Il frastuono sollevato intorno alla vicenda del leone maschio che si è aggirato per ore nel centro e nei dintorni della cittadina del litorale laziale non lontano da Civitavecchia, si è affievolito al punto che la storia è scomparsa dalle prime pagine e dai telegiornali. I mega camion container con dentro le gabbie tutti gli animali del circo Rony Roller sono spariti per una destinazione ignota. Gli spettacoli con tigri, leoni e domatore al seguito sono stati cancellati per il periodo in cui il Grande Tendone del signor Rony Vassallo è stato a Ladispoli. Dove andrà d’ora in poi avrà al seguito tanti curiosi che sicuramente tenteranno di vedere Kimba, un nome che fa tanto Africa Nera e tamburi in lontananza.
Guarda il video di Kimba, il leone fuggito a Ladispoli
Come un leone in gabbia
Povero leone, che tristezza! Pensare alla vicenda di un grande carnivoro, cattivo per antonomasia, (la sua colpa è quella di mangiare carne) uscito di prigione e improvvisamente libero di muoversi dove mai avrebbe immaginato di vivere, seguito da un corteo d’auto di improvvisati fotografi da safari. Lui, fino al momento della cattura, non ha neppure ruggito ( e in Natura il suo richiamo lo si sente fino a 5 chilometri di distanza). Non ha creato panico, come molti flash di agenzie avevano avvertito.
È ritornato allora in gabbia senza neppure un gesto eroico, lui l’animale più feroce della savana africana.
Lui che è stato esaltato dalle novelle di Ernst Hemingway come la preda più ambita dai white hunters, quelli con il cappello a larghe falde e la striscia di pelle di leopardo intorno alla testa.
Domatori “buoni”, turisti “wild”
Rimane allora sullo sfondo la verità su questa specie, Panthera leo, che la Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura classifica come VU (vulnerabile). Dei 200 mila leoni che vivevano in Africa (ce ne sono poche centinaia in India nella regione del Gir) nei primi decenni del Novecento oggi ne sono rimasti 20 mila. Sono scomparsi dall’80 per cento degli habitat dove cacciavano liberi gazzelle e antilopi, qualche volte una giraffa o un bufalo.Così per vedere un leone oggi ci sono due scelte: o il circo con gli animali o il safari nei parchi nazionali di Tanzania, Sudafrica, Namibia e poco altro. Nel circo si assiste al consueto approccio del domatore buono, che schiocca la frusta in alto e magari abbraccia e bacia il felino dalla grande criniera. Nei parchi si sta in macchina, come a Ladispoli ma tutto in modo molto wild e si viaggia in auto fuoristrada per il Kruger sudafricano o il Serengeti tanzaniano.
Circo, safari o carabine
Pochi sanno che esiste anche un terzo modo di incontrare il leone: quello di sparargli con carabine di precisione ad alta tecnologia. Infatti, pur essendo vulnerabile e ridotto di numero in modo impressionante, il leone si può cacciare nelle riserve africane addette allo scopo e negli stessi paesi dove si va a vederlo libero mentre rosicchia le costole di uno gnu. È un affare internazionale che coinvolge (intendiamoci tutto legale, come gli animali nei circhi) i paesi del Primo Mondo con in testa gli Usa. Uccidere un leone costa tra 20 e 30 mila dollari: un’inezia per chi ha tutto e vuole divertirsi. Poi c’è il traffico dei trofei perché chi lo ha ucciso vuole la testa della vittima per ornare il salotto buono. E nella statistica dei trofei si resta senza parole venendo a sapere che tra il 2014 e il 2018 l’importazione di questi souvenir in Europa è aumentata del 40 per cento rispetto agli anni precedenti: 15 mila mammiferi imbalsamati sono arrivati nel nostro vecchio continente.
Kimba e Homo Sapiens
C’è stato un blocco per il Covid- Sars 19: alcune società organizzatrici di caccia in Africa sono fallite, altre hanno ripreso alla grande. Una statistica veritiera ci offre quest’ultimo dato particolare: l’Italia è al 4° posto in Europa per importazione di trofei di leoni selvatici uccisi. Queste cifre, fatti e dati ci danno un quadro forse poco conosciuto della storia “naturale” del Leone. Kimba ha fatto riemergere paradossi e follie dell’Homo sapiens di questo Terzo Millennio, e in particolare di questo 2023 che sta finendo con una nuova guerra e con lutti atroci.
Un povero leone ci ha ricordato, in poche ore di esagerazione e di farsa, chi siamo veramente.
Alla prossima volta: quando si riparlerà di orsi, di lupi e di cinghiali, lo si farà soprattutto a sproposito.