da ambienti e realtà differenti, aperti a vivere e condividere un’esperienza unica di vita comunitaria in un ‘altrove’, fuori dal mondo), più il regista Emanuele Caruso e l’assistente cineoperatore, si sono ri-trovati a camminare (e stare) insieme.

L’attore Giuseppe Cederna,  Fabio Berrino, oncologo ed epidemiologo, attento allo stile vita, al cibo ed all’alimentazione, Maya Sansa, attrice,  Lorenzo, giovane cuoco di Alba, con i suoi 22 anni, Walter, timido, riservato, ex falegname, al quale non piace la vita e il mondo moderno, Stefania, masso-fisioterapista, che ama la natura e la vita solitaria.

Il giovane regista Emanuele Caruso  racconta un mix di storie personali di vita con la ricerca spirituale di ognuno, facendo emergere l’animo umano insieme alla condizione del Pianeta Terra, sempre più inquinato ed in pericolo. Tante avvisaglie, tanti segnali, tanti elementi, allarmanti, concordanti. Ignorati. Inesorabili. Lenti. Progressivi.  Il primo ghiacciaio estinto definitivamente in Islanda, emblematica la targa-messaggio-lettera al futuro (un avvertimento per i prossimi 200 anni), il mese di luglio del 2019 il più caldo degli ultimi 140 anni, il processo quasi inarrestabile di desertificazione in atto, l’inquinamento massiccio in atto dell’aria, dell’acqua, dei terreni, fra scorie nucleari, radioattive, elettromagnetiche. Minacce concrete alla vita umana-animale-vegetale-ambientale.  Prima la negazione dell’evidenza, poi l’accettazione (indifferente) senza fare nulla (di concreto) per invertire la rotta (della catastrofe) e cambiare il modo di vivere.

«Stiamo distruggendo il pianeta Terra e nessuno fa niente, quel nessuno siamo noi…» è una delle frasi che ascoltiamo durante il cammino.

Certo la pace la si trova camminando in un bosco, camminando con la “pedovia” che non ha eguali… Le cose semplici sono gratuite. Ricche di valori, senza prezzo. Il bosco è un universo di significati, d’immagini, di sensazioni. Un mondo, quel mondo di connessione (stretta) fra alberi e uomini. Il bosco ha un effetto terapeutico. Distende, calma, rasserena. Si riscopre la bellezza dei sentimenti, delle persone vicine, di rapporti umani non mediati, ma spontanei, sinceri basati su affinità, interiori e profonde.

Questo documentario, realizzato prima della pandemia che ha colpito il mondo, per gli elementi narrativi-espressivi-naturalistici-umanistici, per il forte legame alla realtà territoriale della Val Grande,  scrigno di biodiversità,  per i vari personaggi che hanno raccontato storie e pensieri di e in libertà, in relazione all’inquinamento ed intossicamento del Pianeta Terra, assume la funzione urgente di denuncia, argomentata e spiegata, allarmata ed allarmante,  finalizzata alla sua tutela e salvaguardia, con momenti di poesia ed umanità, fuori dall’usuale.


 

Il film è stato visto nell’ambito del “Riviera International Film Festival” di Sestri Levante, maggio 2021. La recensione è stata prodotta nell’ambito del Corso di giornalismo ambientale e culturale di Sapereambiente

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