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La scuola ai tempi del coronavirus. E se ricominciassimo all’aperto?

Ancora in piena pandemia e a poche settimane dalla fine del secondo anno scolastico in era Covid, la proposta concreta di reti di specialisti, genitori, insegnanti. Spostare la didattica dal chiuso insalubre delle aule all'aperto. Aule nella natura, per aiutare lo sviluppo di bambini e adolescenti, diminuendo i rischi di contagio
20 Aprile, 2021
4 minuti di lettura

Con la pandemia i luoghi chiusi e le “classi pollaio”  hanno dimostrato il loro carico di insalubrità e fatica. Mascherine, distanziamento, bambini immobili al banco disposti frontalmente alla cattedra, divieto di girarsi, sono state le norme imposte per la sicurezza, svantaggiando la pedagogia democratica ed attiva. A fine agosto Quique Bassat, epidemiologo dell’Istituto di Salute Pubblica di Barcellona, ha affermato che:

L’ideale sarebbe fare più lezioni all’aperto perché il virus si trasmette tra le 15 e le 20 volte di più all’interno

Virus e sviluppo fisico cognitivo

Ma non è solo il problema della propagazione dei virus, minore all’aria aperta: studi e ricerche dichiarano che i piccoli che giocano tutti i giorni all’aria aperta hanno uno sviluppo fisico e cognitivo più equilibrato e aumenta anche la resistenza del sistema immunitario. Il deficit di natura d’altra parte è un problema sempre più grave, e impedisce ai bambini di essere resilienti agli eventi stressanti.

Benefici già sperimentati

I benefici dell’educazione all’aperto sono noti da tempo. In Italia, a inizio Novecento, per contrastare malattie come la tubercolosi e al contempo garantire il diritto all’istruzione, nacquero scuole che facevano per lo più didattica in cortile, nei parchi o in campagna. Poi, con il taglio al bilancio delle scuole, l’abbandono delle piccole scuole di campagna, accorpate a quelle cittadine, l’aumento della burocrazia e della motorizzazione privata, i bambini furono via via relegati in classe per evitare ogni pericolo. L’outdoor si è invece sviluppata con più facilità nelle scuole del Nord Europa, dalla Svizzera alla Germania, alla Danimarca, nonostante le condizioni meteorologiche meno favorevoli.

 

Insegnanti e bambini in Svizzera si dirigono nel luogo della loro lezione all’aperto. Foto di Pixabay

L’istruzione all’aperto in Italia

Ma ora con la tragedia della pandemia da Covid-19, la spinta dal basso per innovare i luoghi dove fare scuola è sempre più forte. Raccolte di firme, collette, progetti stanno nascendo in quasi tutta Italia, per chiedere più ricreazioni e lezioni all’aperto. Come sottolinea il Wwf, in Italia ci sono più di 40.000 cortili scolastici ma tantissimi sono sottoutilizzati e in cemento. Eppure esiste un disegno di legge, (Ddl S.703) a firma della senatrice Monica Cirinnà e redatto insieme alla Lipu, per finanziare e garantire spazi verdi e orti didattici in ogni scuola o nei pressi delle scuole, fermo in Parlamento da  3 anni. Purtroppo in un anno di pandemia il Ministero dell’Istruzione ha investito soldi per rinnovare l’arredo scolastico (i famosi banchi monoposto o con rotelle), ma non si è posto il problema di favorire e le lezioni all’aperto, magari finanziando aule all’aperto. Inoltre, sebbene con la circolare n.1870 del 14 ottobre si garantivano le attività didattiche fuori le mura scolastiche, tanti dirigenti per scrupolo hanno vietato ogni uscita.

 

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L’aula sotto al cielo

In mancanza di una forte spinta pubblica e omogenea nel territorio nazionale, le scuole si muovono a macchia di leopardo. Nascono tanti asili nel bosco, “scuoline private” o “parentali” soprattutto per le materne, ma è importante che l’outdoor si sviluppi anche nelle scuole pubbliche, urbane e ben oltre la materna. Dario Gasparo, professore di matematica e scienze in una scuola media pubblica a Trieste, selezionato tra i 5 vincitori (su 11 mila insegnanti)  dell’Italian Teacher Prize, racconta la sua straordinaria ed esemplare esperienza:

«Lavoro in una scuola pubblica di periferia, un contesto sociale povero, con tendenza all’abbandono scolastico, anche prima della Covid. Ho capito che per tenere viva la motivazione e l’attenzione dei ragazzi, è fondamentale farli stare all’aria aperta. In questi anni ho fatto tantissime lezioni all’aperto, uscite in barca, in bici, sul carso triestino, persino in grotta e anche di notte, gli spunti per apprendere sono infiniti». 

Grazie ai fondi vinti con il premio, Dario ha contribuito a finanziare “l’Aula sotto il cielo” sul retro della scuola: è composta da un anfiteatro, un percorso botanico, uno stagno per accogliere le specie anfibie protette, una lavagna e sedie con banchetti, vari alberi. È grande circa 600 metri quadrati e ogni giorno può contenere anche 2 o 3 classi, ben distanziate in ottemperanza delle regole anti Covid.

 

Guarda il video sull’Aula sotto il cielo  dell’istituto comprensivo Valmaura di Trieste

Il progetto del Wwf e le iniziative dei comuni

Qualcosa di simile, ma più piccolo, è progettato dal Wwf con le “aule natura”: 80 metri quadrati, con orto didattico, giardini fioriti, specchi d’acqua, piante aromatiche, arbusti e cassette nido e mangiatoie per gli insetti e gli uccelli. Un vero e proprio micro-habitat da “installare” nel cortile scolastico. Il progetto è quello di dotare le scuole delle14 città metropolitane di queste “aule natura”.  Finora ne hanno realizzata una a Bergamo, e un’altra sta entrando in funzione in Puglia, all’Istituto Comprensivo Tattoli De Gasperi di Corato, vicino Bari.  Nel frattempo anche i comuni si attivano: a Castel d’Aiano, piccolo comune montano vicino Bologna, per volontà del sindaco, sono state installate panchine in legno e grandi tavoli per lavorare a gruppi nei boschi. Anche Fontevivo, in provincia di Parma ha deciso di realizzare tre Aule all’aperto. Le Aule installate nei parchi pubblici servono a tutti i cittadini e ai turisti, anche quando non c’è scuola, per chi vuole fermarsi a riposarsi e leggere. 

 

E se mancano fondi…useremo i cuscini

Ma se mancano i fondi? «Bastano dei cuscini per ascoltare una lezione nel cortile. D’altra parte, anche la piazza, l’orto, il parco urbano, il quartiere possono essere luoghi per educare all’aperto. E se questi luoghi sono riabitati dai bambini, tutta la città ne trae vantaggio», sottolinea Filomena Massaro dirigente dell’Istituto Comprensivo Statale 12 di Bologna, capofila della Rete Scuole all’Aperto. Una rete nata in collaborazione con l’Università di Bologna a cui partecipano una cinquantina di Istituti in tutta Italia. La Rete organizza corsi di formazione, divulga buone pratiche in un contesto nazionale che resta molto difficile:

«Purtroppo a livello nazionale, già prima del Covid, abbiamo notato una perdita di motivazione da parte dei bambini. La scuola primaria italiana in questi ultimi decenni sta sgretolando le sue radici pedagogiche, a causa dei tagli, della mancanza di personale, di una burocrazia faticosa, e di programmi pressanti. Queste criticità hanno portato a mettere in secondo piano l’esperienza e la centralità del bambino. Abbiamo bisogno di tornare a un modo di apprendere più lento, una didattica legata all’esperienza, maggiore interdisciplinarietà tra le materie e lezioni all’aperto che dovrebbero essere normalmente intervallate a quelle in aula».

 

Guarda il webinar di Scuole all’aperto

Maggiore sicurezza all’aperto

Secondo la dirigente Massaro va sfatato anche il mito che i bambini all’aperto rischino di più: «Abbiamo notato che i bambini si fanno male più spesso al chiuso, tra sedie, banchi, spigoli, scale. All’aperto sanno coordinarsi meglio, hanno più spazio per muoversi, sfogare le loro energie, anche ascoltare una lezione diventa più piacevole». Un preciso monito viene dal professore Dario Gasparo:

La scuola che si ostina a catturare i giovani corpi imbrigliandoli su un banco, oggi isolato e senza compagno, è una scuola da cambiare

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