Scriveva Ibn Sīnā, ovvero Avicenna, grande medico, filosofo, fisico e matematico persiano, che Bukhara, capoluogo dell’omonima regione nel cuore dell’Uzbekistan, essendo costruita perlopiù con mattoni di fango era più malleabile delle città “di pietra”, e per questo motivo era profondamente parte integrante della natura e delle sue continue trasformazioni. Sarà forse anche per questa sua essenza speciale, profondamente radicata nell’ecosistema e nel paesaggio, che la prima edizione della Biennale dell’Asia Centrale che si terrà proprio a Bukhara, dal 5 settembre al 20 novembre 2025, ha, già un anno prima del suo inizio, un fascino del tutto speciale.
Recipes for Broken Hearts
Si comincia dal titolo, Recipes for Broken Hearts, pop e al tempo stesso evocativo (anche) del periodo storico che stiamo attraversando. D’altra parte ad andare in scena con la Biennale sarà l’intero mondo creativo dell’Uzbekistan: dalle arti visive a quelle culinarie e performative, dai tessuti, all’artigianato, alla musica, danza e architettura. Ideato dalla curatrice e direttrice artistica Diana Campbell, il senso delle “ricette per cuori spezzati” deriva da una leggenda secondo cui la ricetta del piatto base uzbeko, il palov, fu inventata proprio dal sopra citato Avicenna, padre della medicina moderna, per curare il cuore spezzato di un principe che non poteva sposare la figlia di un artigiano. Recipes for Broken Hearts sottolinea quindi l’importanza delle esperienze condivise per guarire collettivamente, promuovendo la connessione e la collaborazione tra artisti e artigiani locali e internazionali. Quanto di più vicino ai bisogni attuali, in un mondo sempre più polarizzato, in guerra, a pezzi.
Una Biennale delle trasformazioni
Bukhara, che vanta la madrasa più antica dell’Asia Centrale sopravvissuta alle distruzioni sia zariste che sovietiche, è, come spiega Campbell «Da sempre un luogo in cui le persone si riunivano per trovare unione nella ricerca di una vita più significativa attraverso una ricerca di conoscenza spirituale, intellettuale e mondana». Città-stato zoroastriana prima e buddista sogdiana poi, capitale di una dinastia turco-mongola e poi dimora di santi sufi che raggiunse l’apice sotto il dominio di Abdullah Khan II (1557-1598), sovrano letterato che scrisse diverse raccolte di poesie, Bukhara è simbolo di trasformazioni, frontiere malleabili, viaggi avventurosi, scoperte. Ha assorbito influenze da oriente e da occidente, è punto d’incontro tra identità culturali, etniche, religiose. Da sempre crocevia lungo la Via della Seta, oggi è luogo d’incontro sulla più ampia rotta fra l’Asia, l’Africa e l’America Latina ed è uno splendido, complicatissimo arazzo da decifrare, capire, studiare. Un motivo non da poco per attendere con curiosità la prima Biennale dell’Asia centrale.
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