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Una delle fotografie della mostra Mare Omnis, di Francesco Zizola

Mare Omnis, se la fotografia di paesaggio evoca immagini ancestrali

Fino al 30 giugno alla Galleria del Cembalo a Roma la mostra del fotografo Francesco Zizola. Foto a prima vista indecifrabili, realizzate con l'aiuto di un drone, che suggeriscono più che mostrare, e interrogano più che raccontare. Il mare cornice e protagonista di un lavoro umano antico e sapiente
9 Giugno, 2022
3 minuti di lettura

Puntini bianchi su sfondo nero. Fili. Filamenti. Costellazioni. Percorsi. Se arrivi alla mostra Mare Omnis con in testa le foto di Francesco Zizola che già conosci, ci rimani quasi male. Due sale, non si va oltre, tutto è lì. Ok. I corpi, i volti, le ombre di un’umanità sofferente e iconica, i contesti desolati del sud del mondo, Zambia, Angola, Brasile, Uzbekistan… la maestosa crudezza dei paesaggi? Non ci sono.

La mostra è quel mondo di segni in bianco e nero, quelle strane luminarie di paese, quegli omini stilizzati – a ciascuno la propria visione – che non capisci bene se sono quadri o foto. È una mostra che prima ti interroghi «è questo?», ti spiazza, poi piano piano si dipana, il tempo di capirla, di osservarla, di cogliere il filo che collega tutti gli altri.

 

Il fotografo e fotogiornalista Francesco Zizola

 

E la chiave di lettura è lì, in bella mostra anche lei, da sola su una parete, l’avevi vista subito ma ti sembrava quasi altro: un tonno a grandezza naturale. Enorme, lucido, nitido, argentato, parte integrante, seppur diverso, di quell’insieme compatto di stilizzazioni.

Le 22 fotografie di Mare Omnis, esposte fino al 30 giugno alla Galleria del Cembalo a Roma nella magnifica cornice di Palazzo Borghese e del suo giardino, sono foto di tonnare, le reti installate per catturare i tonni nella loro migrazione verso la costa, scattate con un drone sopra al mare del Sulcis in Sardegna. I punti bianchi sono boe e i fili argentati sono le cime che assicurano le parti galleggianti ai fondali. Le stampe sono grandi (90 per 120 centimetri), in bianco e nero, una scelta fatta per stimolare l’immaginazione di chi guarda. Un invito a ripensare la fotografia come strumento di relazione con il mondo, «ricordandoci – spiega l’autore – come le fotografie sono anche oggetti che possono interagire fisicamente con la nostra percezione delle cose e del mondo». Le immagini sono piatte. La serie si chiama Constellation perché alcune delle fotografie sono espressamente organizzate per rimandare a una visione notturna delle costellazioni, ma non solo, e rappresenta un nuovo lavoro dell’autore sull’uomo e sul mare.

 

Guarda il video del fotografo Francesco Zizola che presenta la mostra

 

«Mare omnis – racconta Zizola sulla sua pagina Facebook – è un pensiero che diventa organico una decina di anni fa, è una riflessione sulla relazione tra uomo e natura. Il pensiero qui si esprime per immagini fotografiche. I greci antichi si riferivano alla hybris degli uomini che non rispettavano i limiti imposti dagli dei; i limiti per me oggi li impone la natura. E il mio progetto intende offrire riflessioni visive su questo tema. L’acqua è il primo elemento su cui ho sviluppato la ricerca e Mare Omnis è uno dei capitoli di questa riflessione, il più sperimentale». E ancora:

«C’è nelle fotografie un deliberato invito a passare da una dimensione esterna a una interna. Il paesaggio mostrato diventa così un paesaggio interiore. Le mie fotografie abbandonano così lo status descrittivo a favore di quello evocativo».

 

 

Il linguaggio è cambiato. Ma prendendo il tempo di guardarle, da quelle immagini emerge molto di quello che si cercava arrivando. Un condensato di significato. Lo sguardo di Zizola, complice il drone, sembra essersi spostato su quello che prima faceva da cornice, seppur significativa. Qui prevale una natura a tutto sfondo – il mare. Il lavoro dell’uomo – la sua vita da pescatore, la sua fatica, la sapienza e l’azione reiterata di forme di pesca ancora manuali secondo una tradizione antica e locale – si cela nel grande reticolo della tonnara o nella stilizzazione dei suoi dettagli. Abbiamo di fronte un nuovo modo di dire le cose, meno esplicito, più intimo. Un messaggio più suggerito che esposto, nonostante la sua natura e il suo supporto. Foto che interrogano più che spiegare.

«Sono immagini fotografiche quindi sono ancora prelievi di realtà, che disegnano però percorsi interiori ed evocano immagini anteriori, ancestrali», aggiunge Zizola; immagini che ti accompagnano nell’abisso, lungo il filo di maglie di cui ti ritrovi a cercare il verso se non il senso, giù giù fino alle profondità di ciò che evocano in te.

 

 

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