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sciare a tutti i costi

E se il problema fosse proprio sciare a tutti i costi?

Infuria la polemica sulle piste da sci chiuse causa Covid. Ma si parla poco del fatto che sciare è ormai un'attività insostenibile. Turismo di massa, neve artificiale, cambiamento climatico. Una riflessione per capire meglio
3 Dicembre, 2020
3 minuti di lettura

Mentre in Europa prosegue la polemica sulla chiusura degli impianti sciistici sulle Alpi, causa Covid, con le migliaia di morti al giorno che sembrano meno importanti del giro dei soldi connesso alle vacanze bianche, un’altra gigante domanda si staglia sullo sfondo, e nessuno osa farla. Potremo continuare a sciare con la crisi climatica che avanza? Possiamo davvero preservare il mito della settimana bianca e del turismo di massa sciistico in un clima che sta inesorabilmente cambiando? 

Sciando sui ghiacciai sciolti

Il riscaldamento globale non se ne andrà questo inverno. E non ci sono vaccini, se non una immediata drastica inversione di rotta, che comunque non avrà effetti immediati. Il riscaldamento globale rende gli inverni sempre più brevi e caldi, sempre meno nevosi, sempre più ventosi. I ghiacciai si stanno ritirando in modo inesorabile. Eppure ci ostiniamo a voler sciare e se la neve non c’è più, noi la creiamo. Per questa velleità, ogni anno vengono spesi milioni di euro di soldi pubblici per vecchi e nuovi impianti sciistici e per imbiancare le piste con la neve artificiale, cioè quella “sparata” dai cannoni, che attingono da bacini artificiali.

 

impianto innevamento artificiale
Nelle località sciistiche gli impianti di innevamento artificiale sono sempre più diffusi e vengono utilizzati dai gestori degli impianti di risalita per far fronte alla scarsità o all’assenza di neve naturale

Quanti danni fa la neve artificiale?

Per l’innevamento delle Alpi servono in totale 95 milioni di metri cubi di acqua, e una quantità di energia pari a 600 GWh. Oltre allo spreco di acqua, la neve artificiale danneggia la biodiversità e il fragile equilibrio delle montagne: la neve artificiale ha una più alta percentuale di acqua rispetto a quella naturale, è più “bagnata” e possiamo percepirlo anche al tatto. Non funziona da isolante come invece fa la neve naturale, causa quindi il congelamento del suolo e una ridotta disponibilità di ossigeno, che provoca l’asfissia del manto vegetale sottostante.

Nei luoghi soggetti ad innevamento artificiale è stato riscontrato un ritardo dell’inizio dell’attività vegetativa, fino a 20-25 giorni rispetto alla media. Il deterioramento del manto erboso rende i pendii più soggetti all’erosione, alle frane e altera l’ecologia e la biodiversità dei versanti montuosi. 

I messaggi non etici dati ai più giovani

Le “settimane bianche”, nella tradizione precovid, erano organizzate anche dalle scuole medie in alcune regioni italiane, con una valenza educativa davvero prossima allo zero. Qual è il messaggio etico e ambientale che viene dato ai ragazzi? Forse:

«Se distruggete un aspetto della natura, invece di cambiare atteggiamento, potete tranquillamente sostituire la parte rotta con una artificiale!»

Non un granché in fatto di rispetto e responsabilità. Si continua a investire in modo ottuso in nuovi impianti, quando quelli vecchi non riescono più a funzionare. 

L’Emilia Romagna e il turismo invernale

La Regione Emilia Romagna, a ottobre 2020, si vanta di aver «scommesso sul rilancio del turismo invernale nelle località sciistiche dell’Appennino, mettendo sul piatto 3,4 milioni di euro per nuovi impianti sciistici, spese di gestione, manutenzione e potenziamento degli impianti di innevamento artificiale». I soldi di noi cittadini, insomma, vanno spesi in impianti devastanti per esaudire lo sfizio dei turisti invernali. 

 

Un turismo invernale sostenibile si può fare

E con la crisi da Covid torna il ricatto lavorativo, più potente che mai: come se questi soldi non si potessero invece investire per ripensare nuove forme di turismo sostenibile, attraente in tutte le stagioni, dal trekking (con ciaspole d’inverno), con guide ambientali, meno invasivo e meno anacronistico, creando comunque una buona occupazione locale con la formazione di guide ambientali.

Abbiamo davvero bisogno di una nuova seggiovia?

Nel Corno alle Scale, patrimonio naturalistico, sito di maggior biodiversità in Emilia Romagna, ma anche con un clima sempre più ventoso e con scarse precipitazioni nevose, si  vuole costruire una nuova seggiovia, oltre agli impianti esistenti. Il Comune di Lizzano spinge per il progetto, cercando di evitare la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Contro questo progetto si sono a ragione scagliati gli ambientalisti (da Legambiente, a Extinction Rebellion, ai Verdi), e a settembre è stata organizzata una marcia di protesta molto partecipata.

 

Resilienza contro cocciutaggine

Con il dossier Nevediversa (2020), Legambiente ha messo in luce i tantissimi casi di abbandono e spreco su Alpi e Appennini. Non si riesce ancora a comprendere che col clima già cambiato non possiamo più permetterci di sciare, e ostinarci a farlo distruggerà ancora quel poco di biodiversità rimasta. La resilienza è il contrario della miope cocciutaggine.

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