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Mary Robinson

Il clima è questione di giustizia. Incontro con Mary Robinson

L’ex-presidente irlandese Mary Robinson firma un libro sulla giustizia climatica. Durante un recente intervento al festival letterario Scrittori in Città, ha parlato a lungo di disuguaglianze e di quanto sia importante superarle
30 Dicembre, 2020
2 minuti di lettura

In Climate Justice – Manifesto per un futuro sostenibile, Mary Robinson, dal 1990 al 1997 prima donna presidente della Repubblica d’Irlanda, poi commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, racconta la storia di 11 persone che hanno lottato contro la crisi climatica nel loro paese e ne sono uscite vittoriose. Robinson ha unito giustizia climatica e lotta alla disuguaglianza nel libro edito da Donzelli editore, che ha raccontato, in streaming, al festival Scrittori In Città di Cuneo.

 

Clima e disuguaglianza di genere

«Ho scritto questo libro – racconta la ex presidente – perché ho l’impressione che non riusciamo a comunicare l’urgenza della crisi climatica. Questo perché si scelgono numeri e statistiche per raccontarla. Io ho scelto invece le storie di chi si cela dietro a quei numeri». Climate Justice, infatti, racconta undici storie di cui nove di donne, per sottolineare come il genere femminile sia centrale nella lotta al riscaldamento globale. «Le donne sono in prima linea. In prima linea nel portare il cibo in tavola soprattutto in quei contesti dove il loro ruolo sociale non è riconosciuto e non hanno gli stessi diritti dell’uomo». Robinson lavora insieme alle donne affinché anche loro abbiano più voce in capitolo sui temi del cambiamento climatico. «Perché le donne riescono ad avere più impatto sui temi ambientali. Sono vittime, è vero, ma in altri casi sono leader politiche efficaci, che sanno guidare le popolazioni all’interno di decisioni molto difficili», dichiara la ex presidente.

«Inoltre – continua – stiamo vedendo con la covid che i ruoli che si stanno dimostrando fondamentali sono spesso occupati da donne e spesso si tratta di ruoli apparentemente umili e che non hanno abbastanza riconoscimento: “social workers”, come operatrici sociali, infermiere, donne delle pulizie. Ruoli fondamentali in queste circostanze».

Per uno sviluppo equo

Eppure sono ancora troppe le culture dove la donna non ha gli stessi diritti dell’uomo. Ma quella di genere non è l’unica ingiustizia che secondo Mary Robinson impedisce allo sviluppo economico di diventare più equo e sostenibile. L’autrice, che fa parte anche dell’associazione Global Elders, organizzazione non governativa voluta dal musicista Peter Gabriel e fondata da Nelson Mandela, ne ha individuate almeno cinque: «Oltre a quella che riguarda il genere femminile, c’è la disuguaglianza relativa ai paesi in via di sviluppo. Sono i cosiddetti paesi “Black&Brown” dove l’ingiustizia climatica si sovrappone al razzismo».

 

Nelson Mandela e Peter Gabriel (Foto: www.petergabriel.com)

Un modello di sviluppo ingiusto

«Poi c’è sicuramente l’ingiustizia generazionale, perché stiamo lasciando ai giovani un mondo che non ha più le stesse opportunità del passato», aggiunge Robinson.

«La quarta disuguaglianza – continua – è invece quella legata allo sviluppo: noi stiamo imponendo ai paesi in via di sviluppo un modello da cui noi stessi stiamo provando a smarcarci. Le economie dei paesi più ricchi si sono sviluppate sfruttando i combustibili fossili, facendo ricadere su quelli più poveri le conseguenze dell’inquinamento. Ora stiamo lasciando questi paesi al loro destino, senza sostenerli nella transizione verso le fonti rinnovabili».

 

 

Attacco alla Natura

Ma l’ingiustizia più grande, secondo l’autrice, è quella che stiamo commettendo contro la natura, devastando le risorse del pianeta e portando all’estinzione specie animali e vegetali.

«Siamo ancora in tempo, ma i limiti entro i quali dobbiamo prendere delle decisioni si stanno pericolosamente avvicinando. Quello che abbiamo di fronte è il più importante momento di trasformazione: riguarda tutti noi come genere umano e per questo non possiamo permetterci di lasciare indietro nessuno».

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