Lilli Cacace
Lilli Cacace, educatrice ambientale, vive a Ischia e agisce da molti anni con il circolo locale di Legambiente

Noi, educatori ambientali. Oggi necessari più che mai

Con le scuole chiuse per contenere il contagio da coronavirus, gli educatori ambientali devono fronteggiare ulteriori difficoltà, che si aggiungono alla normale precarietà del loro ruolo. Ma proprio ora si può capire come educare all'ambiente e  alle relazioni
18 Marzo, 2020
2 minuti di lettura

Chiuse le scuole, come è giusto che sia, per l’emergenza da Coronavirus. E poche le speranze che possano riaprirsi in tempi brevi. In più bloccati, o sospesi, i progetti di educazione ambientale (chiamiamola così per brevità, ricomprendendo in questa definizione EAS e altro), che sono sempre i primi a soccombere a tutte le situazioni critiche, quando inglese e informatica (che sono le superstar dell’integrazione scolastica) reggono a stento.

 

Più precari dei precari

L’educatore ambientale è il più precario dei precari, il più sporadico e occasionale dei lavoratori. Eppure è il più indispensabile, in un’epoca in cui la cattiva gestione del rapporto uomo/ambiente sta minando le possibilità di sopravvivenza della nostra specie.

Facciamo un lavoro difficilissimo, che richiede un’accurata preparazione e impiega molte più ore di quelle per cui ci pagano. Paghiamo le tasse come tutti, non appena superiamo il limite ridicolo di 5000 euro all’anno, paghiamo cifre astronomiche all’INPS come fossimo dei manager, eppure siamo i primi ad andare fuori dal mondo produttivo non appena finiscono i fondi europei e i conseguenti bandi PON.

Senza i fondi del Piano Nazionale ci capita di non lavorare anche per tre- quattro anni perché nessuno (Scuole, Comuni, Enti vari, sponsor privati) investe una lira per educare i ragazzi a con/vivere con il loro pianeta.

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Reinventarsi ai tempi dell’epidemia: le esperienze da cui apprendere

Ora poi ci si mette anche l’epidemia, ed è difficilissimo provare a reinventarsi: noi che abbiamo fatto una bandiera delle attività sul territorio, del lavoro di gruppo e del learning by doing, ci troviamo a dover immaginare attività solitarie da proporre e realizzare via Internet, sempre che le scuole ce lo consentano e sempre che i lacciuoli delle leggi sulla privacy non ci blocchino.

Guarda il video della cerimonia finale del progetto Nettuno va a scuola.

 

 

Eppure in questo panorama così critico ci sono tante esperienze che vale la pena di salvare, tentando soluzioni innovative. Penso – ma è solo un esempio – a “Nettuno va a scuola”, progetto dell’AMP Regno di Nettuno, gestito in collaborazione con Legambiente Ischia e con diverse Scuole delle isole di Ischia e Procida, fortemente integrato nel curricolo delle scuole partecipanti e legato al territorio. C’è un Ente che ha dimostrato sensibilità al valore dell’educazione, ci sono Scuole partecipi e disponibili, c’è un’associazione che ci crede e c’è un gruppo di educatori affiatati che ci lavorano già da quattro anni e che ci hanno messo l’anima… e allora ci proviamo.

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Educare alle relazioni, anche via internet

Brainstorming ed attività di sensibilizzazione si possono realizzare anche via Internet, con la collaborazione di qualche insegnante intelligente. Per le attività sul territorio aspetteremo, ma nel frattempo possiamo invitare i ragazzi a esplorarlo con Google Maps. Le ricerche su Google che facevano sotto la nostra guida le possono fare a casa, con l’aiuto dei genitori. I dossier Beach Litter e Marine Litter possono scaricarli e guardarli con facilità. Possono produrre testi e disegni e inviarceli, e noi possiamo inviare loro dei brevi filmati o dei link. E se per ora non possono partecipare a Nontiscordardimé o a Spiagge e Fondali Puliti, possono guardarne le scorse edizioni sui siti istituzionali dell’associazione… insomma qualcosa si può fare.

Guarda l’iniziativa Marine Litter  di Legambiente con la partecipazione del cantante Piero Pelù.

 

 

 

Perché è necessario, oggi più che mai. Perché l’educazione ambientale è soprattutto educazione alle relazioni, siano esse sociali, economiche o naturali. E senza educazione alle relazioni, non potremo uscire né dalla tempesta della pandemia né dalla crisi che già ci attanagliava e che ora diventa più complessa. Il mezzo è diverso, e forse più congeniale ai ragazzi che a noi, ma il fine resta lo stesso.

È una nuova sfida, e richiede tutta la nostra generosa ostinazione.

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