Al “bagno di bosco” ci aveva portato Daniela Oroni, durante la tre giorni Media-Photo-Natura nelle aree verdi di Capranica e dintorni, poco prima di ferragosto. Saliamo all’Eremo di San Girolamo, nel territorio di Vetralla, un buon gruppo di ragazzi, pochi adulti e qualche nonno, in una lunga fila tra gli alberi. Non proprio sempre in silenzio, ma è un’occasione per misurare il nostro muoverci in un ambiente insolito, ascoltando altri suoni, naturali e non familiari, cercando tra i passi attenti oltre il sentiero agevole ma pur sempre un po’ accidentato, mentre il sole appare e scompare là in alto, lampeggiando tra le foglie dei faggi.
Ci arrampichiamo alla fine intorno alla roccia vulcanica in cui fu scavata la cappella dei frati eremiti, ci sediamo dove loro sedavano, conversavano, pregavano, mangiavano.
Daniela ci invita a osservare intorno, indicare, raccogliere, sistemare insieme cose che ci rappresentino, e ad ascoltarci, condividere pensieri ed emozioni. E probabilmente qualcosa di diverso al nostro ritorno ci porteremo dentro.
Strumenti per cogliere il mondo
Nel bosco i telefoni non prendono bene, ma servono per fare le fotografie. Io uso una videocamera, e c’è anche un fotografo con una bella reflex. Nei due giorni precedenti, con me avevamo cercato, fotografato, filmato gli insetti, e poi incontrato i cavalli, durante questa bella esperienza organizzata da Giovanni Lariccia, professore di matematica felice, l’uomo che negli anni Ottanta aveva in portato Italia il linguaggio di programmazione LOGO, con cui i bambini possono programmare i computer.


Non tutte le macchine servono allo stesso modo. Qualche tempo fa c’era un bel geco sul muretto davanti a casa, ma le foto che ho scattato con il telefonino (non una cosa infima, 2 obiettivi, però certo non un “top di gamma”!) le vedevo un po’ piatte. Sono entrato e ho recuperato la videocamera che avevo appena lasciata sul tavolo, una palmare 4k con una buona ottica Zeiss, valida anche per le immagini fisse. Confronto poi le foto al computer e la differenza si vede, e se avessi usato una reflex o mirrorless si sarebbe vista anche di più. Però ci sono telefonini che, in certe circostanze, fanno foto bellissime, anche grazie a software di gestione molto avanzati, e in definitiva oggi abbiamo a disposizione una quantità incredibile di strumenti di qualità, per catturare le immagini della realtà, conoscerla meglio e condividere la conoscenza.
E l’educazione audiovisiva?
Stupisce un po’ (ma neanche tanto!) il fatto che nella scuola gli aggeggi per produrre audiovisivi non siano praticamente considerati “tecnologia”, dato che non sono previsti tra le possibili TIC su cui ogni conduttore di un Pon è chiamato a compilare le sue relazioni.
In fondo, si tratta solo dei mezzi attraverso cui oggi ogni umano, praticamente da quando nasce, conosce il mondo e poi lo comunica ad altri, attraverso le immagini più con le parole.
Mentre a scuola la tecnologia sono le LIM, e si studia il coding, e ti domandano se hai usato macchine “individuali” come il computer e lo smartphone (e per fare che, di grazia? E chi ha stabilito che sono individuali? E che cosa vuol dire usare un computer o uno smartphone? Mai sentito parlare del software?), delegando di fatto – salvo lodevolissime eccezioni di insegnanti che fanno cose meravigliose, quasi del tutto ignorate dalla piatta e conformista narrazione corrente – l’educazione audiovisiva praticamente al caso e ai social network commerciali.
Al centro, persone, relazioni, natura
Da sempre utilizzo tutta la tecnologia che trovo disponibile (ricordo quando negli anni 80 in una scuola avevamo trovato un sintetizzatore Moog, e i bambini impazzivano!), ma da educatore so che
l’educazione, specialmente in tempi solitari e virtuali, timorosi e diffidenti come i presenti, andrebbe soprattutto incentrata sul corpo, l’ambiente, la natura, le relazioni tra le persone.
Poi, se non si fanno viaggiare scuola e vita su due binari separati, l’uso appropriato e consapevole della tecnologia viene facile e quasi automatico.


Avevo anche scritto un libro, I bambini e l’Ambiente, su cui mi sarebbe piaciuto aggregare un po’ di più pensieri e opinioni, ma elaborare oggi percorsi comuni che comportino osservazione, ragionamento ed elaborazione insieme appare spesso difficile, rassegnati come siamo a non trovare il tempo per leggere e approfondire, a prendere posizione sempre più in base a slogan e parole d’ordine, a inseguire le controproducenti scorciatoie precotte del “politicamente corretto”,
come se tutto quello che succede nel mondo non dipendesse anche da noi e di fronte alla realtà potessimo solo schierarci, commentare, giudicare, e non fare qualcosa per cambiarla.
Il bosco è là fuori, ma è anche dentro di noi. Non si tratta di adeguarsi sempre a qualcosa che è altro, ma probabilmente di ascoltarci di più, con attenzione, e crescere in emozione e conoscenza aprendoci alla vita animale e vegetale, alle persone vicine e lontane che vivono le esperienze con noi o come noi, usando nel caso la tecnologia che ci serve. Ed è subito una vita più leggera, ma anche più intensa, interessante, serena.