La chef Eleonora Matarrese, la "cuoca selvatica", mentre cucina in diretta per la trasmissione È sempre mezzogiorno di Rai Uno
Eleonora Matarrese, chef e "cuoca selvatica", ospite della trasmissione "È sempre mezzogiorno" di Rai Uno (Foto: Michela Fabretti)

Passeggiando con la “cuoca selvatica”. Tra erbe spontanee, cucina e tradizioni

Dalle campagne di Alberobello alle pendici del Mottarone, passando per popolari trasmissioni televisive. Le imprese gastronomiche e personali di Eleonora Matarrese, esperta di etnobotanica e fitoalimurgia

14 Dicembre, 2021
4 minuti di lettura

Ricordi di famiglia. Di passeggiate nelle campagne e nei boschi, raccogliendo fiori, frutti, foglie e radici che, con pochi sapienti gesti, si tramutano in sapori e profumi che legano per sempre alla terra. È questo che anima le imprese gastronomiche e personali di Eleonora Matarrese, conosciuta anche come la “cuoca selvatica”, esperta di etnobotanica e fitoalimurgia.

 

Eleonora Matarrese, laureata in Lingue e Letterature straniere, è un'esperta di etnobotanica e fitoalimurgia. È conosciuta come la "cuoca selvatica"
Eleonora Matarrese, laureata in Lingue e Letterature straniere, è un’esperta di etnobotanica e fitoalimurgia. È conosciuta come la “cuoca selvatica”

 

Dall’organizzazione di eventi alla cucina selvatica

La fitoalimurgia è la conoscenza dell’uso delle specie vegetali, in particolar modo di erbe spontanee, a scopo alimentare. Per Eleonora Matarrese questo sapere fa parte delle sue radici, che affondano nella terra rossa delle campagne pugliesi.

«Io ho imparato da mia nonna – racconta Matarrese – in realtà poi tutta la famiglia custodiva questa tradizione. Raccogliere erbe spontanee e cucinarle è un’attività tipica in Puglia, ancora oggi si continua a fare questo in campagna. Io ho ancora dei contatti con la mia regione d’origine e ci sono nonne e zie che insegnano la raccolta di specie vegetali ai bambini della famiglia».

Il cammino per diventare una cuoca selvatica non è, però, stato lineare. Eleonora Matarrese, con la sua laurea in Lingue e Letterature straniere, inizialmente coltiva una carriera come organizzatrice di eventi. È per questo che abbandona le distese di ulivi di Alberobello per trasferirsi in Lombardia. Il legame con la fitoalimurgia e la cucina però rimane, infatti continua a preparare pietanze durante alcuni eventi, o per le amiche e la famiglia. Ma ecco che, mentre sfoglia una rivista dal parrucchiere, arriva quella che potremmo definire un’epifania.

«Trovo questa rivista in cui si parlava di due persone che avevano realizzato il manifesto della cucina nordica, che aveva come tratto caratteristico l’utilizzo delle specie spontanee del territorio. Io in quel momento ho avuto uno shock e ho subito paragonato quei territori con il paese in cui sono cresciuta – ricorda la nostra “cuciniera” – Noi raccogliamo tutto l’anno, in autunno c’è la ‘seconda primavera’, abbiamo tradizioni, esistono anche strutture universitarie che stanno portando avanti ricerche a riguardo. Dovevo fare qualcosa per me e per l’amore che nutrivo per i saperi della mia terra».

 

La fitoalimurgia è la conoscenza dell’uso delle erbe spontanee, a scopo alimentare. Una sapienza che Eleonora Matarrese ha appreso da sua nonna (Foto: Gaia Menchicchi)

Pikniq e i Skogen!

In un periodo in cui le aziende iniziavano a essere avvolte dalle nebbie della crisi, Eleonora Matarrese decide di licenziarsi e di usare i soldi della liquidazione per realizzare Pikniq, un laboratorio gastronomico con cucina basata sulle erbe selvatiche e servizio take away a Monza, trasformatosi in seguito – dopo alcune vicissitudini – in un’azienda agricola in Piemonte, nell’area del Lago Maggiore.

«La fitoalimurgia non permette una ristorazione classica – spiega Matarrese – ma non perché sia d’élite, ma perché bisogna raccogliere in quantità minore per preservare gli ecosistemi. Come dico sempre, non si è agli scaffali del supermercato! Con me è il cliente che decide dove andare a mangiare: può essere il pic-nic nel bosco, il glamping sul lago o la villa di delizia. Sulla base del luogo e della microstagionalità, io preparo un cestino da pic-nic con la colazione, il pranzo, la cena o l’aperitivo. Qualcosa che è completamente fatto su misura».

Un altro progetto è i Skogen! (Nel bosco!), magazine online di botanica, folklore, etnobotanica e recupero delle tradizioni italiane ed europee in chiave di ricerca, nato nel 2017. La cuoca selvatica è anche autrice dell’omonimo libro edito Bompiani.

 

Quell’intreccio tra natura, cucina e linguaggio

C’è qualcuno che si domanda che ci faccia una laureata in lingue, specializzata in Filologia germanica, in mezzo a piante e tradizioni culinarie. Cibo, linguaggio e tradizioni sono in realtà strettamente intrecciati.

«Un esempio- chiosa Eleonora Matarrese – è in alcuni articoli che ho scritto in occasione del Natale. Ho voluto recuperare le tradizioni folkloriche di tutto il mondo. Sempre naturalmente passando per l’inglese, perché è quella la mia base. In questa lingua, per esempio, la parola pagano è heathen e una parola molto simile è heather, che significa erica. E guarda un po’, proprio in questo periodo, in cui le feste erano quelle della heathenry, cioè del paganesimo, si produceva la birra di erica, cioè la heather beer. Quindi c’è questo collegamento che a prima vista è banale – è un’assonanza – ma osservando, con più attenzione, si rivela riflesso di un’usanza radicata nel linguaggio».

 

   Guarda il video di Eleonora Matarrese 

 

Educazione all’ambiente e ai sapori

Etnobotanica e fitoalimurgia sono anche un potente mezzo attraverso il quale diffondere principi di educazione ambientale. Abbiamo già accennato al rispetto delle stagioni e alla raccolta in quantità minime per preservare gli ecosistemi.

«La natura ci insegna che c’è già tutto per nutrirci, ma dobbiamo essere in grado di studiare e capire come trovarlo e come non danneggiare l’ambiente, lasciando abbastanza cibo e altro materiale per i nostri simili e per gli altri esseri viventi».

I menù di Pikniq cambiano ogni 8-10 giorni proprio perché dipendono da ciò che si riesce a raccogliere. Questo aiuta a comprendere che, anche per quella frutta e quella verdura che troviamo perennemente sugli scaffali dei nostri supermercati, esisterebbe una stagionalità da considerare.

A proposito del cibo a cui oramai siamo abituati, c’è anche un discorso sui sapori. Gli aromi del bosco sono molto diversi da quelli percepiamo quotidianamente: «Una mela selvatica profuma di rosa, perché appartiene alla famiglia delle Rosaceae, e chiaramente non ha la cera sulla buccia, non è stata trattata quindi magari trovi all’interno il vermino, ma ha un sapore cento volte più zuccherino e ha più sfumature».

Un bouquet di gusti da provare, per sprigionare il loro potere evocativo. Un prezioso patrimonio di cui la cuoca selvatica è consapevole custode.

 

 

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