Il Museo Cava Bomba a Cinto Euganeo
In attesa di poter riprendere a visitare in sicurezza siti e musei, chiusi a causa della pandemia, continuiamo a conoscerli raccontandoli “da vicino”. Oggi è la volta di un museo che unisce la geopaleontologia con l’archeologia industriale
I Colli Euganei possiedono un piccolo gioiello per chi è appassionato di geologia e di paleontologia. Certo, sappiamo bene che motivi per una vacanza rilassante nella zona ai confini di Padova non mancano: terme, enogastronomia, passeggiate e circuiti ciclistici di qualità. Ma perché perdere l’occasione di conoscere l’origine della nostra terra, osservare fossili molto rari, due collezioni di minerali uniche e scoprire come si produceva la calce a fine del 1800?
Cave e antiche fornaci
A Cinto Euganeo, un Comune a cui non mancano le attrattive turistiche, vi aspetta un museo ricavato dentro una cava e una antica fornace di calce. L’area è attrezzata con ampie aree all’aperto con tanto di palco per rappresentazioni teatrali e musicali alcune delle quali accessibili gratuitamente per poter passeggiare nella zona dell’ex cava in cui campeggiano alcune riproduzioni di animali preistorici che fanno la gioia dei più piccoli. Oggi la gestione del Museo è del Comune di Cinto Euganeo che, da poco, l’ha ricevuta dalla Provincia.
La geologia a portata di tutti
«Valorizzare questo sito – esordisce Paolo Rocca, sindaco del Comune del padovano – e moltiplicare il numero dei visitatori è una sfida molto impegnativa, ma che ci ha caricato di entusiasmo. Come potrebbe essere altrimenti per me che sono un geologo?».
Con entusiasmo da geologo, il sindaco dichiara l’intento di aprire questo luogo ai concittadini, alle scuole, alle università e ai turisti. «Contiamo di moltiplicare le iniziative. Anche perché qui si può comprendere non solo la straordinaria storia di come si sono formati i Colli Euganei di origine vulcanica, ma anche, più in generale, la pianura padana. Per non dire dei fossili di straordinario stato di conservazione e di rara importanza scientifica».
La scoperta dei primi fossili
Contagiati dalla carica positiva del primo cittadino abbiamo potuto girare sia nelle zone all’aperto sia nelle varie sale davvero ben attrezzate e dove il materiale è esposto secondo un percorso logico e facilmente comprensibile. Per raccontare al meglio l’esperienza, è utile rifarsi alla pubblicazione di Franco Colombara, biologo dell’Università di Padova, a cui si deve la scoperta dei primi fossili in situ e il progetto originario di ricostruzione ambientale che ce l’ha messa cortesemente a disposizione e di cui riportiamo alcuni passaggi significativi:
«Cava Bomba non deve il suo nome all’ordigno- anche se, per triste ironia della sorte un bombardamento durante la seconda guerra mondiale causò la morte di tre giovani – ma come ritengono gli studiosi di etimologia, sia di origine dialettale (di etimo incerto), cioè “inzuppato, fradicio”, riconducibile alla presenza nel sito di una sorgente un tempo di rilevante importanza, attualmente quasi completamente interrata».
L’avventura di tre amici
Colombara racconta così l’avventura che lo porterà alla scoperta: «La grande avventura di Cava Bomba cominciò nel 1974 e vide come primi protagonisti tre amici appassionati ricercatori di fossili. Essi erano il pittore e naturalista estense Delmo Veronese, Luigi Ravarotto, artigiano-artista del legno di Cinto Euganeo, e lo scrivente Franco Colombara, a quel tempo ancora studente universitario. Nella cava di calcare Cava Bomba di Cinto, Luigi Ravarotto aveva rinvenuto interessanti reperti fossili riferibili a pesci e numerose concrezioni minerali gialle e lucenti di pirite. Naturalmente l’affiatato terzetto ha subito intensificato le ricerche, recuperando reperti interessanti ma alquanto frammentari. Finalmente però venne alla luce un reperto veramente importante: la testa e parte del tronco magnificamente conservati di un grande pesce osseo, successiva- mente classificato da Lorenzo Sorbini come Tselfatia formosa. Capimmo subito che la scoperta era troppo importante per essere confinata in un ambito collezionistico e decidemmo pertanto di consegnare il reperto, e tutto il materiale fino allora ritrovato, all’esperto paleontologo del Museo di Storia Naturale di Verona, Lorenzo Sorbini. Sorbini organizzò subito una regolare campagna di scavi, ripetuta poi nel 1975. Per gli scavi si avvalse della collaborazione del noto cercatore di fossili nel giacimento della “Pesciara” di Bolca Massimiliano Cerato e della sua squadra di operai specializzati. Le due campagne portarono al recupero di una importantissima ittiofauna fossile di età cretacea superiore. Io, Delmo e Luigi partecipammo attivamente a tutte le fasi delle campagne di scavo. Questa scoperta fu in definitiva il punto di partenza del progetto che portò alla realizzazione del Museo Geopaleontologico Cava Bomba a Cinto Euganeo. Il complesso museale di Cava Bomba viene inaugurato e aperto al pubblico nel 1987».
Guarda il video sul Museo Museo Geopaleontologico Cava Bomba di Cinto Euganeo
Minerali, coralli, pesci e tronchi pietrificati
Davvero interessante la collezione naturalistica del nobile Nicolò Da Rio – risalente ai primi anni del 1800 – comprendente anche la collezione di minerali Wimpffen a cui si aggiunge la più recente acquisizione della collezione Leopoldo Fabris. Sempre dallo scritto di Colombara scopriamo che: «Degna di nota è una bella serie di coralli oligocenici dell’orizzonte di Castelgomberto; sono inoltre presenti alcuni pesci e qualche fillite di Bolca, echinidi della Scaglia (notevoli gli esemplari di Scagliaster), ammoniti del Veronese, vari molluschi del Paleogene veneto, brecce ossifere del Veronese, tronchi pietrificati di località non precisate».
Fossili e minerali. E molto altro ancora
Abbiamo parlato di scolaresche e di turisti. E forse non tutti sono appassionati di fossili e minerali, ma certamente potranno apprezzare anche le molte altre attrattive del sito museale. È sempre la nostra guida a raccontarci che: «Nel complesso museale Cava Bomba è presente un cortiletto interno, provvisto di una tettoia, originariamente utilizzata come stalla. Nei primi anni di funzionamento del museo questo spazio è servito per le pause delle scolaresche in visita d’istruzione. Negli anni 1996 – 97 si è presentata una buona opportunità: il custode del museo, Antonio Girardi, propose di mettere a disposizione per l’esposizione una singolare raccolta di attrezzi tradizionali per il lavoro nelle cave e per la lavorazione della trachite. La mostra consta di tre sezioni. Da un lato sono esposti gli attrezzi che servivano per sbancare gli strati di calcare e per frantumare le pietre che dovevano alimentare la fornace, quindi relativi alla cava di calcare; nel lato opposto ci sono invece gli attrezzi per il taglio e la lavorazione della trachite. Nel mezzo, forgia, grande trapano manuale a colonna, incudine richiamano l’officina del fabbro dove si forgiavano e si riparavano tutti gli attrezzi».
Alla ricerca dell’industria perduta
Un bel modo per concludere il viaggio nel Museo di Cinto Euganeo è ripercorrerne la storia industriale più recente. Accompagnati da una guida esperta che fa parte del Gruppo Mineralogico Euganeo e della facoltà di Geoscienze dell’Università di Padova o in modo del tutto autonomo, aiutati dai pannelli illustrativi molto esaustivi, scopriremo il perché di tante cave nella zona dei colli Euganei. «Le cave di calcare dei Colli Euganei hanno sempre rifornito i forni di cottura dei centri maggiori di Padova, Este e Monselice; nella seconda metà dell’ottocento, grazie alle migliorate condizioni della rete viaria, è risultato conveniente l’impianto di fornaci da calce anche in numerose località periferiche presso le cave presenti nei Colli (Marendole, Lozzo, Baone, Bastia di Rovolon, ecc.). L’impianto di Cava Bomba rappresenta tra questi il complesso più imponente nella produzione di calce dei Colli Euganei. Il primo impianto è rappresentato da un tipico forno a tino, risalente all’ultimo decennio del XIX secolo (la data precisa non è nota); successivamente la produzione viene incrementata con la costruzione di altri due forni funzionanti analogamente al primo, ma inglobati in una massiccia costruzione a base quadrata. Man mano che aumenta l’attività della fornace, culminata nei primi decenni del ‘900, si rende necessaria la costruzione di nuove strutture edilizie (magazzini, locali di servizio per i fornaciai, stalla per gli animali da soma, ecc.). Dopo il restauro, realizzato dal Consorzio sotto la guida della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici, il complesso è ritornato alla sua fisionomia originale, salvo l’abbattimento di alcune parti eccessivamente degradate. Il percorso ottimale ideato per la visita, guidata o autonoma, è supportato da una serie di pannelli didascalici che illustrano la struttura e il funzionamento dei forni e la sequenza del processo produttivo».
Il Museo è normalmente aperto il sabato e la domenica e i giorni festivi, con visite per gruppi e scolaresche solo su prenotazione al numero 0429 94083. La visita dura circa due ore ed è possibile avvalersi di una guida esperta che fa parte del Gruppo Mineralogico Euganeo e della facoltà di Geoscienze dell’Università di Padova. L’ingresso è a pagamento.
Saperenetwork è...
- Riccardo Parigi, genovese, comunicatore ambientale, titolare Must Srl. Si è laureato in filosofia, ed è formatore, facilitatore, business coach, crisis manager. Si occupa di tematiche ambientali dal 1991. Docente AIAS Academy (Associazione italiana esperti ambiente e sicurezza). EN Roads Ambassador. Practitioner PNL.
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