Quella di Roma è stata una Cop in forma ridotta, breve e con pochi delegati. Eppure, qualcosa è riuscita a portare a casa. Dopo l’interruzione delle trattative a Cali, in Colombia, l’obiettivo era trovare un accordo su come mobilitare i 200 miliardi di dollari per la biodiversità, fondi minimi necessari per la tutela della natura, come stabilito dall’obiettivo 19 del Quadro globale della biodiversità di Kunning-Montreal.
Al termine di difficili trattative, un accordo è stato raggiunto e sono stati approvati i documenti chiave sulla mobilitazione delle risorse e l’istituzione di un meccanismo finanziario per gestire questi fondi. «Apprezziamo la disponibilità di tutti i Paesi a rafforzare l’agenda globale sulla biodiversità. Solo lavorando tutti insieme possiamo rendere la Pace con la Natura una realtà», ha dichiarato Susana Muhamad, Ministra dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile della Colombia e Presidente della Cop16. Il suo sforzo per raggiungere un accordo ha giocato un ruolo chiave. Adesso però i soldi vanno trovati veramente.


Percorso a tappe
Il primo risultato di rilievo della Conferenza di Roma è l’approvazione del documento sulla mobilitazione delle risorse. Le Parti hanno trovato l’accordo sul percorso a tappe per mobilitare i 200 miliardi di dollari entro il 20230 necessari per la tutela della natura. C’è quindi il mandato a immettere fondi per la biodiversità: 30 miliardi di dollari all’anno entro il 2030. È stato stabilito inoltre l’impegno a istituire un meccanismo finanziario permanente per la gestione dei fondi. È stato messo a punto il quadro di monitoraggio per l’accordo sulla biodiversità di Kunming-Montreal.
Criteri cercasi
Il documento indica anche la via per arrivare alla gestione dei fondi. Entro la Cop17 (fine 2026), le parti dovranno stabilire i criteri della struttura istituzionale operativa sui fondi. Con la Cop ancora successiva (Cop18) si dovrà capire se le entità finanziarie esistenti saranno efficaci, attuando quindi un monitoraggio delle azioni, oppure se creare una nuova entità per la gestione dei fondi. Il tutto per rendere pienamente operativo il meccanismo finanziario entro il 2030.


Chi gestirà il fondo
Su chi avrà la responsabilità di gestire i fondi è stato uno dei punti più dibattuti. Sul tavolo delle discussioni c’era l’ipotesi di riformare il Fondo mondiale per l’ambiente – Global Environment Facility (Gef), istituito alla vigilia della Conferenza di Rio del 1992 e incaricato di gestire i finanziamenti per la tutela dell’ambiente, come richiesto dai paesi meno industrializzati. Si è trovato un accordo a metà. Il meccanismo finanziario per ora rimane il Gef, attraverso il Gef Trust Fund, insieme però al Fondo del Quadro globale per la biodiversità, creato durante la Cop15 del 2022. Si rimanda alle Cop successive la discussione sullo sviluppo di un nuovo meccanismo finanziario.
Italia in retrovia
Non è l’inversione di rotta decisa verso i finanziamenti per la biodiversità che serviva. Ma è l’accordo che è stato possibile raggiungere. È un punto di partenza importante. Ora però servono i fondi per arrivare entro il 2030 ai 200 miliardi di dollari, stabiliti e approvati. Ad oggi il Fondo per il Quadro globale per la biodiversità conta solo 383 milioni di dollari. È a quota zero, al momento, il contributo dell’Italia, che con il suo patrimonio naturale dovrebbe giocare un ruolo di primo piano nella tutela delle specie. Ha colpito, invece, vedere come le istituzioni italiane abbiano di fatto ignorato la conferenza di Roma. Unico delegato italiano inviato è stato il Sottosegretario di Stato al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, Claudio Barbaro, che ha raggiunto i lavori quando erano in corso.


Eliminare i sussidi dannosi
Nel testo per la mobilitazione delle risorse compare anche un riferimento all’accordo sulla riduzione di almeno 500 miliardi di dollari degli incentivi dannosi per la biodiversità, come stabilito dall’obiettivo 18 del Quadro globale per la biodiversità. Le Parti sono richiamate a intensificare gli sforzi per eliminare, eliminare gradualmente o riformare gli incentivi, comprese le sovvenzioni, dannosi per la biodiversità. È un’esortazione urgente, che manca però di percorsi chiari per metterla in atto.
Risorse genetiche
Intanto, a margine della Cop è stato lanciato e reso operativo il Fondo di Cali: fondo globale per condividere i benefici derivanti dall’uso delle informazioni sulle sequenze digitali (Dsi) delle risorse genetiche. Con il fondo si punta a sostenere la finanza per la biodiversità usando i finanziamenti del settore privato. Alle aziende che fanno uso commerciale di dati da risorse genetiche in natura sarà richiesto di contribuire con una parte dei loro ricavi o dei loro profitti al Fondo.
Guarda il video dell’applauso a Susana Muhamad
Il commento delle associazioni
Secondo Legambiente, sono positivi i progressi sulla mobilitazione dei fondi per la biodiversità ma si è persa un’occasione per rendere obbligatorio il Fondo di Cali. «Questo fondo comune resta uno strumento su base volontaria e occorrerà vedere quante aziende vorranno comunicare la propria volontà di contribuire», ha commentato Stefano Raimondi, responsabile biodiversità di Legambiente. In apertura dei negoziati, le associazioni e il mondo dell’attivismo avevano dato vita a iniziative per sollecitare le soluzioni in favore della natura e delle specie. “Se casca la natura, casca il mondo” erano gli slogan.
Il Wwf applaude le soluzioni adottate ma avverte che i fondi sono ancora insufficienti. «Le parti hanno fatto un passo nella giusta direzione. Tuttavia, questo accordo non è ancora sufficiente. È preoccupante che i Paesi sviluppati non siano ancora sulla buona strada per onorare il loro impegno di mobilitare i 20 miliardi di dollari entro il 2025 a favore dei Paesi in via di sviluppo», ha dichiarato Efraim Gomez, Global Policy Director dell’associazione.
Dalle promesse ai fatti
Secondo Greenpeace sarà ora fondamentale tenere fede agli impegni presi. «L’accordo raggiunto a Roma dimostra che la richiesta di passare dalle promesse ai fatti è arrivata al tavolo dei negoziati. Ora è fondamentale che i Paesi del Nord del mondo rispettino i loro impegni e trasformino le decisioni di questi giorni in finanziamenti concreti per proteggere la biodiversità», fa sapere Martina Borghi, responsabile Campagna Foreste di Greenpeace Italia.


E l’appuntamento per verificare i progressi è con la Cop17, a fine 2026, in Armenia.