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“Ora”, il video di Giovanni Lindo Ferretti sulla solitudine del nostro tempo

L'ex frontman dei CCCP  ritorna a cantare la contemporaneità  con un video girato in bianco e nero nel piccolo borgo di Cerreto Alpi
26 Marzo, 2020
2 minuti di lettura

«Non il tempo perduto, il tempo ritrovato, un tempo sconosciuto, stagnante nel tempo dell’accelerazione, irrompe in streaming senza consolazione. Connessi, tracciabili, asettici, comunichiamo solitudini moleste e sovraesposte». Con queste parole inizia “Ora”, il video girato da Martina Chinca e pubblicato pochi giorni fa da Giovanni Lindo Ferretti. Nelle  immagini in bianco e nero,  le parole del cantante e scrittore si fondono con i luoghi vuoti di Cerreto Alpi, sull’Appennino reggiano, mentre il senso di angoscia e i pensieri sembrano pervadere la sua mente. Fotogrammi che sembrano la metafora dei nostri giorni pieni di disorientamento. Canta ancora Ferretti:

«Avere timore, quaresima di parole, ritorno al reale, ora et labora, A.D MMXX, senza lavoro, senza liturgia, la stagione picchia duro, prudenza, fortezza, in buona compagnia».

Parole che sono in continuità con la sua visione del mondo.

 

cccp, gruppo musicale
Il gruppo punk rock dei Cccp – Fedeli alla linea (1982-1990). Nella foto Danilo Fatur, Annarella Giudici, Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti

L’artista o vecchio punkettone, come lui stesso si definisce, ha avuto sempre un punto di vista originale sul mondo. E  questo lo ha reso un personaggio spesso controcorrente, inattuale, provocatorio.  Giovanni Lindo Ferretti aveva visto, infatti, le contraddizioni della modernità e le sue tendenze nichilistiche già ai tempi dei CCCP Fedeli alla linea, lo storico gruppo punk rock di cui è stato frontman dal 1982-1990.

Attratto dalla cultura islamica,  in quegli anni criticava la società usa e getta. «Produci, consuma, crepa» urlava nel pezzo Morire. A distanza di qualche anno, dopo la fine di quella esperienza artistica – che coincide con il crollo dell’Impero Sovietico – con i C.S.I (Consorzio suonatori indipendenti) torna a parlare di contemporaneità. Nell’album Ko de Mondo, in particolare, la sua attenzione si sposta sull’occidente, titolo di una canzone presente nello stesso lavoro discografico.

«Ko de Mondo per noi vuol dire fine della terra. In realtà Codemondo è un paesino in provincia di Reggio Emilia, il cui nome significa capo del mondo. Scritto così può anche voler dire k.o. del mondo: il mondo occidentale al tappeto», spiegò al pubblico dopo l’uscita del progetto musicale.

Guarda il documentario su Ko de mondo dei C.S.I.

 

Ma di Ferretti si ricorda anche  l’album Tabula rasa elettrificata, ispirato al suo viaggio in Mongolia insieme a Massimo Zamboni. E soprattutto  del suo  ritorno alla casa natale di Cerreto Alpi e quindi non molto lontano da Reggio Emilia, che in una celebre canzone definì paranoica. Cerreto Alpi per Giovanni Lindo è un’enclave. Da lì può apprezzare il silenzio, coltivare la sua passione per i cavalli e il teatro, e dedicarsi alla sua spiritualità (non ha mai negato di essere cattolico, di condividere il pensiero di Joseph Ratzinger e ha scritto preghiere).

 Guarda l’intervista a Giovanni Lindo Ferretti

Cerreto Alpi è stato anche il luogo che ha ispirato il suo libro L’Italia profonda (Gog editore, 2019), scritto insieme al poeta Franco Armino, dove si parla di quei piccoli borghi che rischiano l’estinzione. Di  luoghi silenziosi e disabitati. Così lontani geograficamente ma che spiritualmente sono vicini. Una spiritualità che sembra aver unito in questi strani giorni gli spazi di tutta la Penisola. In fin dei conti Ferretti ci aveva già suggerito di approfittare proprio dei silenzi e del dolore per riscoprire i sentimenti nobili. E l’incanto della vita.

Lo aveva fatto con il gruppo P.G.R (Per Grazia Ricevuta), uno dei suoi ultimi progetti musicali. Nel testo di  Montesole, una canzone straordinariamente attuale, si legge:

«Canto la morte che muore per la vita di necessità. Che rifugge il martirio, l’autodafé.  Non succube di ciò che si dice di qua sull’aldilà. Potrà guardarlo in faccia per quello che è, quando arriverà. L’amore non cantarlo, che si canta da sé. Più lo si invoca meno ce n’è. Canto la vita che, quando è il suo tempo, sa morire e muore. Canto la vita che piange sa attraversare il dolore. Canto la vita che ride, felice. Di un giorno di nebbia, di sole, se cade la neve. Canto la sorpresa nei gesti dell’amore».

Mielizia

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.
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