Gli incendi divampati in Australia, a partire dall’ottobre 2019, hanno bruciato oltre 120.000 km² di territorio. I danni più seri non hanno riguardato solo gli esseri umani e gli animali. I roghi hanno colpito anche le regioni sensibili dal punto di vista ecologico, inclusa un’area chiamata Gondwana Rainforests of Australia, patrimonio dell’umanità. Una regione che contiene una vasta concentrazione di piante viventi con reperti fossili di decine di milioni di anni fa. A denunciare l’enorme perdita di biodiversità sono stati Peter Wilf, cofondatore di Institutes of Energy and the Environment, Robert Kooyman, ricercatore della foresta pluviale presso la Macquarie University, e James Watson, professore di scienze della conservazione all’Università del Queensland in una lettera aperta su Science.
«L’Australia ha solo alcune piccole aree bagnate tutto l’anno – ha detto Peter Wilf – E sono così piccole che i cambiamenti climatici potrebbero semplicemente spazzarle via in un secondo geologico e, con esse, spazzare via più 40 milioni di anni di storia della foresta pluviale».
Gli incendi in tutto il mondo, secondo i ricercatori, minacciano di distruggere alcune delle ultime antiche foreste fossili viventi e quindi anche la loro storia evolutiva. Sulla Terra rimangono solo 125 piante fossili viventi e si trovano tutte in una sola area. Tra queste vi è la quercia di Nightcap, le cui origini risiedono nel paleo-antartico, forse addirittura a 90 milioni di anni fa. Durante l’ultima stagione degli incendi in Australia circa il 10% di queste querce sono andate distrutte. E aree come il Borneo e il Sumatra rischiano di perdere per sempre elementi di biodiversità unici.
«L’opinione pubblica attraverso l’educazione può comprendere ciò che stiamo perdendo, spiegando che un albero non è solo un pezzo di legno, ma è qualcosa che ha una inestimabile storia antica , e in questo modo possono migliorare gli sforzi di conservazione», hanno concluso gli scienziati.