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biodiversità zone umide

Giornata delle zone umide, in 50 anni perso il 35% di aree ricche di biodiversità

Un evento internazionale per ricordare l'importanze degli ecosistemi acquatici nella lotta ai cambiamenti climatici, i rischi per il nostro territorio e le buone pratiche di tutela
2 Febbraio, 2023
2 minuti di lettura

Si celebra oggi la Giornata mondiale delle zone umide in tutto il mondo. L’iniziativa ricorda la convenzione di Ramsar del 1971, e ci invita a compiere delle azioni in difesa delle wetlands, ecosistemi in cui l’acqua è il fattore principale che controlla l’ambiente e la vita vegetale e animale associata. Sebbene coprano solo il 6% circa della superficie terrestre, il 40% di tutte le specie animali e vegetali vive o si riproduce nelle zone umide. Sono importanti per la nostra salute, il nostro approvvigionamento alimentare, per il turismo e per il lavoro.

 

Guarda il video delle Nazioni Unite sulle Zone Umide

 

Le zone umide sono vitali per gli esseri umani, per altri ecosistemi e per il nostro clima, poiché forniscono servizi ecosistemici essenziali come la regolazione dell’acqua, compreso il controllo delle inondazioni e la purificazione dell’acqua. Più di un miliardo di persone in tutto il mondo dipendono dalle wetlands per il proprio sostentamento, ovvero circa una persona su otto sulla Terra. Ma questi bacini di biodiversità stanno scomparendo, come ricorda l’Organizzazione delle Nazioni Unite:

«In soli 50 anni, dal 1970, il 35% delle zone umide del mondo è andato perduto. Le attività umane che portano alla perdita delle zone umide includono il drenaggio e il riempimento per l’agricoltura e l’edilizia, l’inquinamento, la pesca eccessiva e lo sfruttamento eccessivo delle risorse, le specie invasive e il cambiamento climatico».

Occorre allora riavviare e ripristinare le zone umide degradate, in linea con il tema del 2023 e con gli obiettivi della decade delle Nazioni Unite su “Ecosystem restoration (2021-2030)”, della Strategia Europea per la biodiversità per il 2030 e della proposta di “Restoration Law” ora in discussione in sede europea.

Progetti in corso e buone pratiche

Un progetto che va nella direzione del recupero delle zone umide è stato proposto da Wwf e Anepla, ed è stato inserito nel PNRR dal Ministero dell’Ambiente per 357 milione di euro. Si tratta della rinaturazione del Po, primo importante esempio di progetto integrato che coinvolge diverse regioni e che potrebbe e dovrebbe essere replicato e adattato ad altri fiumi, o tratti di essi, come Adige, Arno, Tevere, Garigliano, Volturno e tanti altri. Il Wwf insieme alle Università di Parma, Ferrara e Urbino ha predisposto

una proposta per l’abbattimento dei nitrati in eccesso da promuovere, insieme ad agricoltori e consorzi di bonifica, nelle aree più vulnerabili, attraverso un’attenta gestione della rete idrica superficiale e la riqualificazione e l’ampliamento delle zone umide relitte.

 

 

Un’azione di tutela degli ecosistemi ambientali che si unisce alla campagna “ONE Million Ponds” e ai progetti Life, che hanno consentito al Wwf di realizzare centinaia piccoli stagni per anfibi, invertebrati e per molte specie di piante acquatiche divenute ormai rare in natura. Alcuni esempi di buone pratiche sono stati proposti anche da Legambiente con il report “Ecosistemi acquatici”: 12 esempi virtuosi sul nostro territorio e 10 proposte per tutelare e valorizzare al meglio questi scrigni di biodiversità, importanti alleati nel contrasto alla crisi climatica, ma anche elementi di richiamo per un turismo sostenibile.

Tante le iniziative lanciate dalle organizzazioni ambientaliste Wwf e Lagambiente, a partire da oggi, per sensibilizzare i cittadini e l’opinione pubblica sull’importanza delle zone umide.

 

Mielizia

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